La saggezza dell’umarell

La plasticità della mente in un’età nella quale fare progetti conta più delle esperienze consolidate è, da un certo punto di vista, una condizione invidiabile. Forse proprio in virtù della loro malleabilità congenita, i giovani, differentemente dagli adulti di una certa età, sono molto più esposti all’influenza delle mode, e ne sono sovente gli iniziatori. La pubblicità li coccola e li sommerge continuamente di attenzioni, la musica rock celebra la loro libertà, il loro spirito ribelle, e la tecnologia sollecita il loro estro imprenditoriale.
Dal canto suo, il cinema strizza l’occhio alla loro irrequietezza, e l’industria dell’abbigliamento flirta con il loro gusto estetico e la loro volubilità. La civiltà dell’immagine esalta la gioventù di corpi tonici, mentre i prodotti di bellezza si incaricano di conservarli il più a lungo possibile. Dai giovani, e dalla loro impetuosità, ci si attende creatività, innovazione, e l’elaborazione di nuovi standard di pensiero e di comportamento. Dai giovani, in poche parole, ci si attente il futuro.
Tuttavia, a volte la vita ci insegna che le esperienze consolidate hanno più peso dell’impulsività sregolata. In questi casi allora è meglio affidarsi all’abitudine, all’analisi ponderata, alla scelta accorta. L’esperienza vissuta diventa, così, un bagaglio di saperi affinati nel tempo, una bussola per navigare con fiducia verso un futuro incerto.
In molte culture non occidentali il sapere vissuto, l’esperienza acquisita sul campo, contano ancora molto: costituiscono la base di una saggezza diffusa a cui ispirarsi in caso di bisogno. Dalle nostre parti, invece, in questi tempi pazzi, la saggezza sembra decisamente in debito d’ossigeno. Sarà forse perché gli Stati, i politici, e altre istanze pubbliche sono in crisi di credibilità. Sarà che la rete, sempre pronta a suggerirci risposte a ogni genere di domande, non ci lascia neppure il tempo per pensare. Sarà perché i complottisti, e i dogmatici, sono sempre dietro l’angolo, ed è diventato difficile fidarsi, e affidarsi, a punti di vista assennati.
L’impressione è che sia diventato arduo reperire delle figure che esemplifichino una saggezza aderente alle cose e ai ritmi del quotidiano. Ecco perché, nella bruma che contraddistingue il presente, la nostra attenzione è stata catalizzata da un personaggio pittoresco che distilla alla perfezione gli ingredienti di cui si pregiano le pagine che dedichiamo al tempo libero: spensieratezza, svago, passatempi, passioni personali e, perché no, anche saggezza quotidiana. La figura che abbiamo in mente è quella dell’umarell, termine che deriva dal bolognese «umarel», il quale significa letteralmente ometto: forse di primo acchito la parola non vi dice nulla ma, una volta precisati i suoi contorni, la troverete familiare.
Chi non ha mai notato, in prossimità di un cantiere in attività, degli anziani signori che, le braccia incrociate dietro la schiena e il corpo leggermente piegato in avanti, assistono e osservano? Osservano, perlopiù, l’attività del cantiere: movimenti e operazioni compiute da squadre di operai che consentono, nel migliore dei casi, di cogliere la magia di un paesaggio che cambia, che si trasforma, che si concretizza in una forma architettonica sempre più precisa.
Chi, fra di voi, si è mai prestato – anche solo distrattamente –, all’esercizio dell’osservare un cantiere sa che, di fronte a certi crateri a cielo aperto, ai grandi vuoti scavati nella terra, e a certi movimenti degli operai che, da lontano, sembrano formiche tanto sono piccoli, non può non aver avvertito un’atmosfera di sospensione, una forza ipnotica e misteriosa.
Anche al nostro umarell sarà successa più o meno la stessa cosa: fermo al bordo di un grande cantiere in una città che conosce come le sue tasche, un bel giorno persino il più smaliziato fra gli umarell è stato travolto dalla consapevolezza. Inaspettatamente, ha sperimentato un’epifania da cui ne è uscito con la certezza assoluta – assai rara in questi tempi difficili –, di aver trovato il passatempo ideale. E da quel giorno, fedele a tale importante rivelazione, attratto e prigioniero di una misteriosa forza ipnotica, è tornato con quotidiana devozione in quei luoghi: affinando, sul filo delle stagioni, l’arte di osservare.
Ma torniamo alla genesi della parola: il raddoppiamento della consonante alla fine del termine umarell – rispetto al termine bolognese di partenza che, come ci informa l’enciclopedia Treccani, ha una sola «l» –, nasconde una vicenda molto interessante. Con il micro-cambiamento nel nome – che al plurale prende la «s» e, anglicizzandosi, assume una dimensione internazionale – si manifesta in realtà la creazione di un personaggio prima, e poi di un brand. A regalare visibilità alla figura dell’umarell ci pensa soprattutto il musicista e conduttore di programmi radio e TV Danilo «Maso» Masotti con il libro Umarells, edito da Pendragon di Bologna nel 2007, poi ristampato in edizione ampliata nel 2010.
Sempre Masotti, vero e proprio catalizzatore del fenomeno, pubblicherà poi a cadenza regolare altri volumi dedicati al tema. Nel 2018 arriva il primo gadget: l’azienda Superstuff commercializza statuette in miniatura a uso degli architetti che, lavorando ai loro progetti direttamente sul loro computer, possono beneficiare della supervisione simbolica di questi anziani in miniatura che osservano i cantieri digitali in formazione. Il fenomeno, intanto, non passa inosservato neanche al cospetto della stampa internazionale, tanto che il britannico «The Times» nel gennaio 2021 gli dedica un ampio servizio. Nel frattempo, la crescente popolarità della figura dell’umarell – a cui Fabio Concato dedica anche una canzone nel maggio del 2020 – fa sì che il termine, con le sue sfumature semantiche, entri nei più importanti dizionari di lingua italiana.
Il caso dell’umarell – la sua ascesa e la risonanza mediatica di cui ha beneficiato – è una bella success story: ma è anche, forse e soprattutto, una fortunata anomalia, interessante nella misura in cui va controcorrente, smentendo la proverbiale tendenza del culto della gioventù a tutti i costi. L’umarell ci ricorda altresì che – in un mondo che corre sempre di più e che è sempre meno incline alla riflessione –, prendersi il tempo per osservare, e rimanere con i piedi per terra, sono due atti potenzialmente rivoluzionari. La prossima volta che passate accanto a un cantiere, pensateci: potreste essere voi, il prossimo umarell.

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