Il ritorno in pista da paraplegica

by Claudia

Altri campioni - Simona de Agostini, dalla Coppa del Mondo di sci al monoscibob

È un inverno sportivo che fa parlare molto di sé, vuoi per il clima ballerino, vuoi per i grandi appuntamenti; Giochi Olimpici e Paralimpici. Si chiacchiera di sport invernali, di sfide, di vittorie, di momenti difficili e anche di rivincite. Noi lo abbiamo fatto con Simona de Agostini, a casa sua, Airolo, suo paese natale.
«Da quel momentoin poi, per me è iniziata una vera e propria lotta alla “sopravvivenza” alla dura riconquista della mia seconda vita e della mia nuova autonomia»
Sono questi i luoghi della sua spensierata gioventù: Pesciüm, è stata la palestra che ha acceso in lei il fuoco sacro per lo sport. «Per chi nasce ad Airolo – racconta Simona – è naturale uscire di casa a giocare nella neve e affrontare i primi “passi” sugli sci in quel di Lüina. È qui dove, a due anni e poco più, ho voluto a tutti costi raggiungere le mie due sorelle più grandi per imitarle. E così, un po’ per gioco, qualche anno più tardi ho svolto le mie prime gare con gli amici dello sci club, fino a raggiungere le selezioni dei quadri nazionali giovanili, per poi approdare alle gare di Coppa Europa e in seguito alla tanto ambita Coppa del Mondo. Un traguardo voluto e sognato con tutte le mie forze per molto tempo, e nel frattempo una realtà piena di insidie, spietata e competitiva. È stata un’esperienza certamente molto ricca, che però mi ha portata a fare delle profonde riflessioni su ciò che volevo veramente nella vita. Il mio grande bisogno di realizzarmi anche attraverso una formazione professionale, che però ben difficilmente si sarebbe conciliata con lo sport di punta, mi ha portata, forse un po’ prematuramente, a porre temine alla mia attività agonistica per intraprendere la formazione di fisioterapista».
È il 12 febbraio di 17 anni or sono, quando Simona decide di trascorrere una giornata di svago sulle piste di Airolo. La visibilità era purtroppo ridotta e malgrado sciasse prudentemente e a bassa velocità, l’airolese si fece sorprendere da un piccolo dosso a bordo pista. «I miei sci si sono bloccati all’improvviso, sganciandosi dagli scarponi. In una piccolissima frazione di secondo mi sono ritrovata in aria e, flettendo di istinto il capo verso il tronco, sono atterrata sulle spalle. Subito dopo l’impatto sono rimasta vigile e presente e ho capito la gravità dell’incidente. Ho percepito sin dall’inizio che non avrei mai più camminato e che mi sarebbero aspettati sei mesi di dura riabilitazione presso il Centro Svizzero per paraplegici a Nottwil, lontano da mio figlio e dai miei affetti più cari, dovendo rinunciare per sempre a una parte di me stessa. Per tutti i miei famigliari è stato un momento durissimo e difficile da accettare. Da quel momento in poi, per me è invece iniziata una vera e propria lotta alla “sopravvivenza” alla dura riconquista della mia seconda vita e della mia nuova autonomia».
È durante il percorso riabilitativo a Nottwil che Simona ha scoperto di poter tornare a sciare su un monoscibob. «Nemmeno un anno dopo il mio incidente, grazie agli istruttori specializzati del centro di Sörenberg, mi sono ritrovata di nuovo proiettata in pista. L’emozione era a mille, un po’ come da bambina quando cominciavo a muovere i primi passi con la gioia della scoperta di tutto ciò che è nuovo. Una gioia immensa, un vero riscatto verso il destino. Una vera rinascita. L’attrezzo, ovvero il monoscibob – continua Simona – è formato da una scocca in carbonio. Al suo interno la superficie è liscia e imbottita, affinché non si creino punti di pressione che potrebbero causare delle piaghe da decubito. L’ammortizzatore invece attutisce i dossi similmente alle ginocchia. L’impostazione e quindi la conduzione precisa delle curve viene invece garantita da due piccoli pattini oltre che dalla carvatura dello sci».
Rientrata in Ticino, con l’aiuto del suo fisioterapista, Simona inizia un grande lavoro con l’obiettivo di migliorare le capacità di stabilizzazione e le abilità di reazione e coordinazione del tronco, delle spalle e delle braccia, utili per fare dei progressi nel monoscibob ma anche nell’ambito più quotidiano della prevenzione. «Per noi persone paraplegiche, rimanere in buona salute è molto importante. Si tratta però di un “compito” molto difficile, che richiede grande disciplina e costanza. Ogni piccolo muscolo intatto e funzionante è un grande dono. Aver cura del nostro corpo è fondamentale. Una trascuratezza potrebbe innescare una serie di problemi che in alcuni casi andrebbero a scapito della propria autonomia».
E così, con impegno e costanza, le curve in sella al monoscibob sono diventate sempre più eleganti, rotonde e simmetriche, aumentando nel contempo anche il grado di sicurezza della sciata; questo nel tempo le ha permesso di lanciarsi in sfide sempre più impegnative. «Con il passare degli anni però gli obiettivi sono cambiati – afferma Simona. Ora il sogno più grande è quello di poter sciare su piste un po’ più semplici, sperando di farlo il più a lungo possibile, così da poter godere ancora molti di questi attimi di gioia immensa scivolando sulla neve a stretto contatto con la natura. Negli anni, il monoscibob mi ha fatto inoltre capire quanto sia importante l’aspetto mentale, non solo nel gesto sportivo, ma anche per accettare le sfide difficili e per credere in sé stessi e nelle proprie capacità».
E non da ultimo, Simona esprime la sua gratitudine per essere disabile in questa nuova era tecnologica. L’impiego di apparecchi e attrezzature innovative non solo facilita la vita delle persone disabili nella quotidianità, ma permette loro di svolgere anche innumerevoli attività che in passato sarebbero rimaste praticamente inaccessibili come, ad esempio, il ritorno in pista da paraplegici.