Uno scrive di tanti argomenti, poi un giorno il computer ti ricorda che non hai mai parlato di uno dei più onnipresenti ingredienti della cucina italiana ed europea: la pancetta. Lo so, l’ho citata in tantissime ricette, ma non ne ho mai parlato per esteso. Mi spargo il capo di cenere e colmo la lacuna.
È un salume ricavato dal tessuto adiposo della regione ventrale del maiale. Si distingue per la caratteristica alternanza di strati di grasso bianco e venature di colore variabile dal rosso vivo al rosa della carne. È diffusa in tutte le regioni italiane in numerose varianti (con o senza cotenna, tesa, arrotolata, naturale, conciata, affumicata eccetera) che dipendono dai differenti processi di lavorazione. Lo stesso vale pressoché per tutti i paesi europei.
Dopo il rassodamento in cella frigorifera, la pancetta viene innanzitutto rifilata (le parti grasse eliminate sono impiegate per la preparazione del salame), quindi sottoposta a salagione ed eventualmente aromatizzata con spezie varie (chiodi di garofano, noce moscata, cannella, bacche di ginepro); spesso si usa aggiungere aglio.
Il processo di salagione è decisivo per le caratteristiche organolettiche del prodotto finito, che sono essenzialmente determinate dalla penetrazione della mistura salina nelle carni. Compiuti i trattamenti di rifilatura e salagione, si possono confezionare tre prodotti diversi: la pancetta arrotolata, quella steccata e quella tesa.
Nella prima, il pezzo di carne viene arrotolato lasciando la parte più dura rivolta verso l’esterno, cucito con un filo ai bordi e legato strettamente con spago robusto; questo tipo di pancetta viene insaccato soltanto se è stato privato della cotenna; di gusto delicato, risulta piuttosto morbida.
La pancetta steccata viene invece posta a stagionare compressa tra due assi di legno allo scopo di mantenere il prodotto compatto ed evitare infiltrazioni d’aria.
Infine, la pancetta tesa è di forma quadrata e conserva la cotenna; viene chiamata anche carnesecca o rigatino e può essere aromatizzata con pepe, peperoncino, aglio e semi di finocchio.
Tutti e tre i tipi vengono stagionati per 50-60 giorni se piccoli, 90-120 se di grandi dimensioni. La pancetta affumicata si distingue per il grasso giallino: prima dell’affumicatura viene cosparsa con spezie, erbe, sale e pepe; non viene stagionata e ha gusto dolce e gradevole.
La pancetta può anche essere insaporita con peperoncino, e in questo caso il grasso è inevitabilmente rossiccio. Si chiama coppata la pancetta avvolta attorno a un taglio di coppa di maiale che ne costituisce il cuore.
Questo salume conosce numerosi impieghi in cucina, in Italia. La pancetta tesa e quella steccata vengono utilizzate tagliate a cubetti e soffritte per insaporire un gran numero di piatti: frittate, uova strapazzate, maccheroni alla chitarra, pasta alla carbonara o all’amatriciana, risotti, verdure ripiene, ragù alla bolognese, cavoli, zuppe di fagioli, di fave o di orzo.
In commercio si trovano pancette, sia dolci sia affumicate, già tagliate a cubetti, pronte per l’uso; questi ultimi possono essere anche mescolati all’impasto del pane prima della cottura. Tritata è uno degli ingredienti di infiniti ravioli.
La pancetta arrotolata viene invece tagliata a fette e utilizzata per avvolgere la carne magra prima della cottura: fagiani, faraone, quaglie si avvantaggiano di questa bardatura, ma anche ortaggi come gli asparagi possono essere avvolti nelle fette di pancetta. La pancetta è ottima anche gustata al naturale in fette sottili come antipasto.