Chi segue questa rubrica sa bene quanto ami le spezie: arricchiscono qualsiasi preparazione senza prevalere, salvo alcune eccezioni, sia volute – tipo il mitico filetto al pepe – sia non volute (capita talvolta, cucinando a spanne, che se ne mettano troppe). Esse rappresentano per i cuochi un vero jolly, con tanto di vantaggio extra: la più parte non costano tanto; fatto che vale sia per le spezie in purezza sia per le miscele, tipo curry, masala e tante altre; le principali eccezioni costose sono lo zafferano, soprattutto quello molto buono, e la vaniglia.
Qualche giorno fa, durante un noioso viaggio in auto intrapreso con due amici, abbiamo ingannato il tempo facendo un gioco: quale fosse la spezia più amata da ciascuno di noi. Tra le tante, come regola, abbiamo escluso dalle risposte soltanto il pepe, che è talmente onnipresente da posizionarsi «fuori classifica»: a tal proposito vi ricordo che esistono cinquecento tipi diversi di piper nigrum e oltre duecento «finti pepi» cioè parti di piante che hanno un sapore «peposo» pur non essendo piper nigrum – finti ma spesso buoni. Tant’è che, per la cronaca, i tre pepi che amo e utilizzo di più sono proprio «finti pepi», e per la precisione: il Timut del Nepal, il Tasmania e il Voatsiperifery del Madagascar.
La mia risposta? La curcuma, per la quale stravedo. Originaria dell’Asia è una spezia ricavata dalla riduzione in polvere della radice di una pianta erbacea simile allo zenzero. La curcuma è l’ingrediente fondamentale del curry al quale dona il suo caratteristico colore, e del masala, che è simile al curry ma non piccante – onnipresente nella cucina indiana, è un mix di spezie che ogni famiglia indiana mescola «a modo suo», per cui ne esistono centinaia di milioni di versioni diverse.
Il suo aroma terroso, mescolato a un profumo fresco e intenso molto simile al miele, la rende adatta a tutte le preparazioni di carne e pesce, come pure per preparare paste fresche e dolci. Il suo sapore sempre discreto colora ma non altera il gusto. Si trova essiccata e già macinata o sotto forma di radice fresca (quest’ultima va però conservata in frigorifero perché la curcuma perde molto velocemente le sue proprietà aromatiche). Peraltro, la radice fresca grattugiata può essere un valido alleato delle marinature.
In virtù della sua volatilità, la curcuma non va fatta cuocere a lungo: dopo circa quindici minuti di esposizione al calore gran parte della curcumina viene distrutta, per questo è meglio non aggiungerla subito, anzi. Io, da estremista, la aggiungo a un minuto dalla fine della cottura di un piatto.
La utilizzo veramente dovunque. Ad esempio, nei risotti di mare, e in quelli di carne, e pure nei risotti di verdure. Non ne faccio mancare nemmeno negli spezzatini di carne, e men che meno nei ragù. Ma il primo uso che ne faccio è legato a quella che per me è la salsa più universale che ci sia (sì, anche più del ketchup): parlo del relish, che metto dovunque.
Eccovi la mia versione base. Tritate 2 cetrioli, metteteli in un colino, spolverateli di sale e fateli scolare per almeno 2 ore, poi sciacquateli bene. In un pentolino unite i cetrioli, ½ gambo di sedano verde tagliato a dadini, 40 ml di aceto di vino bianco o di mela, un bicchierino di acqua, 40 g di zucchero meglio se di canna e poco sale, quindi portate al bollore e cuocete per 10 minuti, mescolando. Aggiungete 1 punta di fecola di patate per addensare a puntino e mescolate il tutto con 1 pizzico fino a 1 cucchiaino raso di curcuma (la quantità dipende dai gusti). Servitela a temperatura ambiente, in tutti gli utilizzi del ketchup.
La si trova anche già pronta, ma è così facile da farsi che… meglio farla.