Sfrecciando a bordo di un siluro sottozero

by Claudia

Adrenalina - Il bob, un tuffo a capofitto lungo un toboga ghiacciato fino a toccare accelerazioni di 5,5 G

«Voi siete pazzi. Almeno in Formula 1 la macchina la puoi controllare, qui, invece, si è in tutto e per tutto in balìa del mezzo». È suppergiù questo il pensiero che Michael Schumacher, indimenticabile asso del Circus, aveva esternato subito dopo essersi tolto il casco e aver rimesso piede a terra alla fine del lungo canalone dell’Olympia Bobrun di St. Moritz-Celerina percorso ad alta velocità a bordo di un bob. «Se lo rifarei? No grazie, quattro-ruote sono molto più sicure».
A tutti gli effetti, il bob può essere definito la Formula 1 degli sport invernali, capace però di regalare emozioni e brividi ancora maggiori rispetto alle quattro ruote. È lo sport più estremo riconosciuto come tale tra le discipline olimpiche. Anche perché quando si scende lungo il canalone ghiacciato con una velocità che tocca i picchi di 150 km/h, le emozioni che si provano ai comandi di un bob sono grossomodo le medesime che si sperimentano al volante di una monoposto su un circuito, ma con dinamiche che vanno pure oltre. Se, a titolo di esempio, in curva nella Formula 1 il corpo del pilota è soggetto a pressioni attorno ai 3,5 G (3,5 volte la forza di gravità), nel bob queste possono arrivare addirittura attorno ai 5,5 G. Una pressione che va anche ben oltre a quelle a cui sono soggetti gli astronauti al decollo (attorno ai 3-4 G)…
Ecco allora che la discesa lungo il serpentone di ghiaccio diventa un’avventura da gustarsi tutta d’un fiato, con l’adrenalina che durante un minuto e mezzo scarso di… caduta quasi libera e incontrollata, diventa un’emozione capace di far battere il cuore all’impazzata. Quei circa ottanta secondi si dilatano quasi all’infinito per chi è ai comandi del «siluro» lanciato nel toboga ghiacciato, «come in una caduta incontrollata, dall’inizio alla fine del percorso, in cui puoi solo correggere leggermente la traiettoria e dare piccoli colpi di freno, ma nemmeno troppi, per evitare situazioni ancora più pericolose» spiega Damiano Bregonzio, presidente del Bob Club Svizzera italiana, che ci accompagna in questa vertiginosa discesa di 1,772 km. Tanti quanti ne misura appunto l’Olympia Bobrun engadinese, «il tracciato più lungo e dove si raggiungono le velocità più alte dell’intero circuito».
Inoltre, quella inaugurata nel 1904, «è anche l’unica pista ancora completamente naturale, cosa che la rende ancora più unica e avvincente. Generalmente, chi impara qui, ha una marcia in più rispetto a chi effettua le sue prime discese su altri percorsi, come a Innsbruck (Austria) o in Germania, tanto per citare quelli a noi più vicini».
Il Bob Club della Svizzera italiana (BCSI) nasce nel 2012, erede diretto del Bob Club Lugano, fondato nel 1978 da Mario Albeck ed Elvio Giani (suocero di Bregonzio) attivo fino a fine millennio e che negli anni Novanta grazie ad alcuni suoi esponenti di punta – due nomi su tutti, che per chi mastica un po’ la disciplina da qualche anno non necessitano certo di presentazioni sono Ralph Pichler e Celest Poltera – avevano portato il nome della società (e della Svizzera) alla ribalta internazionale. Parlando del passato e dei nomi che hanno segnato la storia del BCSI e del suo antenato, il BC Lugano, Bregonzio svela poi un’altra chicca: «Oltre ai citati Pichler e Poltera, a effettuare le sue prime discese in pista con i colori del BC Lugano è stato anche nientemeno che il Principe di Monaco in persona». La storia del BCSI ricorda per certi versi quella del quartetto giamaicano portato sul grande schermo nel 1993 nella simpatica e riuscita commedia Cool RunningsQuattro sottozero»). Un po’ come Derice Bannock e i suoi compagni di avventura, anche Bregonzio e compagnia hanno iniziato praticamente dal nulla, con materiale reperito un po’ qua e là, cercando di mettere assieme un pezzo dopo l’altro del puzzle. «Quel film, lo trovo ben riuscito e divertente, al punto che me lo sarò rivisto un’abbondante decina di volte; pure noi abbiamo dovuto fare i conti con i costi non indifferenti del materiale necessario per poterci lanciare nel toboga ghiacciato, basti pensare che per poter disporre di un bob a due vagamente competitivo a livello internazionale si devono mettere a preventivo almeno 20-25mila franchi, a cui va poi aggiunto il costo per un treno di pattini (che, sempre nel parallelo col Circus, sono un po’ come le gomme delle vetture di F1, e dunque la scelta di quale tipo impiegare è subordinata alle caratteristiche della pista nonché dalle condizioni ambientali), che può variare dai due-tremila franchi fino agli ottomila (cifre che praticamente si raddoppiano per un bob a quattro). Insomma, non è stato facile far quadrare i conti, ma grazie alla generosità di sostenitori e sponsor, siamo riusciti a coronare il nostro sogno. A guidarci è stata in particolare la voglia di rimettere in piedi una società che offrisse a tutti gli interessati della Svizzera italiana il brivido di questo sport, dopo averlo provato in prima persona». Missione ampiamente riuscita, se si considera che a oggi è una delle società più importanti a livello nazionale, con un occhio di riguardo in particolare ai giovani che vogliono lanciarsi in questa disciplina.
Date le pressioni con cui si è confrontati, per praticare il bob ci vuole dunque fisico. Non a caso tutti i frenatori hanno una massa muscolare piuttosto evidente, e spesso capita che chi approda ai massimi livelli in questa disciplina, alle sue spalle abbia un passato da atleta, in particolare da decatleta. «Oggi, grazie anche al monobob, introdotto per la prima volta proprio a St. Moritz, ci si può avvicinare già dai 13-14 anni, mentre prima non lo si faceva prima dei 18-19 anni, se non oltre. Ecco perché molti si sedevano ai comandi di un bob dopo essere passati da altri sport».
Poi, però, chi si mette ai comandi di un bob, ben difficilmente li lascia tanto presto: «Il 99 per cento delle persone che provano per la prima volta l’ebbrezza di una discesa lungo il canalone ghiacciato si dice entusiasta e pronto a rifarlo. E, soprattutto, è uno sport che non ha limiti di età, se si pensa che in Svizzera c’è chi ha già superato i settant’anni e ancora lo pratica». E non è nemmeno uno sport che si coniuga solo al maschile, nemmeno in casa BCSI. «Da diversi anni il bob presenta gare internazionali maschili e femminili. Se in campo maschile il nostro elemento di punta è Cédric Follador, impegnato in Coppa Europa, sul fronte femminile il nostro fiore all’occhiello è Giada Battaini, che dopo un paio di anni da frenatrice, si sta formando da pilota».