Se chiudo gli occhi ancora posso vederlo: un robusto grigliato di legno, alto circa tre metri, coperto quasi interamente da un magnifico e inusuale rampicante, l’ipomea (Ipomoea), che cresceva rigogliosa, carica di campanelle blu mare e creava un contrasto magnifico con la parete color giallo zafferano alle sue spalle. Ero a Marino, sui colli romani, a trovare una cara amica vivaista e là, raggiungendo a piedi casa sua, ho potuto vedere quel bel rampicante nel pieno della fioritura.
Se al centro e sud Italia, così come in Grecia, Spagna e Portogallo, le ipomee sono molto usate e hanno una crescita spontanea, da noi, con inverni più freddi, hanno bisogno di alcuni accorgimenti per poter crescere rigogliose e, infatti, il graticciato romano per me così inusuale era per la mia amica scontato e quasi al limite del banale da notare.
Non rustiche, le ipomee soffrono il freddo già a 7°C e le specie perenni non riescono a trascorrere indenni i mesi freddi se non vengono portate al riparo in veranda o trattate come annuali. Se coltivate in vasi, non eccessivamente ampi, basterà seminarle ai primi di aprile all’aria aperta o in piccole serre riscaldate già a febbraio – marzo, trapiantando in questo caso le giovani piantine quando avranno raggiunto i quattro-cinque centimetri di altezza.
Un buon terriccio fertile e bagnato con regolarità garantirà una crescita veramente rapida a questi rampicanti dai lunghi fusti erbacei. Le prime foglie cuoriformi compariranno già dopo due-tre settimane dalla semina e i fusti, allungandosi, si attorciglieranno sui vari supporti che troveranno, creando prima un vero muro verde di foglie e, dalla fine di maggio, un allegro muro fiorito.
Sono conosciute anche con il nome «belle di giorno», poiché i loro fiori si richiudono con l’arrivo del tramonto, fatta eccezione di Ipomoea alba, detta invece «fiore di luna» che apre i suoi boccioli bianco latte e profumati la notte, producendo tralci che possono raggiungere anche i cinque metri se piantati in piena terra in una zona soleggiata e riparata del giardino, ad esempio davanti a un muro esposto a sud.
Molteplici sono gli usi delle ipomee: per coprire un pluviale antiestetico, fatte crescere lungo una rete di recinzione, oppure per rivestire la ringhiera di un balcone a cui regalerà colore a basso costo, a patto di ricevere acqua quasi ogni giorno se coltivate in vaso.
Della famiglia delle Convolvulaceae, comprende più di cinquecento specie, quasi tutte originarie delle foreste di America e Asia. La più classica è Ipomoea indica, dalle grandi foglie trilobate e fiori blu con l’interno rosa, che possono arrivare a quattordici centimetri di diametro, con boccioli che incominciano a schiudersi dai primi giorni di luglio fino a fine novembre. I rami riescono ad arrivare a quattro-cinque metri di lunghezza accestendosi continuamente fino a creare un vero e proprio muro verde.
Ipomoea purpurea ha invece le classiche foglie cuoriformi e fiori violacei, ma comprende molte varietà, con campanelle dai vari colori, come «Arlequin» bianchi e pennellati di rosa o celeste, «Kikyo» dai colori quasi fluo e petali dai lobi appuntiti, o ancora, l’insolita «Cameo Elegance» che ha campanelle fucsia e foglie variegate di bianco crema.
Anche la specie Ipomoea imperialis (commercializzata con il nome di Ipomea nil), originaria dell’Africa tropicale, presenta numerose varietà, come la «Chocolate», «Blanca» e «Scarlett O’Hara» dalle trombette rosso brillante e la deliziosa «Mount Fuji» che racchiude, nei suoi semi misti, piante di ipomea dai fiori azzurri, blu, fucsia, viola e rosa, tutti bordati di bianco.
Per chi non si accontenta e vuole coltivare qualche rarità nel proprio giardino od orto, propongo di cercare semi di Ipomoea lobata, conosciuta anche con il nome di Mina lobata, che presenta fiori totalmente differenti da tutte le altre: tubolari e a grappolo, ha nuance gialle e rosso porpora.
Un’altra idea è quella di piantare nell’orto Ipomoea batatas, più conosciuta come patata dolce o patata americana la cui radice è un tubero commestibile dalla buccia viola, marrone o bianca in base alla varietà e viene utilizzata in cucina bollita, fritta o al forno, mentre su larga scala viene coltivata per la produzione di farine, amido, alcol e per produrre mangimi animali.