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Oftalmologia - Miopia e maculopatia segnano due diversi momenti della vita che talvolta sono correlati
«Gli occhi sono lo specchio dell’anima». Il nostro sguardo è in grado di riflettere stati d’animo e sentimenti che possono essere percepiti proprio guardando negli occhi di qualcuno. Pure l’espressione «parlare con gli occhi» assume un significato concreto perché la vista è, di fatto, quella «finestra» che ci permette di collocarci nel mondo che ci circonda. Per questo, bisogna prendere seriamente i disturbi che possono affliggere l’occhio, lungo differenti fasi della vita.
Con il primario di oftalmologia dell’Ospedale Regionale di Lugano dottor Moreno Menghini affrontiamo il tema della degenerazione maculare legata all’età (Dmle), i cui disturbi variano in funzione del tipo di patologia (secca o umida) e del suo stadio. «Si tratta di una malattia molto frequente in età avanzata, con la quale oggi siamo sempre più confrontati a causa dell’aumento della speranza di vita della popolazione», esordisce l’oftalmologo al quale chiediamo qual è la parte dell’occhio interessata dalla maculopatia: «Si chiama macula, una parola che deriva dal latino e significa “macchia”. Si trova nella zona centrale della retina dove la visione è più distinta e dove abbiamo la massima densità delle cellule visive, i cosiddetti fotorecettori».
Menghini spiega che si stimano cento milioni di fotorecettori mediante i quali la luce che raggiunge l’occhio viene convertita in impulso nervoso e poi trasmessa al cervello «attraverso il nervo ottico, dove si forma l’immagine reale, mentre solo uno strato sottile separa la retina dalla coroide sottostante (una sottile membrana molto vascolarizzata che nutre la retina)». Senza la macula non potremmo mettere a fuoco: «Non si avrebbe l’acuità visiva centrale, mentre tutto al di fuori di quei sei millimetri quadrati è preposto solo a campo visivo e orientamento nel buio».
Menghini spiega come un metabolismo sano e particolarmene attivo provveda a nutrire bene la macula, mentre lo strato sottostante è deputato all’eliminazione delle scorie metaboliche. La degenerazione maculare si forma man mano che l’età avanza e questo meccanismo di rimozione dei rifiuti comincia a non funzionare più correttamente: «Sotto la retina si formano depositi (drusen), anche se nello stadio iniziale l’invecchiamento della macula non provoca alterazioni della capacità visiva; spesso questi depositi sono individuati solo esaminando il fondo dell’occhio».
Tuttavia, con il passare del tempo, aumenta sempre di più il numero di recettori che si atrofizzano, provocando la diminuzione della vista proprio nel punto in cui l’occhio dovrebbe avere la visione più acuta, spiega Menghini: «A uno stadio avanzato della patologia, le persone colpite non riescono più a riconoscere i volti delle persone, fanno fatica a leggere o non sono più in grado di guidare e diventa sempre più difficile riuscire a riconoscere i contrasti».
Ad esempio, «non ci si accorge più della presenza di scalini e questo può aumentare sensibilmente il rischio di cadute dell’anziano. Anche percepire le linee rette come distorte può indicare la presenza di maculopatia». Una malattia i cui fattori di rischio possono essere genetici o ambientali: «Quello più noto e alto è il tabagismo, accompagnato da altri rischi di tipo cardiovascolare, ipertensione, ipercolesterolemia, obesità e stile di vita non sano».
I sintomi sono inizialmente assenti e si evidenziano solo più tardi: «Per definizione, la maculopatia si manifesta per lo più verso i 55 anni con prevalenza molto bassa sotto i 60 (circa 1 per cento), ma dopo gli 80 anni abbiamo una prevalenza del 15-20 per cento negli stadi iniziali e di 5-10 per cento in quelli avanzati». Di questi ultimi ne esistono di due tipi: umida e secca. Per quest’ultima ancora non ci sono terapie adeguate anche se studi internazionali promettenti indicano che in futuro avremo farmaci atti a rallentarne il processo. Per lo stadio umido disponiamo invece di farmaci che iniettiamo in via intravitrale (nell’occhio) con trattamenti individualizzati (nel primo anno calcoliamo da 9 a 10 iniezioni, poi da 4 a 6)».
Se la maculopatia è legata all’età avanzata, diciamo il contrario per la miopia che può colpire già nell’infanzia. Ce lo spiega l’oftalmologo Alex Casanova, capoclinica di oftalmologia ORL che anticipa l’importanza del monitoraggio della miopia per la relazione che potrebbe avere con la maculopatia: «Se la maculopatia non porta alla miopia, una miopia superiore a meno sei diottrie (patologica) potrebbe essere un problema e sfociare in una maculopatia».
Quando leggere diventa un problema, da lontano tutto diventa sfuocato e non si riesce a riconoscere il volto delle persone dall’altro lato della strada, la diagnosi è: miopia. «Il bambino si accorge quando non riesce a leggere la lavagna e avanza di banco per accorciare la distanza», afferma Casanova che spiega la miopia come «la presenza di un bulbo oculare troppo lungo, un potere diottrico troppo elevato della cornea o una combinazione di questi difetti». Indipendentemente dalla causa, «con la miopia i raggi di luce confluiscono davanti alla retina, formando così un’immagine sfuocata».
Oltre al difetto puramente anatomico descritto, altri possono essere i fattori di rischio: «Genetico (aumentato con genitori miopi), e di tipo ambientale come lavorare sempre da vicino e in ambienti chiusi: la miopia è in agguato in quei bambini che leggono tanto al chiuso o stanno seduti allo schermo del computer». Egli ricorda l’importanza della luce naturale che «permette all’occhio di produrre un ormone che ne irrigidisce il tessuto, bloccandone l’allungamento eccessivo», e invita i ragazzi «a leggere all’aria aperta, ad esempio». Al di là della prevenzione, la miopia tende a progredire nel tempo e nelle differenti fasi della vita: «Un cambiamento che inizia tra i 10 e i 15 anni, quando il bambino cresce e l’occhio si allunga».
Inquadrare la tendenza intrinseca del bambino e controllarlo nel tempo è la chiave che permette di osservare eventuali variazioni importanti di miopia per i quali bisogna intervenire: «Le lenti “Myosmart” sono il nostro cavallo di battaglia perché prive di controindicazioni e non danno fastidio al bambino». Esistono pure le terapie convenzionali: «Gocce di atropina (ma con effetti collaterali e vanno messe regolarmente), lenti a contatto (coi relativi rischi di infezioni e infiammazioni a esse legati, compresa la sottrazione di ossigeno alla cornea)».
Una particolare attenzione durante la crescita, e un sano stile di vita con l’avanzare degli anni, restano la base per la salute dei nostri occhi.