Adrenalina - Marco Ghioni, poeta dell’aria, racconta l’esperienza maturata come cliff diver
A volte i secondi sembrano infiniti attimi di tempo. Specie se li si trascorrono col fiato trattenuto. Quando si guarda un tuffatore dalle grandi altezze, un cliff diver, in azione, la sensazione che si prova è proprio questa. «Il tuffo è come una poesia. Dove non sono le parole a rivelarne l’essenza, ma la somma dei movimenti che compi in volo. Il risultato d’assieme, dallo stacco dalla pedana all’entrata in acqua, è quanto più si avvicina a un’opera d’arte, se pensi a quanto puoi realizzare mentre sei in volo». Parole che sembrano pennellate. Non però quelle di un imbianchino, ma di un artista, che sulla sua tela immortala ameni paesaggi, capaci di togliere il fiato. L’artista in questione, però, è un cliff diver, e la sua tela è nell’aria, in un suggestivo sfondo disegnato dalla natura. Come le gole di Ponte Brolla, uno dei posti in cui Marco Ghioni ama spiccare il volo per prodursi in capriole e avvitamenti da capogiro prima di tuffarsi nello specchio d’acqua sottostante. Addirittura una ventina di metri più in basso.
Toccati i dieci metri di quota nella prima puntata dedicata ai tuffi (vedi «Azione» n. 26), ora è tempo di salire qualche altro gradino, fino a raggiungere i venti metri d’altezza, accompagnati in questa risalita da uno dei migliori esperti di questa disciplina, forte di un’esperienza maturata in parecchi anni di pratica. «Ho cominciato da fresco maggiorenne: ora ho 34 anni, quindi è una quindicina di anni che pratico il cliff diving. Sono passato anch’io dai tuffi classici dal trampolino, ma l’ho lasciato alle spalle quasi subito, salvo poi salirci per allenarmi».
Il… battesimo dell’acqua, e dei tuffi, lo ha fatto con papà: «È “colpa” sua se mi è sbocciata questa passione. Da piccolo, mi portava spesso al lago o al mare, per tenermi impegnato, facendo qualcosa di divertente, che piacesse a entrambi. Così siamo saliti sui nostri primi trampolini, almeno per me. Mi tuffavo io, si tuffava lui… la scintilla è scoccata in men che non si dica: quasi come un percorso naturale, qualche anno dopo ho deciso di andare oltre, di insistere con quello che ormai non era più un semplice divertimento (e quanto mi sono divertito da piccolo!), ma una vera e propria passione, che volevo coltivare in ogni sua forma».
E c’è un qualcosa di preciso che porta in quota questi tuffatori: «La forte attrazione che ho sempre provato per il volo. Per quella sensazione di librarsi nell’aria. Quella stessa attrazione che del resto mi ha portato a praticare diversi altri sport adrenalinici, come lo snowboard, freestyle, ginnastica… Tutto quanto ti porta a fare salti e a stare un po’ sospeso in aria».
Il tuffo da una roccia si differenzia però dal tuffo da un trampolino. «Tornando alla metafora citata poc’anzi, direi che è un altro tipo di poesia, una forma espressiva diversa di questa arte. Un tuffo va prima immaginato nella mente e poi realizzato. Il cliff diving lo vedo come il “passo in più” nel mondo dei tuffi, come una sorta di upgrade. Anche perché se vuoi fare le cose per bene, senza cioè bruciare le tappe, prima di arrivare alle rocce devi farti le ossa sul trampolino, in piscina. Ed è ciò che in sostanza ho fatto pure io, e al meglio delle mie possibilità». Ossia: «non sempre si ha la possibilità di lanciarsi da una roccia 20 metri a picco su uno specchio d’acqua, per cui si cerca di fare il meglio possibile con ciò che si ha a disposizione».
Fondamentale è la preparazione per tuffarsi da una roccia. «Prima di tutto si deve curare l’aspetto mentale, prima ancora di presentarsi sulla pedana. Ci si deve immaginare tutta la sequenza del volo, il movimento di ogni singolo arto durante il gesto tecnico. Questo “film” deve però avere una sequenza ben scandita, perché quando sei in aria non hai tempo per pensare». Un po’ come uno sciatore che prima di presentarsi al cancelletto di partenza memorizza tutto il percorso. «Forza fisica e prestanza, poi, sono componenti altrettanto fondamentali, perché per effettuare dei tuffi, facendolo cioè nella maniera più corretta possibile, è necessaria una buona dose di forza. Che si può allenare con del workout, di rinforzo muscolare. Dulcis in fundo c’è l’aspetto del gesto tecnico, ancora più importante nei tuffi dalle grandi altezze rispetto al trampolino. Perché qui, partendo da più in alto, circa il doppio della quota, hai più possibilità di combinazioni, ma anche maggiori rischi di sbagliare qualcosa. Per questo, per prepararlo nel migliore dei modi, la chiave è dividere il volo in singole fasi, allenando prima la partenza, poi la fase aerea e da ultimo il movimento finale con l’ingresso in acqua».
Tal volta però bisogna corregge un’esecuzione quando si è già in aria: «Non hai tanto margine, ma qualcosa è comunque possibile correggere. Un tuffo può ad esempio essere velocizzato o rallentato, in base a come hai staccato i piedi dalla piattaforma (il cosiddetto takeoff). I più esperti capiscono subito se sta andando troppo veloce oppure troppo lento, e dunque possono ancora tentare di correggerlo».
Tre le caratteristiche che non devono difettare in un bravo tuffatore: «Coraggio, fiducia in sé stessi e prestanza fisica». E poi c’è la pazienza, se si considera il tempo necessario per preparare un tuffo da venti metri: «Come minimo qualche mese di allenamento è necessario: ogni singolo ingranaggio, ogni sequenza deve funzionare alla perfezione. Io, ad esempio, ci sto lavorando praticamente da un anno intero».
Veniamo infine agli «sfondi» su cui un tuffatore dalle grandi altezze dipinge le sue evoluzioni, per scoprire quali sono quelli più suggestivi in cui Marco Ghioni si è lanciato: «Ogni volta è qualcosa di spettacolare, ragion per cui avrei difficoltà nell’individuarne uno per definirlo il mio preferito. Lo scenario che ti trovi davanti a Ponte Brolla però entra di diritto fra le top-tre località in cui mi sia mai tuffato (se ci sono tornato per quattro volte alla gara internazionale che si svolge in queste gole non è certo un caso…; anzi, a dirla tutta è il mio obiettivo dell’anno, l’evento più importante per me!), assieme alla Costiera Amalfitana, oppure ancora la Puglia, con Bari, Polignano a Mare…».