Una sfida che si ripete

Il periodo pandemico ha evidenziato alcune tendenze già in atto. Non è stato come scoperchiare il vaso di Pandora perché, per alcuni aspetti, il fenomeno è purtroppo già noto, ma se ci riferiamo all’arte, la crisi ha paradossalmente riproposto un processo di svalutazione della sua importanza. Un fenomeno che, come sappiamo, ha colpito in buona misura l’ambito teatrale e le sue programmazioni, dalle compagnie alle produzioni e agli artisti, soprattutto indipendenti, che hanno dovuto fare i conti con una precarietà generata dalla situazione, ponendosi domande esistenziali sul proprio lavoro: è da cestinare, svendere o trascurare?
Quesiti al centro di una dinamica creativa che ha generato Requiem For My Dream, una riuscita performance realizzata da Opera RetablO andata recentemente in scena in due parti negli spazi del Museo di Villa dei Cedri. A sollevare i dubbi attorno al valore e al destino del proprio essere ci hanno pensato Ledwina Costantini con Daniele Bernardi e Raissa Avilés, evidenziando una realtà che ha origine già con le avanguardie storiche del ’900 che avevano messo in atto dinamiche e problematiche creative destinate a rigenerarsi periodicamente. «Sempre, quasi in ogni epoca ci si è lamentati e si è detto che la cultura stava morendo», scriveva Tadeusz Kantor nel 1979 (Il teatro della morte), «le stesse preoccupazioni hanno toccato anche l’arte».
Ecco dunque Requiem For My Dream proposto come rituale di riflessione e condivisione. Si riflette percorrendo le stanze della villa con gli artisti in azione e si condivide esplorando un tema sul quale è sempre opportuno soffermarsi: ora liberando Ledwina Costantini, giullare senza tempo, imprigionata da una tomba di sassi, ora tagliando lembi del vestito di carta di Daniele Bernardi (citando una antica provocazione di Yoko Ono) o ascoltando Raissa Avilés declamare i Versus de Nummo dei Carmina Burana fra lo sgretolamento di maschere di sabbia candida e immacolati echi di frasi enigmatiche e un time-lapse simbolico di Massimiliano Rossetto.
Una simbiosi animata dal respiro teatrale di un lavoro esemplare, raffinato, realizzato con intelligenza. Un progetto insomma che, accanto al tema evocato, mette in risalto accuratezza, sia nella scelta dei materiali sia nella complessiva messa in scena. La performance verrà riproposta dall’11 al 13 febbraio allo Studio Foce di Lugano, al Ghisla Art Collection di Locarno (25 marzo) e al Domus Poetica di Bellinzona (9 giugno).

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