La regina ticinese dello sci di fondo

Natascia Leonardi è un essere umano un po’ contronatura. Sotto i mille metri d’altitudine va in debito d’ossigeno, sopra i 25 gradi di temperatura comincia a boccheggiare. D’altra parte lei è la regina delle nevi, la più forte e titolata sciatrice di fondo ticinese, la medaglia di bronzo a squadre delle Olimpiadi di Salt Lake City, nel 2002, al culmine di una carriera sportiva durata 25 anni e mai veramente conclusa appendendo gli sci al chiodo. «Non volevo smettere, nemmeno a 40 anni. Nel 2010 ho corso la mia ultima stagione in Coppa del Mondo. Ero in forma, volevo andare alle Olimpiadi di Vancouver, ma la Federazione svizzera di sci mi lasciò a casa», racconta al tavolo di un bar di Locarno, in uno dei rari momenti in cui si ritrova in pianura. «Pensa che quell’anno ho poi vinto i campionati svizzeri con 2 e 4 minuti di vantaggio sulle ragazze che erano andate ai Giochi», ci dice con una punta d’orgoglio.
51 anni, bedrettese d’origine, poschiavina d’adozione, Natascia ha un rapporto viscerale con quella neve che questo inverno si è fatta desiderare. Neve, freddo e sci (con pelli di foca quando si tratta di salire in alto) che fanno parte del suo DNA. «Mio padre Florino mi ha messo gli sci ai piedi non appena ho imparato a camminare e da allora non li ho più tolti. Dopo la conclusione della mia carriera agonistica mi sono dedicata per diversi anni alle maratone di sci di fondo. Inoltre, complice mio marito (Reto Cortesi, ndr), mi sono appassionata allo sci alpinismo. Nel 2005 ho vinto la Mezzalama e nel 2006, dopo i Giochi di Torino, sulle pendici del Monviso, ho conquistato il titolo mondiale di vertical-race. Di gare di vario genere ne faccio ancora, anche se dal 2016 non più molte. I miei interessi si sono spostati dall’agonismo alla formazione e alla promozione dello sci di fondo, che continuo a praticare, alle prove di resistenza di corsa e con la mountain-bike fino all’alpinismo, ma non quello estremo, che richiede alte qualità dal punto di vista tecnico. Sono salita sul Pizzo Badile, sull’Island Peak (6160 m) e altre montagne. Andavo in montagna un po’ con mio padre da ragazzina, poi con mio marito. E devo dire grazie a Romolo Nottaris, che prima della mia spedizione al Muztagh Ata (7546 m), mi spiegò come comportarmi in alto permettendomi di salire senza nessun problema fino in cima anche se non ero mai salita oltre i 5000 prima ed ero completamente senza esperienze», sottolinea.
Torniamo a quella fantastica medaglia di bronzo di vent’anni fa a Salt Lake City, nella terra dei Mormoni. Abbiamo ancora tutti negli occhi quella coda di cavallo bionda che spuntava da una collinetta innevata e s’involava verso il traguardo. Natascia Leonardi, ticinese della Valle Bedretto, stava compiendo un’impresa storica per i colori rossocrociati. «Andrea Huber, Laurence Rochat, Brigitte Albrecht-Loretan e io non eravamo tra le favorite per il podio. Chissà, forse fu il destino che ci restituì quanto avevamo perso in Giappone, a Nagano, quattro anni prima, quando Stefania Belmondo mi superò nello sprint finale conquistando la medaglia di bronzo per l’Italia e lasciandoci la medaglia di legno. Anche a Salt Lake City c’era Stefania Belmondo ad inseguirmi insieme all’ultima frazionista della Repubblica Ceca, ma non riuscirono a prendermi. Arrivai al traguardo con un’emozione indescrivibile quando capii che questa volta la medaglia c’era e che con le mie compagne avevamo realizzato un sogno quasi impossibile. In un primo tempo non ci avevamo pensato, poi ci siamo accorte che quel risultato per noi svizzere aveva un significato particolare; eravamo una squadra confederata completa, rappresentavamo tutte le quattro realtà linguistiche svizzere: quella romancia con Andrea Huber, quella romanda con Laurence Rochat, quella tedesca con Brigitte Albrecht-Loretan e quella italiana con la sottoscritta», ricorda. Quella di Salt Lake City è stata anche la prima medaglia vinta al femminile nello sci di fondo e tutt’ora l’unica.
Il 2010 fu invece l’anno della sua esclusione dalle Olimpiadi di Vancouver. «Fu un po’ difficile. Ci avevo creduto e avevo raggiunto una buonissima forma fisica. Mi ritirai dalle competizioni in Coppa del Mondo, ma restai nell’ambiente agonistico, partecipando alle varie gare del circuito internazionale delle maratone, la Worldloppet, creata nel 1978 per promuovere lo sci di fondo nel mondo. E fu così che mi ritrovai in Russia, alla Demino Ski Marathon. Nelle prove di Coppa del Mondo ero già stata diverse volte a gareggiare in Russia, ma in quella maratona, che affrontai da sola, senza nessun supporto di squadra, mi trovai proiettata in una dimensione che mi sorprese e mi piacque molto. Sai, mi chiamo Natascia e mio padre che leggeva i classici della letteratura russa, mi diede quel nome ispirandosi a Guerra e pace di Tolstoj. Da bambina sognavo di vedere la Russia, ma solo dopo la maratona di Demino ho trovato la motivazione giusta per mettermi a studiare dapprima la lingua e poi avvicinarmi alla cultura e alla nazione», precisa.
Puoi spiegarci meglio? «Innanzitutto mi è piaciuto il contatto con la gente, generosa, solidale, sempre pronta ad aiutarti. Non parlavo una parola di russo ma la gente si faceva in quattro per aiutarmi. E mentre correvo, io sconosciuta svizzera, unica straniera alla partenza, sentivo l’incoraggiamento degli spettatori e anche degli avversari. Un tecnico, vedendomi andare in crisi mi ha dato da bere in gara, permettendomi di riprendermi e di arrivare al traguardo nello sprint con le prime due ragazze. Insomma, le esperienze positive sono state molte», racconta.
Natascia Leonardi ha poi cominciato ad organizzare viaggi nel Nord d’Europa, allenare e fare da personal trainer. Poi è arrivata la pandemia e tutto è cambiato. «Ero a Mosca nel marzo 2020 e riuscii appena in tempo a tornare in Svizzera prima del lockdown. Nella mia attività formativa organizzavo anche dei campi di allenamento dal Nord Europa alla Svizzera e all’Italia, in particolare a Livigno. In attesa di riprendere i miei contatti con l’Est e il Nord Europa, faccio la maestra di sci a Pontresina, accompagno i turisti in escursione sulla regione del Bernina e aiuto mio marito nella sua azienda. E naturalmente continuo ad allenarmi con gli sci di fondo: non posso stare senza il profumo di abeti, larici e betulle che mi avvolgono mentre attraverso i boschi e le pianure innevati. È da quando piccolissima sciavo in Valle Bedretto che questi profumi sono dentro di me e non se ne andranno mai. E non posso dimenticare di rivolgere un pensiero e un ringraziamento ad Adriano Leonardi, da poco scomparso, per quello che ha fatto per me e lo Sci Club Bedretto», dice mentre ci congeda.
Un’ora in pianura, in città, nel caos e nel traffico è più che abbastanza per la regina delle nevi.

Related posts

Il Pipistrello mangia zanzare

Come ho fatto naufragio su un’isola deserta

Il filo teso di una sfida verticale