Il pensiero prima di tutto

Si dice che un designer non sia tale se non ha progettato un orologio. Vito Noto, figura di rilievo nel panorama del design contemporaneo internazionale, lo ha fatto. Non si è limitato però a concepire uno strumento per misurare il tempo secondo i canoni tradizionali, ne ha invece sovvertito le regole, elaborando criteri di lettura alternativi caratterizzati da un’inedita numerazione del quadrante e dallo scorrimento delle lancette al contrario. Tutto questo affinché guardare l’ora non fosse più un gesto inconsapevole dettato da leggi prestabilite ma un atto che ci spingesse a riflettere su ciò che stiamo facendo e a instaurare un nuovo rapporto con il tempo.
Gli orologi realizzati da Noto sono emblematici del suo approccio inconsueto alla progettazione e ci catapultano subito nel suo universo creativo in cui il pensiero è alla base di tutto e nulla viene dato, mai, per scontato. D’altra parte sbaglia, sostiene il designer elvetico, chi crede che un oggetto sia sempre frutto di un’intuizione. Il più delle volte il prodotto finale nasce da un lungo percorso costellato di quesiti e ragionamenti in cui il «mondo delle idee» si relaziona costantemente alle esigenze pratiche del «mondo delle cose».
Discreto, introspettivo e schivo, Vito Noto, nato in Sicilia nel 1955, ma svizzero dall’età di tre anni, quando con la famiglia si trasferisce prima nel Canton Lucerna e poi in Ticino, ha dato vita a un’articolata attività professionale che gli ha permesso di saggiare le infinite applicazioni del design e gli ha consentito di sviluppare un concetto molto esteso di cosa significhi progettare. I contesti del suo operare sono molteplici e vanno dal disegno industriale, con la realizzazione, ad esempio, di macchinari per il tessile o per l’ambito medico-sanitario, al design della casa e al visual design, arrivando anche all’elaborazione grafica per la filatelia e per la numismatica celebrativa. Una produzione davvero poliedrica, la sua, che richiede ricerca continua, interdisciplinarietà e lavoro in team, nonché un puntuale confronto con la committenza.
Questa varietà di approcci, che ha visto e vede tuttora Noto impegnato in molti campi che potremmo definire di nicchia rispetto a quelli solitamente associati al design, ha fatto sì che la sua figura non fosse immediatamente riconoscibile ed etichettabile. Tanti sono stati i riconoscimenti ufficiali al lavoro di Noto (basti citare il Design Preis Schweiz, il Compasso d’Oro, l’iF Design Award – Die gute Industrieform, l’ADI Design Index e l’A Design Awards), eppure, proprio la complessità della sua veste professionale, e vuoi anche il suo carattere introverso, poco incline alla mondanità, lo hanno reso meno conosciuto al grande pubblico.
Mancavano difatti una mostra e un catalogo a lui dedicati. L’occasione è arrivata con i suoi quarant’anni di attività, conteggiati da quando, dopo aver frequentato la prestigiosa Scuola Politecnica del Design di Milano, ateneo all’avanguardia in questo settore, e dopo aver fatto esperienze di formazione a Zurigo, Amburgo e Parigi, Noto decide, nel 1982, di aprire il proprio studio a Cadro, ancora oggi la sua fucina di idee con vista sull’abside della chiesa del quartiere.
L’esposizione è organizzata negli spazi del m.a.x. museo di Chiasso e si pone quindi come la prima antologica del designer svizzero. L’obiettivo è quello di ripercorrere in maniera scrupolosa l’iter professionale di Noto, testimoniando attraverso la grande ricchezza dei materiali radunati l’evoluzione del suo pensiero artistico. A incentivare la realizzazione di questa rassegna è stata l’importante donazione che lo stesso Noto ha fatto all’istituzione chiassese: il suo intero archivio costituito da più di un migliaio di dossier, elaborati grafici e modelli della sua vita di progettazione.
Il criterio espositivo della mostra unisce l’ordine cronologico alla suddivisione per temi, aiutando così lo spettatore a comprendere meglio la composita produzione del designer che annovera oggetti estremamente diversi tra loro, dal temperino al respiratore artificiale, dal francobollo al camino, dall’orologio alla moneta. Ed è interessante notare come in ciascuno di questi prodotti Noto sia riuscito a infondere il suo stile peculiare, una sorta di marchio di fabbrica capace di caratterizzare tutte le sue creazioni secondo una versatile propensione a considerare ogni cosa alla stessa stregua, restituendole valore estetico e praticità.
Alla base dei lavori di Noto c’è l’idea di trovare efficaci alternative a ciò che già esiste, cercando sempre di aggiungere sostanza all’oggetto. Pragmatismo, precisione, razionalità e capacità di analisi, qualità tipiche della scuola elvetica, si fondono con la creatività latina, quella del suo paese di origine: affascinato dalle figure geometriche pure e dotato di una grande sensibilità cromatica, Noto è riuscito a concepire opere che sono una perfetta sintesi di forma, colore e funzionalità.
Ne è un esempio significativo l’incorsatrice automatica universale Stäubli di Sargans, apparecchio utilizzato nell’industria tessile, che nella mostra di Chiasso è stata collocata nell’atrio: 450 chilogrammi di imponente ed elaborato macchinario a cui il designer svizzero conferisce un aspetto piacevole, a partire proprio dall’uso del colore, che con ingegno viene distribuito sullo strumento non solo in funzione estetica ma anche per facilitarne l’utilizzo e garantirne la sicurezza.
Da qui si sviluppa l’itinerario espositivo, con la prima sala che documenta la formazione di Noto avvenuta negli anni Settanta a Milano con i grandi del design e dell’arte, tra cui Max Huber, Bruno Munari, Achille Castiglioni, Bob Noorda e Gillo Dorfles. È nel capoluogo lombardo che Noto apprende i capisaldi dello stile Made in Italy e che acquisisce il modus operandi che contraddistinguerà da lì in poi il suo lavoro, con quell’attitudine ad avvicinarsi al design secondo principi scientifici di cui la scuola milanese si faceva ambasciatrice.
Segue poi la produzione legata all’ambiente domestico, comparto in cui la tradizione del design italiano si fa più manifesta. Iconico oggetto che colpisce subito lo spettatore è il Cono ideato da Noto negli anni Ottanta, un centrotavola eseguito per la Württembergische Metallwaren Fabrik GmbH che con la perfezione delle sue forme dalle geometrie pure celebra il rito della convivialità in una veste nuova.
Ci si addentra di seguito nel mondo dell’ufficio, della domotica e dell’industrial design con prodotti per cui Noto ha dovuto tener conto di una serie di vincoli, misurandosi con problematiche di natura tecnica nonché relative all’efficienza e al rispetto delle normative di sicurezza. È proprio in questo genere di opere che ben si coglie il suo metodo di lavoro scrupoloso, capace di affrontare tutti i temi del progetto.
Un approccio ancor più affinato, questo, quando ad essere realizzati sono macchinari in uso nel campo medico e sanitario, per cui è necessario governare un processo più vasto interfacciandosi anche con la ricerca scientifica. Nell’ultima sezione della mostra un respiratore artificiale per stazioni intensive ci fa riflettere su quanto creatività e inventiva possano giocare un ruolo importante nell’ambito della scienza e della salute e su quanto questa responsabilità sociale elevi e nobiliti il ruolo del designer.

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