Un fiume da domare a colpi di pagaia

by Claudia

Adrenalina - La discesa perfetta non esiste. Ma il bello della canoa è anche questo

Nel vocabolario del buon canoista, la parola «perfezione» non dovrebbe esistere. Perché a ogni discesa, anche se quel tratto di fiume lo si è già affrontato decine e fors’anche centinaia di volte, c’è sempre qualcosa che poteva andare meglio, qualche dettaglio che può essere perfezionato. E, soprattutto, ogni discesa è una storia a sé stante. In cui l’inizio e la fine sono gli unici punti in comune, mentre lo svolgimento segue ogni volta una via tutta sua. Un po’ perché ripetere con millimetrica precisione ogni gesto, ogni movimento del corpo per mantenere l’equilibrio fra le onde, è praticamente impossibile, un po’ perché ogni volta a disegnare uno scenario diverso dall’altro ci pensa la natura. «Ecco allora che il sopralluogo del tratto di fiume che si intende percorrere diventa fondamentale, anzi imprescindibile: – racconta Luca Panziera, uno che lo sport della canoa lo conosce bene, avendolo praticato ai massimi livelli agonistici mondiali per parecchi anni e ora responsabile del settore competitivo del Gruppo Canoisti Ticinesi – un sopralluogo da effettuare subito prima della discesa, dato che le condizioni possono cambiare da un momento all’altro, e dunque anche la difficoltà del tratto che si intende “domare”».
Cosa si prova quando, pagaia stretta fra le mani, ci si trova immersi in una discesa lungo un fiume? «Ovviamente le emozioni che si provano sono molto soggettive, pure difficili da esplicitare a parole. È comunque innegabile che la scarica adrenalinica è notevole quando ti rendi conto di trovarti in un ambiente per certi versi “ostile”, visto che l’essere umano, per sua indole, non è fatto per stare in acqua, magari fangosa e piena di ostacoli, per giunta seduto in un’imbarcazione relativamente piccola in un contesto così vasto come quello della natura. Proprio questa ricerca di una certa forma di controllo su qualcosa per sua natura incontrollabile riesce a darti un’emozione incredibile. Ogni volta che ti ritrovi sbalzato da una parte o dall’altra da un’ondata, o che devi lottare con le tue forze per aggirare un ostacolo, è adrenalina pura. Una piacevolissima sensazione, che si unisce al piacere di fare uno sport che, fisicamente, è anche assai impegnativo».
Già, perché durante la discesa, ogni tendine è teso, ogni muscolo ha il suo carico di sforzo, e la concentrazione dev’essere sempre massima. Braccia tese in avanti con l’intento di andare a cercare il contatto con l’acqua il più in avanti possibile con la pagaia, spalle che ruotano di continuo per cercare la spinta ideale, gambe che fanno pressione contro la canoa per cercare di conferirle la maggior stabilità possibile: durante una discesa non c’è tempo per riposarsi. Almeno finché non si saranno raggiunte acque più chete.
Quali sono le insidie maggiori che si possono trovare su un percorso? «In assoluto, gli ostacoli artificiali. Allo stato naturale, l’acqua bene o male trova sempre la sua via d’uscita. E con lei, anche il canoista, seguendola, dovrebbe poterla trovare… Quando invece l’essere umano ci mette del suo, condizionando un corso d’acqua, le cose si complicano. Penso ad esempio agli sbarramenti artificiali, che possono essere anche il “semplice” gradino nel fiume (dove l’acqua, sotto, si ferma, facendo il “buco”), oppure ancora all’insidia dei ferri (che affiorano o, peggio ancora, sommersi) quando lungo la discesa è presente un cantiere… Questo genere di ostacoli non li puoi prevedere, ragion per cui quando te li ritrovi davanti hai pochissimo tempo per decidere la mossa giusta. Durante la discesa, poi, il pericolo maggiore è quello di andare a incastrarsi con la canoa in qualche ostacolo e non riuscire più a respirare…».
Come si prepara una discesa? «Anzitutto documentandosi il più possibile sul percorso prescelto, sulle sue caratteristiche e possibili insidie. Per questo ci sono alcuni siti specializzati che riportano descrizioni sommarie dei principali corsi d’acqua “battuti” dai canoisti. Ad ogni modo, quando si affronta per la prima volta un percorso, il consiglio migliore è quello di andarci con qualcuno che l’ha già fatto e, in acqua, seguire la sua scia, la sua linea d’acqua. Il passaparola, poi, è altrettanto essenziale: chi già lo conosce ha sempre qualche utile consiglio da darti, soprattutto sull’eventuale presenza di pericoli nascosti. E infine, come dicevo poc’anzi, subito prima di scendere in acqua, la ricognizione esterna è imprescindibile». Questo permette di leggere il percorso e dunque identificare quelli che potrebbero essere gli ostacoli prevedibili. Ma, in una discesa non ci sono solo quelli… «Affatto: la natura non la puoi prevedere o controllare. E può anche scompigliare le carte da un momento all’altro. Basta un improvviso aumento della portata, anche pochi metri cubi d’acqua in più al secondo, o un innalzamento del livello dell’acqua, 5-10 centimetri per intenderci, per mutare, e anche di parecchio, il grado di difficoltà del percorso. Per questo occorre sempre essere vigili e mai sottovalutare un pericolo».
La «gerarchia» dei corsi d’acqua conta cinque scalini: dal grado 1, il meno impegnativo, praticamente con acqua ferma e senza onde, al grado 5, che rappresenta il corso d’acqua più esigente, «qualcuno parla addirittura di un sesto grado, ma a quei livelli il fiume è praticamente… impraticabile. In ogni caso, anche qui, si tratta di una stima prettamente soggettiva, ragion per cui da prendere molto con le pinze». In Ticino, quali sono i corsi d’acqua più impegnativi? «La Verzasca, alle nostre latitudini, è sicuramente uno dei fiumi più adrenalinici da discendere in canoa. Così come la parte alta della Moesa, il Ri di Bedretto. Con la canoa da discesa (dalla forma più allungata e più leggera, per raggiungere maggiori velocità), invece, la Moesa è indubbiamente la “mecca” della Svizzera italiana. Anche il fiume Maggia sarebbe sicuramente una palestra impegnativa e affascinante, ma sull’arco di un anno i giorni di praticabilità (dettati dalla sua portata) si possono contare sulle dita di una mano».