Un microcosmo atlantico di correnti oceaniche e venti sahariani che reinventano ogni giorno nebbie irlandesi, paesaggi lunari, ginepri aggrovigliati da un vento già africano e un’esplosione vegetale di pinete e brughiere. Basta cliccare «El Hierro» sul sito delle Canarie per capire che a questa piccola falce di terra, a vaga forma di boomerang e a doverosa distanza dal resto dell’arcipelago, bastano sole, vento e acqua, «Centri di svago. Spiacenti, nessun risultato trovato. Ritenta, di sicuro troverai quello che fa per te».
Neanche pappagalli o canarini avvolti da tempeste di neve nelle palle di vetro d’ordinanza, o file di cammelli che nelle altre isole aspettano pazienti qualche compratore su uno scaffale. Una Cenerentola per chi ama crogiolarsi al sole su una spiaggia ma «Cuando cae la noche, El Hierro tambièn se despierta» ridono gli isolani, si sveglia a modo suo però regalando notti sfrenatamente romantiche tappezzate di stelle, amate anche dagli astronomi per la loro lontananza da qualsiasi inquinamento luminoso.
Una «Fine del Mondo» lo è stata ufficialmente fino alla scoperta del continente americano, da quando Tolomeo nel secondo secolo avanti Cristo collocò il Meridiano Cero, il «Meridiano Zero» come lo chiamano qui, all’estremità occidentale dell’isola. Un privilegio durato fino al 1884 quando El Hierro fu detronizzata dalla britannica Greenwich; ma gli abitanti però si consolano con altri primati, dall’hotel più piccolo del mondo appollaiato sulla scogliera di Punta Grande alla Lucertola Gigante, la Gallotia simonyi, rettile autoctono dell’isola. Gli ultimi esemplari esistenti furono scoperti nel 1975 dallo studioso tedesco Werner Bings, ristretti a settanta centimetri di lunghezza ma sopravvissuti a terremoti, gatti, uccelli predatori e conquistatori spagnoli del quindicesimo secolo, a differenza dei Bimbaches, una popolazione di origine berbera che popolava le isole e ha lasciato solo pochi petroglifi slavati dal tempo.
Riserva della Biosfera UNESCO, Geoparco Europeo, «Best in Travel 2021» della Lonely Planet per l’anima ambientalista, la sostenibilità come punto di forza è una scelta quasi obbligata per un’isola aspra, con pareti verticali che si arrampicano fino a 1500 metri, praticamente priva di spiagge, una scommessa che ha trasformato El Hierro.
Alla base di tutto c’è un innovativo progetto di energia sostenibile integrata per valorizzare quello che non le è mai mancato, vento e acqua. Il cuore del sistema è la Central hidroeólica de Gorona del Viento che utilizza i surplus dell’energia eolica per azionare pompe che alzano l’acqua marina da un bacino al livello del mare a uno più alto situato in un cratere vulcanico, generando una cascata che crea un flusso di energia idraulica stabile.
Oggi El Hierro è un laboratorio di soluzione dei problemi energetici per le piccole isole di tutto il mondo con oltre il 60 per cento di energie rinnovabili, un’agricoltura sempre più sostenibile, coltivazioni di banane bio incluse, e programmi per abbattere i costi della desalinizzazione.
Vento e acqua come motore del mondo hanno già cambiato la vita di Sabinosa, il villaggio più occidentale della Spagna accucciato ai piedi di una parete rocciosa che ogni pomeriggio si mangia il sole, dove fino agli anni Settanta la luce la vendeva un falegname, l’unico a possedere un generatore. Probabilmente un progetto simile poteva nascere solo in un’isola in cui persino il nome, «Il Ferro», ha un’origine incerta perché qui di ferro non ne hanno mai trovato. Forse arriva dallo spagnolo antico esero, «forte», legato alla ruvidità di un’isola-isola, «uno di quei posti tutto o nulla, per funzionare devi innamorartene».
Per Enrica Baudino è stato un vero colpo di fulmine che l’ha spinta a lasciare un lavoro di medico a Torino per creare, con il marito Paolo, Atlantidea, un progetto di ecoturismo legato alla scoperta dei sentieri e della natura dell’isola. «El Hierro prima o poi ti mette alla prova con la sua asprezza circondata da un mare padre, non un mare mamma come il Mediterraneo, capace di infinita dolcezza ma anche di rivoltarsi, soprattutto quando meno te lo aspetti. Qui la terra ti offre i suoi frutti ma solo e quando lo decide lei, perché questa è ancora un’isola per raccoglitori come ai tempi dei Bimbache».
Chi viene qui però sa benissimo cosa cerca, una wilderness quasi inimmaginabile in un piccolo fazzoletto di lava perso in mezzo all’Atlantico, un mare che scolpisce al ritmo delle sue onde scogliere di lava nere come la pece, gli alberi di El Sabinar trasformati dal vento in contorte installazioni di arte contemporanea, muretti che ricordano l’Irlanda persi fra nuvole perennemente arroccate intorno al cuore verticale dell’isola, le sfumature di verde dei boschi di pini.
Una stradina che serpeggia tra vento, mare e rocce raggiunge il faro di Orchilla, il punto più a ovest della Spagna, e anche se siamo davanti all’Africa va bene lo stesso perché a El Hierro c’è sempre qualcosa di «più occidentale di tutta la Spagna». Per una vista a volo d’uccello c’è il Mirador de la Peña sospeso sul mare, che si trova settecento metri più in basso, il belvedere più famoso dell’isola davanti a un piccolo e intrigante edificio in vetro e pietre laviche creato da Oscar Manrique, artista e nume tutelare delle Canarie.
Qui il primo semaforo risale al 2005 e la microscopica capitale di Valverde, unico capoluogo dell’arcipelago che non si affaccia sul mare, raggiunge a stento i duemila abitanti, meno di un quarto dei diecimila che popolano l’isola, ma gli herreños sul loro fazzoletto di terra ci stanno benissimo, badando bene a tenere in vita radici simboleggiate da un paio di grandi facce di pietra bianca all’entrata di Valverde. Rievocano la Bajada che ogni quattro anni accompagna con una folla di fedeli la Virgen de los Reyes che trasloca per qualche settimana dal suo eremo tra le colline alla chiesa di Santa Maria de la Concepciòn prima di tornarsene a casa, probabilmente frastornata dalla travolgente vita di Valverde.
Un inafferrabile e straniante senso di isolamento che rende uniche certe isole, deve essere il segreto che ancora oggi rende El Hierro un oggetto di irresistibile desiderio.