In occasione di una proiezione cinematografica en plein air di Flashdance, celebre film musicale del 1983 diretto da Adrian Lyne, ho assistito a una scena che ha impreziosito non poco la visione del film, tanto da domandarmi se quanto successo fosse stato accuratamente coreografato dagli organizzatori. Succede che, all’inizio di una scena dove la musica parte improvvisa e, all’instante, la Beals comincia a dimenarsi come un’ossessa, fuori schermo sbuca dal nulla un ragazzino che, in sella a una bicicletta, con una destrezza e una padronanza del corpo degne della stessa Beals, impenna il suo mezzo e passa davanti allo schermo come se fosse lui stesso parte del film. Il passaggio di quel ragazzino sarà durato si e no qualche secondo, ma era talmente sincronizzato al ritmo indiavolato della musica, e al pulsare del corpo della Beals, da indurmi a pensare che a volte la realtà supera, e potenzia, la finzione.
La proiezione di Flashdance, resa unica dal numero di quel ragazzino in bicicletta, faceva parte di una rassegna di film dedicata al ballo: un tema che è spesso associato alla cultura popolare, allo svago e al divertimento e che, come tutte le cose ritenute – a torto –, un po’ frivole, è raramente oggetto di riflessioni approfondite. Quando se ne parla, spesso è in quanto a elemento di decoro, oppure sono i suoi aspetti tecnici ad interessare. Altre volte rinvia alla descrizione di operazioni sofisticate che definiscono cerimonie ritualistiche. Oppure, se ne parla in relazione a uno spettacolo, o a un festival di danza contemporanea o classica. E quando si tratta di andare a ballare in discoteca, il ballo viene ricondotto a quella o quell’altra tribù della notte, oppure viene rubricato come un diversivo, un divertimento senza pretese.
In un caso come nell’altro, il ballo e la danza ci rivelano molto più di quanto non pensiamo sulla nostra società, sui nostri valori e sul nostro immaginario. Non è quindi un caso se proprio la centralità del ballo appaia in molte scene di film, alcuni recenti e altri meno – da La febbre del sabato sera (1977), a Footloose (1984) e Dirty Dancing (1987) fino a Pulp Fiction (1994) e La La Land (2016). A volte poi capita che ballare con qualcuno possa addirittura cambiare l’ordine del mondo in cui vivi, mettendo a rischio equilibri costruiti nel tempo e destinati ad essere salvaguardati. Già qualche generazione fa, ad alcune feste di paese se una persona sceglieva il compagno o la compagna di ballo sbagliata, le conseguenze potevano essere anche molto estreme. Tanto per dire, poteva capitare che il giorno dopo qualcuno ritrovasse un cadavere in fondo a un burrone.
Può bastare un passo di danza da manuale, degli sguardi che si incontrano, un contatto appena accennato, oppure una presa decisa e sicura per mettere in discussione un sistema di regole e una linea di demarcazione che divide il lecito e l’illecito. Chi ha visto Pulp Fiction di Quentin Tarantino sa di cosa parlo, tanto che la sequenza del ballo fra John Travolta e Uma Thurman è ormai diventata oggetto di culto. Sembra assurdo, ma a volte bastano dei movimenti coreografati alla perfezione per far vacillare il mondo mettendo in crisi regole fino ad allora seguite alla lettera.
La scena del ballo di Pulp Fiction ci rimanda direttamente a La febbre del Sabato sera, passando per tutta una serie di film dove la danza si carica di potenziale iniziatico (Dirty Dancing, Il tempo delle mele, 1980), diventa un modo per affermare la propria autonomia (Footloose), si trasforma in un teatro delle ossessioni (Il cigno nero, 2010), ammicca all’erotismo glamour (Moulin Rouge, 2001), oppure offre un’occasione di riscatto nel mezzo di una vita infelice (penso a Jennifer Lawrence e Bradley Cooper in Il lato positivo, 2012). Individuale (quello postmoderno delle discoteche), collettivo (tipo la Macarena) o a coppie (valzer, tango, salsa, eccetera) la danza non cessa mai di essere un veicolo di affermazione della propria identità rispetto alla collettività.
Come per chi, nel pieno dell’adolescenza, decide che Io ballo da sola (il riferimento è al film di Bertolucci del 1996 il cui titolo originale, va detto, è Stealing Beauty). Perché chi dice «io ballo da sola» è un po’ come se dicesse «non mi lascio imbrigliare da nessuno». Oppure, come canta Ligabue, «sei bella che fai male / sei bella che si balla solo come vuoi tu»: qui a ballare sono gli altri, costretti a ubbidire a chi detta il ritmo.
Non dimentichiamoci che, nel nostro immaginario culturale, la danza è legata alla vita, alla nascita, alla natura (la danza della pioggia), alla fertilità, ma anche alla comunicazione con l’aldilà. Chi balla può essere molto sensuale (la danza del ventre), ma può anche entrare in trance e comunicare con gli spiriti. La danza può diventare professione, o semplicemente prestare conforto a una filosofia di vita, per portare buon umore e togliersi dalla testa i pensieri pesanti. Il ballo è anche un’anticamera della seduzione, come ci insegnano i maestri latino-americani, tanto della salsa quanto del più sofisticato, ma non per questo meno popolare, tango argentino. E anche in questo caso, film che mettono in scena la focosità del ballo non mancano certo.
Ogni generazione ha le sue predilezioni anche in fatto di ballo; le giovani generazioni, per esempio, hanno una spiccata propensione per i balli in stile hip hop, come testimonia anche la popolarità di film quali Save the Last dance, 2001, Step Up, 2006, e Street Dance, 2010, che raccontano le vicende di ballerini o gruppi di ballo che cercano di imporsi all’attenzione di qualche produttore musicale o di diventare famosi vincendo una gara di ballo. E pazienza se la trama, gira e rigira, è quasi sempre la stessa.
Quel che più conta è che i giovani rivendicano con forza la danza come strumento di affermazione identitaria. Del resto, sia giovani sia adulti, nessuno può dirsi completamente estraneo all’insieme di significati che il ballo mette in moto. C’è chi balla con convinzione e passione, e c’è chi invece si muove impacciato e quasi controvoglia. Nel bene e nel male, ognuno di noi ha dei ricordi preziosi legati al ballo. E in ognuno di noi, sono sicuro, c’è una pista da ballo, regolamentare o semplicemente improvvisata, che ha significato qualcosa di importante.