Per lo storico studioso di colonizzazione asiatica John Kead, è stata la ricerca di nuove strade per il commercio delle spezie, da Vasco de Gama a Magellano e Cristoforo Colombo, a spingere l’uomo alla conoscenza della geografia del pianeta. Dominare il mercato delle preziose spezie che oggi troviamo allineate sui banchi dei supermercati in tempi lontani significava potenza, ricchezza e prestigio.
La pianta di Zafferano non cresce allo stato selvatico, giunge dal Medio oriente. Originaria dell’Iran, dell’India e della Cina, è introdotta in Europa nel settimo secolo dagli Arabi; leggi severissime in Spagna prevedevano la condanna a morte per chiunque lo esportasse. Oggi è coltivato in alcune regioni di Italia, Svizzera e Ticino. È all’origine del celebre risotto alla milanese; un particolare pigmento, la crocina, dona la tonalità giallo dorata agli alimenti con cui entra in contatto. La leggenda racconta che in occasione del matrimonio della figlia di Valerio di Fiandra, un maestro vetraio belga che realizzava le vetrate del Duomo, un suo giovane aiutante, complice il cuoco, escogitò lo scherzo di colorare con la polvere gialla il risotto del pranzo di nozze. Il risultato fu stupefacente e diede origine alla straordinaria ricetta della cucina italiana.
Nella medicina ayurvedica e cinese lo zafferano aveva funzioni antidepressive: studi recenti hanno confermato le sue proprietà e evidenziato un miglioramento di memoria e apprendimento. Elementi contenuti negli stigmi, o stimmi, agiscono sugli ormoni responsabili del tono dell’umore e dei processi decisionali, la dopamina e la serotonina. Leggiamo con un certo scetticismo che lo zafferano potrebbe venire in aiuto della nostra vista, rallentando la degenerazione maculare della parte centrale della retina, la Macula, che si manifesta dopo i 50 anni. Ne chiediamo conferma al Prof. Fabio Firenzuoli, autore di testi, medico esperto in Fitoterapia e Fitovigilanza, creatore del Centro ricerca in Fitoterapia dell’Ospedale universitario di Firenze.
«Lo zafferano non è soltanto una spezia», ci rassicura , «ma una branca medicinale vera e propria. Ricerche e lavori clinici ne accettano l’uso: non crea effetti collaterali, non espone a rischi di interazione, è uno dei pochi strumenti che abbiamo a disposizione e nei casi non avanzati, per la sua attività di tipo antiossidante e preventiva, può contribuire a migliorare il tessuto nervoso. Può essere un supporto insieme ad altre terapie soprattutto per gli anziani: grazie a questa sua qualità di agire sulle cellule nervose viene considerato anche un integratore antidepressivo dell’umore». Occorre evidentemente personalizzare la terapia con una ricetta del medico, anche se come noto, ci informa ancora il nostro interlocutore, i costi dei prodotti che lo contengono non sono certo modesti.