La nascita e la storia dell’Ikebana è antichissima. Dalla Cina e dall’India arriva in Giappone all’incirca nel sesto secolo dopo Cristo. Ha origine dalla pratica rituale di un’offerta floreale agli Dei. Agli inizi assolutamente preclusa alle donne e riservata alle sole classi superiori come monaci, sacerdoti e samurai, nel corso dei secoli viene estesa a tutti i ceti.
Quest’arte non potrebbe che essere nata in Asia, perché è dalla filosofia dello Zen, cioè dalle scuole buddiste giapponesi e cinesi rielaborate dal leggendario monaco indiano Bodhidharma, che l’Ikebana ha assorbito l’idea di tempo come impermanenza e continuo divenire, tipico della cultura del Sol Levante. Questa concezione si esprime nella celebre affascinante Festa dei ciliegi che si celebra ogni 23 marzo a Tokyo (e in alcune delle principali città giapponesi a Primavera). È una festa ammirata e percepita come meravigliosa anche e soprattutto nella misura in cui è destinata a non durare.
Come avviene nell’universo, dove le forze di cielo e terra si armonizzano, nella pratica dell’Ikebana tutto deve essere ugualmente armonioso e deve dialogare con gli elementi della natura. Roberta Santagostino insegna Ikebana, è autrice di Piante e fiori dell’Ikebana. Tradizioni, leggende, curiosità e lei stessa crea delicate e incantevoli composizioni floreali. Da sempre attratta dall’essenzialità e dalla bellezza dell’estetica giapponese, è partita dalla sua professione di grafica per poi avvicinarsi con grande curiosità al Giappone, studiandone da vicino il linguaggio e le manifestazioni culturali: «Praticando quest’arte – ci ha spiegato – si acquisisce una particolare sensibilità verso la natura durante il passare delle stagioni. In Ikebana infatti si utilizzano molto spesso rami e fiori spontanei, si ricerca e si crea bellezza in un’asimmetria equilibrata, la natura stessa è piena di bellezza e di relazioni asimmetriche ma armoniose. Ikebana è un’arte tradizionale profondamente rispettata e gelosamente conservata dai giapponesi che tutt’ora la praticano seguendo corsi e direttive di diverse scuole, alcune delle quali hanno origini molto antiche. È stata un’italiana – continua Roberta Santagostino – Jenny Banti Pereira, a introdurre negli anni Sessanta l’Ikebana in Italia diffondendola poi anche in Europa. Oggi quest’arte è praticata in molti paesi; in Italia sono presenti scuole importanti di Ikebana come Ikenobo, Sogetsu, Ohare e Wafu».
In Occidente si potrebbe considerare l’Ikebana qualcosa di puramente decorativo e statico; niente di più errato: si tratta di una pratica artistica in perenne evoluzione, che attinge a una sorgente infinita di forme compositive, dove il rapporto con la natura, che sottende ogni forma d’arte giapponese, è un costante punto di riferimento.
Sempre più persone sono attratte da questa disciplina accessibile a chiunque, perché risveglia la creatività interiore che dorme in ognuno di noi, fa sperimentare nuove dimensioni, ci fa scoprire come è ogni volta sempre nuova la visione della natura e lo stupore davanti alla bellezza di un fiore. «L’impermanenza – conclude Roberta Santagostino, che ha dedicato la sua vita a quest’arte – è una delle caratteristiche più forti dell’Ikebana: anche la più bella composizione è destinata a scomparire in breve tempo e noi non dobbiamo affezionarci ad essa; l’atteggiamento di sereno distacco è un’insegnamento importante che la sua pratica ci regala, per questo e per il potere di oltrepassare il risultato del gesto arrivando alla nostra anima è considerata un’arte Zen. È stato evidenziato come ci faccia sperimentare la bellezza della sottrazione e della semplicità, dell’uso minimo dei materiali, dell’idea che non dovremmo sprecare la vita delle piante come non dovremmo sprecare la nostra stessa vita».