Una fuga dal limite dell’utile

Negli ultimi settant’anni, dopo secoli di immutato vivere, quando ancora si accoglievano i cambiamenti con scetticismo e lentezza, la realtà ha pigiato sull’acceleratore generando trasformazioni profonde: dal boom economico degli anni Sessanta all’era del mondo virtuale. Trasformazioni che hanno influito anche sul nostro modo di immaginare e relazionarci.
Da una parte oggi i giovani devono affrontare una realtà che è tutta al «futuro», tanto corre il presente, e loro con esso. Dall’altra non si godono il piacere di immaginare, di fermarsi a riflettere, di ascoltare. In definitiva, hanno modificato il loro modo di relazionarsi con gli altri e con il mondo.
Come mitigare tanta frenesia? Il nostro suggerimento è un invito alla conversazione.
«Ma corrotta di nuovo la vita, e sommersa in ogni scelleratezza, sdegnarono quelli per lunghissimo tempo la conversazione umana», scrisse Giacomo Leopardi nella Storia del genere umano, primo capitolo del suo celebre Operette morali, alludendo alla convivenza comunitaria. Non, dunque – per quanto attiene al nostro invito – conversazioni «funzionali», ma «gratuite». Come gratuito è normalmente il tempo libero di cui disponiamo.
Chiamiamo in aiuto il Premio Strega 2021, Emanuele Trevi, autore di Due vite, per chiarire questo concetto di gratuità. Trevi, riferendosi alla propria poetica (durante l’edizione 2021 del Festival Sconfinando), ha spiegato che «la gratuità creata dalla vita si insinua tra la comunicazione utile nella società (motivata) e quella dell’amore (abbisognata); il gratuito sta nella perdita del senso di necessità. Sono pochi questi momenti ma hanno una possibilità di resa letteraria».
Nello spazio creato da questo cuneo si inserisce dunque una possibilità di dialogo, di conversazione, di scambio reciproco, ma soprattutto di narrazione che non abbia necessariamente un inizio e una fine, o ancora meglio che non abbia un fine: non serve per ordinare una pizza, indire una riunione di lavoro, prenotare un albergo, o chiedere un formulario, e nemmeno risponde a un’urgenza emotiva, che si crea inevitabilmente in una relazione tra innamorati, quando si ha necessità di sentire l’altro per soddisfare comunque un bisogno proprio.
Abbiam parlato dunque di una possibilità di scambiare parole tra di noi che non sia né funzionale, né urgente, ma non per questo meno importante. Anzi. Soprattutto se la conversazione può unire e approfondire mondi e conoscenze.
Da qui nasce l’invito, cioè quello di ritagliare, di tanto in tanto, un’ora del vostro tempo libero per dedicarla alla conversazione con un amico, un parente, uno sconosciuto, un anziano, un giovane o giovanissimo, che si trovi a far passeggiare il cane, oppure seduto su una panchina in riva al lago, che sia accomodato in treno sul sedile davanti al vostro, oppure ospite di una casa per anziani.
E se poi questo nuovo modello relazionale dovesse piacervi, potreste persino estendere la pratica consultando la cosiddetta Human Library che da qualche mese è presente anche in Ticino. Si tratta di una «biblioteca» che mette a disposizione persone «narrative». Ovvero gente che si racconta, libri umani. Un modo per esplorare, e far conoscenza di mondi diversi. Un’esperienza giocoforza arricchente che potrebbe abbattere molti degli stereotipi (non necessariamente negativi) che zavorrano le nostre menti; soprattutto in anni come quelli che stiamo vivendo, dove ci è precluso il vero viaggio di scoperta. Di questa iniziativa, più precisamente della Human Library, abbiamo già parlato anche su «Azione» del 12 marzo 2018, quando se ne ventilava la realizzazione, e vale la pena ricordarne oggi l’esistenza.
Bene parlare con «altri», ma potrebbe sorprendervi farlo anche con i parenti che vi stanno più vicini, come mamma e papà, se avete la fortuna di averli ancora con voi. E lo diciamo per esperienza diretta. Chi scrive, qualche anno fa, sfogliando suo padre, ha scoperto un mondo contadino, quello degli anni Cinquanta, pieno di spregiudicatezza e bizzarre avventure, di pastori affaticati, e di signori con la cipolla nel taschino e il cappello in testa, di mestieri antiquati e abitudini stravaganti, un mondo intero che è ormai completamente scomparso, e che se non fosse stato prima raccontato, e poi raccolto nella memoria di chi gli aveva prestato orecchio, forse sarebbe andato perso per sempre. Chi sia davvero questo narratore, di fatto non ha importanza, perché come lui ce ne sono molti altri. Da lui sono emerse storie di genti e di paese. Storie da rivivere e storie per non dimenticare. Ragionare sulle «storie» può permettere ai più giovani di tornare a immaginare un futuro.
A maggior ragione a Natale, trovare un’occasione per conversare potrebbe essere un regalo che non facciamo solo a noi stessi, ma anche alla persona alla quale dedicheremo un’ora del nostro ascolto, del nostro «tempo libero». E se la persona con la quale vorreste conversare si trovasse lontano, be’, perché non scriverle una lettera di nostro pugno, con tanto di carta e penna, inchiostro e busta, come si faceva una volta? Un bel dono, anche solo per augurare le buone feste.
Per tornare a immaginare, dunque, un domani che non sia oggi, fermare il tempo e prendersi un’ora da dedicare all’incontro con l’altro potrebbe essere se non una soluzione, un’ottima alternativa alla frenesia.

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