Le radici di Soltani

Ci sono la Persia e anche la Svizzera, nelle radici di Kian Soltani; e c’è anche un filo tutt’altro che sottile tra il giovane violoncellista austriaco e il primo Concerto di Shostakovich di cui sarà solista giovedì prossimo (ad accompagnarlo l’OSI che Krysztof Urbansky dirige anche nella suite da L’uccello di fuoco di Stravinskij). «Sono nato a Bregenz, cittadina austriaca che lambisce la Svizzera, e le tre città in cui mi sento a casa sono Berlino, Vienna e Zurigo», racconta Soltani «I miei genitori sono persiani ed entrambi musicisti professionisti; sono cresciuto immerso nella musica, sia quella classica occidentale sia quella tradizionale del nostro Paese».
Nel 2018 ha inciso Home dedicato proprio al repertorio iraniano; e suona anche il kamancheh, sorta di versione persiana del violoncello; «È uno strumento interessante, ma ha differenze tecniche sostanziali e quindi il mio maestro mi spiegava come fosse meglio tenermene lontano perché avrebbe inciso negativamente sulla mia tecnica violoncellistica». Tornando al milieu familiare in cui è cresciuto, Soltani sottolinea come «non solo i miei genitori, ma quasi tutti i miei familiari suonano…». In particolare un cugino di tre anni più grande: «Fu lui a instradarmi al violoncello. Quando ero piccolo lui era il mio idolo, e siccome a quattro anni aveva iniziato a studiare violoncello, quando fui io a compierli feci la stessa richiesta per essere come lui. Mamma era contenta e appoggiò convinta la mia idea, perché era uno strumento che le piaceva tantissimo».
Il violoncello lo stregò rapidamente, rivelando un talento non comune maturato sotto il magistero di Ivan Monighetti. «Era stato allievo di Mstislav (Slava) Rostropovich a Mosca e cercava di trasmetterne lo spirito sia raccontandomi aneddoti, episodi, dialoghi avuti con lui, sia nel modo di insegnare: affrontava lentamente ogni brano per stare con meticolosità su ogni nota. Ho studiato con lui per undici anni; non mi segnava mai le diteggiature, voleva che trovassi una mia strada. È stato un mentore, generoso e illuminante».
Attraverso Monighetti, dunque, Soltani ha potuto attingere allo spirito di Rostropovich, che fu dedicatario del Concerto di Shostakovich. I due erano amici e più volte il grande Slava gli aveva chiesto di scrivergli un concerto. Un giorno lesse sul giornale che Shostakovich l’aveva composto, ma non sapendone nulla pensò che l’avesse scritto per un altro; si precipitò infuriato a casa di Shostakovich. Questi si giustificò spiegandogli di temere che l’opera non piacesse e non fosse all’altezza del suo talento; Slava lo lesse a prima vista accompagnato dal compositore al pianoforte. Fu il battesimo domestico di un capolavoro assoluto, e fu pace tra i due che poi brindarono a bicchieri di vodka.
Tra i violoncellisti d’oggi, Soltani ha una sua trinità personale: «Yo Yo Ma, per la sua abilità nel far comunicare tra loro culture diverse, nel cimentarsi in generi differenti creando sempre progetti convincenti. Steven Isserlis, per la sua purezza e onestà interpretative. Giovanni Sollima, che è anche compositore e che attraverso i suoi brani ha creato un modo nuovo di essere violoncellista». Per dar voce alla sua attività, Soltani non disdegna i social: «Sono utili, il 90% dei miei contatti ha meno di trent’anni; attraverso i social invito i giovani ai concerti e loro stessi si invitano reciprocamente».

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