Psicanalisi della cultura

by Claudia

Il lettore di libri e le sue pratiche analizzate dal punto di vista psicanalitico e forse anche psichiatrico in un libro di Guido Vitiello

Guido Vitiello insegna Teorie del cinema e dell’audiovisivo all’Università di Roma La Sapienza, e tiene una rubrica sul settimanale «Internazionale» che si intitola «Il bibliopatologo risponde» dove le patologie sono di regola psicologiche e psichiatriche e i pazienti soffrono di mali e devianze di tipo culturale. È con questa stessa valigetta del dottore che procede Il lettore sul lettino. Tic, manie e stravaganze di chi ama i libri. Il contesto non è nuovo; e il male di leggere, parente più sognante di quello di vivere, è patologia che ha esperti storici importanti in saggistica e soprattutto in letteratura. Lo specialista è chiamato a vedere a quali malattie può essere paragonata la specifica passione, a quali fantasmi e ossessioni può essere associato l’oggetto libro. Che cosa succede insomma nelle nostre menti malate del morbo culturale.
Il tutto parte da un argomento semplice e strutturalmente elementare come quello del sesso dei libri, del loro genere. Sono i libri più maschi o più femmine? Ora, per dirla con Freud (che in questo libro ha cittadinanza diffusa e legittima), «tutti i complicati macchinari e gli apparecchi dei sogni sono con ogni probabilità organi genitali: armi, arnesi, aratro, martello, schioppo, rivoltella, pugnale, sciabola, capelli, fiori, nasi, pesci, lumache, gatti, topi, serpenti, rane…».
Non ci sono i libri, nell’elenco, ma ci aiuta una allieva di Freud, Melanie Klein, per una coraggiosa scelta di campo: il libro è meraviglia femminile, e il primo libro che bramiamo è il libro-corpo della madre; così come il libro è una specie di donna alternativa alla donna, un’amante. Di più: «la bibliofilia è un club per soli uomini che non vogliono essere disturbati da donne in carne e ossa mentre vanno a caccia di donne di carta». E ancora, da questo bel libro sappiamo anche di studi americani di qualche decennio fa a proposito della postura assunta da uomini e donne quando tengono in mano un libro e di tutta una serie di delizie psicanalitiche e comportamentali di incontestabile fascino.
Capito il meccanismo? La lente psicanalitica è applicata a tutta la gamma di esperienze legate alla lettura: le sensazioni che si provano davanti a una copertina, quasi fosse un vestito; quelle associate alla lettura a letto, prima di addormentarsi, sulla soglia e sul confine del meraviglioso mondo dei sogni e oltretutto nel luogo deputato alla congiunzione sessuale, contesto proibito e bramato per eccellenza. O se il lettore sia paragonabile più a un marito fedele oppure a un libertino insaziabile e incontentabile; se i classici rappresentino una specie di super-io, che incombe, dominante e irraggiungibile, sulle possibilità fisiche del lettore, che mai e poi mai riuscirà a leggerli tutti. O perché mai si sia giunti a considerare il libro un valore positivo in sé, infallibile e miracoloso, portatore del bene al di là del bene e del male. Perché il porsi davanti all’impresa della lettura ha i suoi risvolti intimi, e le nevrosi, piccole o grandi che siano, si collocano nel dovere morale di portare a termine un libro seppure di fronte all’impressione crescente, pagina per pagina e capitolo per capitolo, di trovarsi al cospetto di una lettura superflua e dannosa, che fa perdere tempo.
Succede sempre con i saggi sognanti e ambiziosi: il libro di Vitiello ha un suo pregio più nella ricchezza del cammino che nelle conclusioni della meta finale. È pieno di esempi del presente e del passato perché della malattia del leggere, prima o dopo, si sono occupati in molti. Tanto da configurare una sorta di archetipico mistero originale: il mistero della passione estatica della cultura.

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