Sciando alla cieca

Casco e pantaloni verdi, giacca blu e giubbotto arancio per ciechi. Sono questi i colori che sulla neve contraddistinguono Judith Wegmann, campionessa svizzera di sci in slalom speciale, gigante e super-G. L’abbiamo recentemente incontrata sui pendii del Gemsstock, ad Andermatt, durante uno dei suoi allenamenti.
Oggi Judith ha scelto di sciare davanti alla sua guida, facendosi accompagnare con la radiolina e indossando le cuffiette. «Questa è la tecnica che preferisco e che mi stanca relativamente poco – ci dice Judith». Non è invece la stessa cosa per la guida, la quale infatti oltre a rimanere concentrata sulla propria sciata per tenere una distanza costante con la sciatrice cieca, deve continuamente focalizzare l’attenzione sulla pista davanti a quest’ultima, per leggere al meglio il terreno, prevedere eventuali pericoli, e adattare quindi costantemente i comandi in base alla situazione. Non da ultimo, la guida funge da scudo dagli altri sciatori che sopraggiungono da dietro.
A volte è invece la guida che scia davanti, indossando un altoparlante come uno zaino. Lo sciatore cieco segue la guida prestando attenzione ai comandi. In questo caso si tratta di un accompagnamento meno preciso rispetto al primo descritto. «Il grosso vantaggio – aggiunge ridendo Judith – è che quando ci sentono arrivare, in molti si fermano incuriositi a guardarci. E la pista è improvvisamente libera, tutta per noi». E allora, giù, lungo il pendio: «Destraaaa, sinistraaa» per affrontare delle curve larghe. «Destra, sinistra» per il cortoraggio. «Dadadadadada» per continuare diritto. «Alt» per fermarsi e «Stop» per la fermata di emergenza.
Ci troviamo sulla Sonnenpiste, un terreno ideale per esercitare il carving (tecnica di virata). Judith si lancia lungo la linea di massima pendenza e inizia le danze a velocità elevata, con inclinazioni del corpo molto pronunciate a ogni curva. «Questa forma di sciata rappresenta per me una grande sfida» spiega Judith. «Quando lo sci scorre sulle lamine perdo infatti l’orientamento. Qualsiasi riferimento svanisce. Altra grande difficoltà sta nel percepire la ripidità della pista. Questo elemento, assieme alla componente della velocità, sono indispensabili per capire quanto il mio corpo si deve inclinare nelle curve. In questi casi, un’utile strategia per raccogliere il più possibile informazioni da un punto di vista propriocettivo, è quello di tenere i bastoni costantemente a contatto con la neve, come due antenne».
Riprendiamo la teleferica. E questa volta scendiamo dalla Bernhard Russi Run, una pista molto più ripida e impegnativa. Judith mantiene come sempre un’eleganza degna dei numerosi ori messi in bacheca. Ma fa fatica ad accettare i complimenti di chi la sta guardando. «Sento che la mia sciata a volte è poco fluida; in ogni istante devo essere pronta a reagire alle imperfezioni della pista, come ad esempio a delle piccole buche, placche di ghiaccio improvvise e altro ancora che potrebbero presentarsi lungo i pendii. E quindi scio con un tono muscolare “ridotto”, poco estetico ma che mi permette di reagire immediatamente e di adattarmi con maggiore facilità al terreno». Queste le parole di Judith, campionessa e monitrice di sci.
Sì, monitrice, in quanto nel 2019 ha partecipato al corso di formazione Gioventù e Sport organizzato dall’Ufficio dello Sport del Canton Uri per l’ottenimento del Brevetto GS 1. Tutte le forme sono state esercitate assieme alla sua guida. Dalla curva spazzaneve alla parallela, dal cortoraggio al carving, per passare alle forme giocate e allo switch (sciata all’indietro). Tutte le forme sono state portate con successo all’esame finale.
Interessante è stata la modalità in cui Judith ha saputo proporre la lezione d’esame metodologico ai suoi allievi. In molti si chiedevano come sarebbe stato possibile. Le spiegazioni tecniche Judith le ha fornite senza particolari problemi. Ma come correggere poi gli allievi? «Prima di esercitare una determinata forma, come ad esempio il cortoraggio, davo agli allievi un ulteriore compito, ovvero quello di focalizzare l’attenzione su un preciso movimento. Alla fine della discesa ponevo loro delle domande mirate per ricevere un feedback preciso che mi permettesse di capire se avessero svolto correttamente i movimenti e quali fossero invece i punti da migliorare. Si è trattato di un’esperienza utile sia per me, ma anche per i compagni di classe, i quali attraverso questo esercizio hanno scoperto un altro modo per leggere e correggere i movimenti del proprio corpo».
Il tempo per chiacchierare sulla seggiovia è terminato. Siamo pronti per una nuova discesa, che ci porta alla partenza dello slalom gigante, sulla Rennpiste Mändli.
Judith scatta dal cancelletto di partenza. Dietro di lei la sua guida. Una sciata fluida, sicura, sugli spigoli, con una neve che presenta a tratti delle lastre di ghiaccio. «Mi sto allenando per i Campionati svizzeri che andranno in scena dal 2 al 3 aprile a Lenzerheide» ci spiega al traguardo la 42enne. Più volte contattata dalla nazionale paralimpica svizzera, interessata a spingere Judith nelle competizioni di Coppa Europa, la ticinese ha sempre declinato gli inviti. «L’impegno sarebbe eccessivo. Inoltre, in futuro vorrò concentrarmi soprattutto sull’insegnamento. Il mio scopo è quello di utilizzare il mio nome e la mia storia per aprire una nuova porta nel mondo dell’inclusione».
Nel frattempo, la giornata continua. Pantaloni e casco verdi, giacca blu e gilet arancione. Quel gilet arancio, che le permette di distinguersi dagli altri sciatori e che le garantisce una maggiore sicurezza sugli sci. Un gilet che evidenzia quindi l’andicap sulle piste e separa dagli altri sciatori, ma che allo stesso tempo ha aperto nuove porte per un insegnamento inclusivo nel mondo dello sci. 

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