Geraki, fortezza di congiunzione tra Mystras e Monemvasia

by Claudia

Reportage - Terra di coltivatori, pastori e tessitori di tappeti, il piccolo e poco noto villaggio greco è dominato da un importante castello medievale

A meno di 40 chilometri a sud-est di Sparta, alle pendici del monte Parnon, si trova Geraki, un villaggio greco che ha una popolazione di circa 1800 abitanti e vanta una lunga tradizione nell’arte della tessitura di tappeti – detti kilim – a telaio. Nel 2019 la tessitura tradizionale del villaggio, affidata prevalentemente alle donne, è stata iscritta nell’Inventario Nazionale del Patrimonio Culturale Immateriale della Grecia. Ma l’occupazione principale dei residenti gravita attorno alle olive, con una produzione annuale di 1100 tonnellate di olive commestibili e 1500 tonnellate di olio. Tra gli altri prodotti della zona vi sono il grano, l’orzo, i fichi e il miele. Molte famiglie sono coinvolte nell’allevamento, che conta circa 25mila capi di bestiame tra pecore e capre. 

Le ripide vie del paese, deserte in un bollente pomeriggio di luglio, si arrampicano fino alla grande plateia, dove all’ombra dei platani i locali si riuniscono davanti a una birra ghiacciata. I vicoli circondati da alte mura in pietra e le case dalle persiane sbarrate sembrano proteggere antichi segreti, e i balconi pericolosamente bassi sono una sfida per le auto dei pochi turisti che si avventurano in paese. 
La principale attrazione della zona sono le rovine del castello medievale costruito sulla cima settentrionale della collina calcarea di Palaiokastro, alta 562 metri e a un paio di chilometri dal paese. Considerato il fratello minore dei siti archeologici più famosi e visitati di Mystras e Monemvasia, l’insediamento di Paleogerako si affaccia sulle fertili pianure della Laconia.
Il castello fu fondato dal barone franco Guy de Nivelet nel 1209, periodo nel quale la maggior parte della zona era passata sotto il dominio franco. I bizantini avevano perso il controllo dell’area in seguito all’assedio di Costantinopoli da parte dei crociati del 1204 e il neonato Principato di Acaia fu diviso in dodici baronie, una delle quali era proprio Geraki. Nel 1259 i franchi furono sconfitti nella battaglia di Pelagonia, che segnò la fine dell’impero latino, e durante i circa due secoli di dominio bizantino che seguirono, Geraki divenne uno dei centri più importanti del Peloponneso. 
La fortezza fu rafforzata con strutture difensive che incorporavano quelle esistenti e il castello rimase in possesso del Despotato di Morea fino alla sua dissoluzione da parte dei turchi ottomani nel 1460, per passare brevemente sotto l’occupazione veneziana sia durante la guerra veneto-turca (1463-1479), sia durante il secondo periodo del dominio veneziano (1685-1715).
Dopo la seconda metà del XV secolo, il sito sembrò avere un uso limitato; questo fin dopo il 1702, l’anno della costruzione della chiesa parrocchiale di Koimisis tis Theotokou, quando la maggior parte degli abitanti si trasferì nel sito dell’attuale paese di Geraki. 
La posizione del castello era cruciale, poiché controllava la comunicazione stradale tra Mystras, la sede del Despotato di Morea, e Monemvasia, il suo porto marittimo. Il recinto fortificato sfrutta al massimo la fortificazione naturale data dalla conformazione del terreno, che racchiude un’area di cinquemila metri quadrati. Le mura sono ripide e coronate da merlature, alle quali si accede da gradini di pietra e da un cammino a rampe. Un secondo muro di cinta con torri rettangolari alle due estremità fu aggiunto al lato sud del vecchio muro in epoca bizantina. 
Viaggiando lungo la provinciale Spartis-Agiou Dimitriou in direzione nord, si ha una vista ininterrotta della pianura di Geraki ricca di ulivi, con l’imponente Monte Taygetos a ovest, la pianura di Elos e la foce del fiume Evrotas nel Golfo di Laconia a sud. Una strada semi sterrata risale la collina e dopo una serie di tornanti si arriva alla cancellata di ingresso del sito archeologico, i cui lavori di ristrutturazione sono terminati nel 2013. Al fresco di un ventilatore, nella penombra della reception, un’impiegata gentile mostra un breve filmato sulla storia del castello e il progetto di recupero del sito archeologico.
All’interno del recinto fortificato sono sopravvissuti edifici che probabilmente svolgevano funzioni amministrative e alloggi, oltre a due grandi cisterne e la chiesa di Agios Georgios, dalla struttura a tre navate decorate con pitture murali del XIV secolo. 
Paliogerako, l’insediamento del castello di Geraki, si sviluppò sul lato occidentale della collina. La disposizione relativamente irregolare degli edifici testimonia lo sviluppo dinamico della cittadella, che comprende oltre quaranta edifici secolari datati principalmente tra la seconda metà del XIII secolo e la prima metà del XV secolo e otto chiese, le meglio conservate delle quali sono Zoodochos Pigi (la Fonte della Vita), e Agia Paraskevi.
Nella maggior parte degli edifici vi erano spazi ausiliari al piano terra, principalmente adibiti a magazzini o laboratori, e abitazioni al livello superiore. Gli edifici erano per lo più a pianta rettangolare e in molti di essi si intravvedono più fasi di costruzione, interpretabili come espansioni in larghezza o in altezza. In alcune pareti si notano nicchie di stoccaggio, in alcuni casi rivestite di malta idraulica, forse per garantire una migliore conservazione di alimenti come grano, legumi e olio.
Al piano terra di molti degli edifici sono state documentate attività di laboratorio. Una ricerca ha rivelato carbone, scorie di ferro, masse di metallo e oggetti o parti in ferro o in rame, come coltelli, utensili, chiodi, anelli e molle. Presumibilmente qui si eseguivano lavori in metallo per modellare, riparare e modificare piccoli oggetti di uso quotidiano. Una delle attività principali era tuttavia quella tessile, abbinata forse alla tintura di filati e tessuti, e la presenza di monete in alcune sale indicherebbe una commercializzazione dei prodotti.
Sulla sommità della collina, il silenzio del pomeriggio è rotto solo dal frinire cadenzato delle cicale. Il paesaggio immobile è ravvivato di tanto in tanto da una folata rovente, che solleva nuvole di polvere dai rami secchi dei cespugli e la spinge più giù, nella vallata, sulle file di ulivi che riposano indisturbati.

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