Bella ma anche letale

by Claudia

Mondoverde - La Digitalis purpurea è stata usata in diversi gialli come erba velenosa

I libri di Agatha Christie sono ricchi di mistero e sono tra i miei preferiti come lettura sotto il classico ombrellone da spiaggia ma, diciamocelo, sono anche un ottimo intrattenimento invernale: amo leggere questi romanzi seduta in poltrona e con la classica tazza di tè sul tavolino.
Agatha non era però solo un’ottima scrittrice, era anche una giardiniera curiosa, con una splendida villa. Mi riferisco a quella di Greenway, la preferita tra quelle che possedeva. E la preferita anche dei suoi eredi se consideriamo che ne fecero dono al National Trust, per preservarne intatta la bellezza.
In questo meraviglioso giardino, tipicamente all’inglese con aiuole straripanti di erbacee perenni, spiccano le macchie di Digitalis purpurea, una rustica erbacea alta fino al metro e mezzo, che ama posizioni a mezz’ombra.
Madame Christie conosceva molto bene questa pianta, ammirandone sia i fiori campanulati con colori dal bianco al rosa fino al porpora, sia le foglie: importanti dal punto di vista medico. Vi è nel loro uso un limite molto sottile tra la dose terapeutica e quella tossica, ed è proprio per questo che fu spesso utilizzata nei romanzi d’investigazione come potente veleno.
Ricordo di aver letto L’erba della morte e Le porte di Damasco ormai qualche anno fa e in onore di questi libri quest’anno pianterò delle Digitalis. A tal proposito, devo ammettere che non ho una grande pazienza, quindi acquisterò piante già fiorite, visto che la semina, da eseguirsi in estate tra luglio e agosto, prevede di aspettare ben due anni prima di vederle in fiore.
Nelle seminiere, piene di terriccio molto fine, si distribuiranno i minuscoli semi che germineranno in una quindicina di giorni e che verranno trapiantati in vasetti singoli quando le piantine saranno alte dieci centimetri.
L’operazione è molto delicata poiché steli e radichette saranno fragili, ma tenuti umidi in un anno svilupperanno una rosetta di foglie; servirà poi un altro anno per vedere i lunghi steli riempirsi di boccioli di campanelle pendenti.
Spontanee anche nei prati e al limitare dei boschi, le digitali hanno foglie ovali e pelose, lunghe fino a venti centimetri, molto simili a quelle delle salvie da orto; vi sono in commercio diverse varietà e ibridi derivanti da Digitalis purpurea, come la «Camelot rose» alta fino a un metro, rosa carico da maggio a giugno, con fiori grandi, brillanti, che abbinerò alla «Camelot Cream» e alla «Camelot Lavander», tutte della stessa altezza, per creare una macchia di colore sotto alla chioma di un gelso ad alberello che le ombreggerà.
Informali, resistono sia al gelo, con punte fino a –20°C, sia al caldo afoso, ma diventano preda di chiocciole e lumache specie a inizio primavera, quando dal terreno nudo spuntano le prime delicate foglioline.
In un’altra zona del giardino metterò in piena terra alcune Digitalis della collezione «Dalmatian», come «Peach», «Purple», «White», «Rose» che, come ben descritto dal loro nome, hanno colori diversi, ma tutte, all’interno delle campanelle, sono puntinate di rosa scuro (effetto dalmata).
In base allo spazio che occuperanno, deciderò se tagliare le infiorescenze che via via sfioriranno, per stimolarle a rifiorire in settembre, o se lasciarle in modo tale da produrre semi. Attenzione: le digitali si auto disseminano con facilità e nel giro di qualche anno, (almeno due!), arriveranno a coprire un’ampia zona dell’aiuola.

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