Tra il ludico e il dilettevole - Non solo per svago, ma anche per rispondere a bisogni inespressi legati all’evasione se non addirittura alla trasgressione
In una società come la nostra, votata alla perenne ricerca dell’innovazione, a volte capita che un nuovo passatempo o una nuova fonte di intrattenimento balzino agli onori della cronaca per la durata di una stagione, salvo poi scomparire senza lasciare traccia, rimpiazzati dall’ennesima effimera trovata. Di converso, ci sono anche esperienze ludiche e fonti di svago che si rivelano più longeve. I parchi dei divertimenti – luna park, fiere, e parchi a tema –, per esempio, pur rimanendo al passo con i tempi, serbano un retrogusto antico che mette d’accordo tutti, grandi e piccini, vecchie e nuove generazioni.
Dietro alla loro apparente frivolezza e innocenza, luna park, fiere, e parchi a tema intercettano un ampio ventaglio di bisogni inespressi legati all’evasione e, in certa misura, alla trasgressione. Se, da una parte, offrono occasioni di svago e distrazione, d’altra parte permettono di entrare, con modalità più o meno immersive, in un setting alternativo, in un mondo fatato, magico, ma anche perturbante e grottesco.
Sono luoghi che abitano la linea di confine fra il ragionevole e il fantastico, fra il possibile e l’inconcepibile, fra il bello e il mostruoso. In parte terreni di pura evasione dove svagarsi e dimenticare il grigiore quotidiano, i parchi dei divertimenti ci offrono altresì un’immagine riflessa della società e, al tempo stesso, espongono alla vista le contraddizioni della natura umana.
Innegabilmente, la realtà che ci viene restituita dai parchi dei divertimenti è pur sempre esagerata. Ma attenzione: lo specchio deformante delle fiere non si limita a riflettere, come farebbe un qualsiasi specchio comune: nel rispecchiare deforma, suggerendoci una comunicazione fra mondo reale e mondo fantastico, un passaggio fra l’uno e l’altro, un codice segreto grazie a cui il primo si rovescia nel secondo.
Parimenti, i giochi illusionistici, l’esperienza del tunnel dell’orrore o, ancora, la curiosità un po’ morbosa nei confronti della mostruosità tipica di fiere e luna park, non fanno che riportarci alla profonda duplicità che attraversa il reale. Una duplicità che, tra l’altro, viene sistematicamente suggerita dai personaggi in maschera e in costume che popolano questi mondi fantastici: non si sa mai con esattezza chi si nasconda dietro l’apparenza di una maschera o di un costume.
Certo, molti parchi dei divertimenti (pensiamo a quelli dedicati a Disney) sono prima di tutto luoghi rassicuranti che offrono evasioni tutto sommato innocue e indolori. Ciò nondimeno, nella loro capacità di alludere, anche solo in maniera indiretta, velata, o mimetica – come nel caso dello specchio deformante, o della maschera – al lato oscuro e al rovescio del reale, fiere, parchi a tema, e luna park ci rimandano altresì a un’immagine più ambivalente dell’evasione e della voglia di divertimento che ci contraddistinguono.
Questo lato oscuro che caratterizza l’immaginario di luna park, fiere, e parchi a tema è stato colto con disinvoltura dal cinema e dalle serie TV. Nella serie TV Westworld – Dove tutto è concesso, per esempio, un’azienda denominata Delos propone un’escursione in un parco a tema chiamato Westworld che, per vastità e costumi, riproduce in modo iperrealistico il mitico Far West. Una volta giunti sul luogo, i facoltosi visitatori interagiscono con degli indigeni, che si rivelano essere nientemeno che degli androidi. Prodigiosamente simili agli umani per apparenza e comportamenti, sono però doverosamente programmati affinché rendano piacevole e indimenticabile il soggiorno degli ospiti. La vera attrazione, si evince, non consiste tanto nella vastità dei paesaggi, nelle galoppate lungo praterie vergini, o nell’incanto dei tramonti che avvolgono l’orizzonte, quanto nella possibilità di vivere esperienze che nel mondo reale non sarebbero concesse, piegando gli indigeni alle loro volontà, anche quelle più reprensibili.
Sospesa l’etica e la morale, si aprono le porte della violenza, dell’egoismo e della depravazione. Per chi non si accontenta di un’avventura romantica con una delle molte donzelle che animano il postribolo locale, o di una rustica chiacchierata bevendo whisky con dei cowboys dai polverosi stivali e dalle pistole appese ai cinturoni, Westworld diventa un’occasione unica per riscattare sogni e frustrazioni, per appagare desideri poco nobili senza alcuna ripercussione morale e legale.
Perché accontentarsi di poco quando si può avere tutto ciò che nel mondo reale è vietato? La quotidianità, in fondo, con tutti i suoi vincoli e obblighi, limiti e restrizioni, non agisce forse come una camicia di forza che ci diminuisce e ci soffoca? Come non manca di ricordare l’ideatore e iniziatore del parco (un anziano e raffinato signore interpretato da Anthony Hopkins), Westworld è l’unico posto che consente alle persone di essere veramente sé stesse, senza restrizioni e limiti di sorta.
E se qualcuno, fra questi androidi dotati di avanzatissime intelligenze artificiali che permettono di cogliere desideri inespressi dietro ogni millimetrica piega del viso, decidesse di farsi giustizia da sé, di prendere in mano il proprio destino, di ribellarsi al ruolo di schiavi a cui gli ideatori del parco li hanno relegati?
Tanti sono gli interrogativi che Westworld solleva, e tanti sono i punti di contatto con il nostro presente, così come con il nostro passato (come non pensare alla sorte e allo sfruttamento di molte popolazioni indigene, come quelle del cosiddetto Nuovo Mondo?). In Westworld si intrecciano questioni legate alla tecnologia, all’economia, alla psicologia e all’etica, rivelando altresì come nella moderna industria dell’intrattenimento l’esperienza immersiva è sempre più ricercata. Pregevole anche dal punto di vista della qualità estetica e tecnica, la serie garantisce una notevole profondità narrativa grazie al susseguirsi di colpi di scena che svelano i segreti dell’avveniristico parco. Se poi aggiungiamo al tutto un mix di attori blasonati (Anthony Hopkins e Ed Harris su tutti) e di giovani promettenti come Tessa Thompson, non manca veramente nulla per fare di Westworld una fra le più significative serie TV degli ultimi anni.
In conclusione, potremmo dire che se la dimensione edificante e scintillante pervade la superficie dei mondi fantastici messi in scena dai parchi dei divertimenti, nelle pieghe dell’apparenza chi guarda bene vedrà ombre più perturbanti, ma forse per questo più interessanti e istruttive.