Rimbocchiamoci le maniche, oggi affronteremo la Luce, argomento vastissimo e centrale per la fotografia: quale altro elemento, per quest’arte, è infatti più importante, essenziale e determinante se non la luce? La luce è il pennello, o lo scalpello, con cui diamo vita alle immagini.
Per ragioni di spazio, non potremo addentrarci negli aspetti tecnici che la concernono. A chi volesse approfondire il tema, in libreria, o in biblioteca, si trovano innumerevoli e ottimi volumi scritti in proposito. Qui, ci limiteremo a dare delle prime indicazioni sul suo valore e significato, sugli aspetti da considerare analizzandola in veste di fotografi.
La luce è così connaturata alla nostra possibilità di esistere – come l’aria, l’acqua o il cibo di cui ci nutriamo –, e così presente e necessaria da non averne quasi mai consapevolezza. C’è, semplicemente. Oppure manca (e allora, sì, che prendiamo atto di quanto sia essenziale per vivere).
Nel corso di una giornata normalmente passiamo attraverso un gran numero di situazioni di luce diverse, in quantità e qualità. Cominciamo con quella in cucina, preparando il caffè, e quella dell’alba che vediamo dalla finestra, la luce del treno in cui ci infiliamo per recarci al lavoro, quella presente negli uffici, nei negozi e nelle strade che quotidianamente frequentiamo, la luce del mattino, quella meridiana, e del pomeriggio, e così via. Di quel flusso continuo di cambiamenti, però, giunti a sera, non ci siamo veramente accorti: tutte quelle luci non le abbiamo né distinte e ancor meno analizzate. Ci hanno accompagnato, dandoci la possibilità, perlopiù senza troppi intralci, di far ciò che volevamo fare.
Questo perché – a differenza della fotografia – i nostri occhi hanno un’immediata facoltà di adattarsi alle variazioni di luce e di vedere dettagliatamente fin nelle zone estreme del campo luminoso (alte luci e ombre), anche in condizioni di forte contrasto – cosa che in termini tecnici vorrebbe dire avere una grande latitudine di posa. La pellicola, o il sensore, no. Sono piuttosto rigidi e limitati nella capacità di registrare correttamente ampie gamme luminose.
Tornando al nostro attraversare un continuo cambio di luci, non ci siamo neppure resi conto che, in ogni particolare situazione, la luce aveva delle caratteristiche tali da facilitare od ostacolare le nostre azioni, da influenzare il nostro stato d’animo, da farci indulgere in certe riflessioni, e così in un qualche modo anche da condizionare certe nostre scelte. La luce non è mai neutra o inerte, è anzi viva, configura le nostre emozioni, caratterizza gli spazi di vita, è in continua e attiva interazione col nostro essere.
Se di questo fatto nella vita di tutti i giorni abbiamo purtroppo ben poca cognizione e riguardo, chi fa fotografia dovrebbe, al contrario, tenerlo saldamente al centro della sua attenzione. Generalmente, la luce non incarna il messaggio stesso che vogliamo veicolare, ma gli dà forma e lo connota: lo può rinforzare, arricchire, o mortificare, lo rende più chiaro o lo confonde, crea ambiguità, stimola la curiosità dell’osservatore e tanto altro ancora.
Stiamo dunque attenti alle luci: benché una sensibilità innata alla luce sia un’imprescindibile prerogativa del fotografo, ciò non toglie che tanto si può apprendere esercitandosi. O anche studiando le luci – ecco un ottimo esercizio da fare senza macchina fotografica – nelle immagini realizzate dai maestri della fotografia e delle altre arti visive.
Oltre alla sua quantità, altre ancora sono le proprietà che possono caratterizzare qualitativamente la luce in fotografia: quella che troviamo già data – la cosiddetta luce ambiente, naturale o artificiale che sia – o quella che andremo a costruire (e talvolta, quella ottenuta dall’incontro di queste due distinte situazioni). Sta al fotografo riuscire a coglierla, per come si presenta, o a modificarla affinché corrisponda a quanto vuol comunicare. Ossia, adottando nell’atto fotografico (osservazione / riflessione / scatto) gli strumenti adeguati per far sì che l’immagine ottenuta corrisponda alla sua intuizione. Poco importa che sia per una fotografia di paesaggio, oppure un ritratto, per una foto astratta o una concettuale: la capacità di cogliere il valore di una certa luce e di controllarne / modificarne l’azione è determinante nella pratica del fotografo. E molti e di varia natura sono gli strumenti che quest’arte ci mette a disposizione. Strumenti sempre più perfezionati nel corso della quasi plurisecolare vita dell’arte fotografica, al punto da render oggi possibile al semplice principiante cose inconcepibili pochi decenni fa anche per il più abile e navigato professionista.
Quanta luce c’è e come voglio che risulti (ricordandoci della poca duttilità del mezzo fotografico rispetto alle ampie gamme di luce)?, mi sta bene così com’è o la voglio attenuare, o al contrario rendere più intensa? Il suo contrasto mi conviene o lo modifico? Troppo dura? Troppo morbida? Fredda? Calda? Arriva dalla parte giusta? Scolpisce bene le forme? Delinea i tratti di quel viso? Valorizza il soggetto? Che sentimenti mi trasmette? Sono solo alcune delle domande – e altre proviamo a formularle da noi, partendo da questi spunti – che talvolta, soprattutto quando costruiamo da soli la luce di ripresa, dovremmo porci prima dello scatto, perché trattano di aspetti che influenzeranno la percezione, in positivo o in negativo, dell’immagine che stiamo creando.
Aspetti sui quali abbiamo sempre, come fotografi, facoltà d’intervento durante le fasi cruciali di ripresa e di elaborazione dell’immagine (sviluppo e stampa per la pellicola, postproduzione per il digitale). Fasi che andremo ad approfondire in altra occasione.
Da parte mia, sento di poter dire che una buona fotografia, in luce ambiente o costruita che sia, nasce allo scatto. È in quell’attimo cruciale – preparato con un lungo studio o, viceversa, in un batter d’occhio – che si raccoglie tutto il potenziale che troverà poi un suo dispiegamento nella successiva fase di lavorazione. E con dispiegamento intendo il semplice dar corpo – con le dovute, misurate e sapienti correzioni – all’intuizione che precede la pressione da noi esercitata sul pulsante di scatto.
Quello che in realtà oggi la tecnologia ci permette di fare in quest’ultima fase di lavorazione, va ben oltre questi necessari e contenuti interventi. E spesso, attenzione, sospinti dalla sua forza, ci lasciamo prendere la mano. Tra(scen)dendo così, a mio avviso, il senso profondo della fotografia. Andando oltre, non scordiamolo, andiamo altrove.