Fotografia - La postproduzione: tra lo scatto e la stampa, o la messa in rete
Con postproduzione s’intende, nel percorso di elaborazione di una fotografia digitale, quella fase che segue lo scatto e ne precede l’uso. Di postproduzione non si parla nel processo analogico: sebbene qualche operazione particolare possa intervenire tra lo scatto, lo sviluppo e la stampa, in genere questa fase – critica e determinante – segue un iter piuttosto macchinale, fatto di temperature, diluizioni e tempi di sviluppo regolati dalle tabelle delle case produttrici di pellicole e di agenti chimici, e dalla propria esperienza. Con la pellicola, quanto resta di lavoro per finalizzare l’immagine, viene poi realizzato in fase di stampa. Col digitale, questa fase intermedia richiede invece una buona dose di attenzione e preparativi, foto dopo foto, per giungere alla stampa, fase durante la quale, al contrario dell’analogico, c’è ben poco da intervenire. Vediamo allora più in dettaglio come si procede.
Si tratta innanzitutto di selezionare a schermo i file tra i vari scattati, per poi approntare le dovute correzioni legate agli inevitabili problemi, grandi o piccoli che siano, che ogni presa comporta. Dopo la loro esecuzione, la scelta degli scatti da rifinire è assai delicata. È una fase che richiede lucidità e lungimiranza. Soprattutto perché, una volta effettuata la selezione, difficilmente ci si ritornerà sopra. Se non avete una particolare urgenza nella scelta, vi consiglierei dunque di aspettare prima di mettervi a selezionare gli scatti. Lasciate passare qualche giorno di decantazione. Sarete meglio disposti, distaccati da quei pensieri che vi hanno indotto a scattare più – e spesso, troppe – varianti del medesimo soggetto. Il vostro sguardo sarà più oggettivo e la vostra scelta più immediata.
I criteri che si adottano per effettuare una selezione sono tanti, d’ordine oggettivo, determinati principalmente dalla qualità dello scatto ed alle richieste di un’eventuale committenza, come pure soggettivo, vincolati al gusto personale, alla maggiore o minore corrispondenza dello scatto con quanto si voleva raggiungere, e altro ancora. Considerata la loro imponderabilità, lascio a voi l’esame di questi disparati aspetti soggettivi.
Anche per i criteri oggettivi, comunque, non vigono regole assolute. Possiamo però dire che l’esito delle scelte tecniche adottate in fase di ripresa dovrebbe permetterci di raggiungere l’immagine voluta. Del mosso, o una sfuocatura, o una forte sottoesposizione, poniamo, possono starci, se funzionali alla resa finale dell’immagine. In caso contrario, quando lo scatto decisamente non trova soluzioni, va lasciato da parte. A meno che l’errore non ci riveli invece qualcosa d’inatteso, di sorprendente, al punto da farci decidere per la sua imprevista forza d’includerlo nella selezione. Tante volte la realtà prende il sopravvento sulla nostra volontà di controllo e si afferma nella sua evidenza. La fotografia è anche questo, e proprio anche in questo risiede la sua magia.
Va comunque sottolineato che tanti scatti non saranno perfetti in partenza ma presenteranno un margine tecnico di correzione, sia riguardo l’insieme sia in loro specifiche parti. La valutazione di questo margine, tenuto conto del risultato a cui vogliamo o dobbiamo giungere, fa parte dell’operazione di scelta. Vediamo allora quali sono gli interventi di routine che operiamo sui file. Dapprima eseguiremo delle modifiche d’ordine generale, in particolare sulla luce (la sua quantità e qualità), piccole correzioni prospettiche, eventuali aggiustamenti d’inquadratura, miglioramento dell’incisività. A seconda del programma di elaborazione che utilizzate potrete anche correggere eventuali aberrazioni ottiche e cromatiche legate agli obiettivi che avete impiegato. Fatto ciò, si può passare a correzioni – in particolare, della luce – di specifiche parti dell’immagine che richiedono e permettono un miglioramento (lettura di dettagli nelle ombre o nelle alte luci, modifiche locali del contrasto, ecc.). Spuntinature e altri piccoli aggiustamenti sono all’ordine del giorno.
Entrambe queste serie di operazioni possono essere eseguite sia utilizzando un convertitore di file – specie, se scattate in formato raw –, sia con dei programmi di elaborazione immagini un po’ sofisticati. Per ottimizzare il flusso di lavoro, talune operazioni è preferibile eseguirle con il convertitore, mentre per la rifinitura, oltre ai convertitori, ci potremo avvalere degli innumerevoli strumenti messi a disposizione dalle applicazioni dedicate a questo fine. Considerata l’ampia gamma disponibile, la scelta degli strumenti da utilizzare non può che esser frutto della personale esperienza pratica, e non starò dunque qui a farne l’elenco. Quello che però posso consigliarvi caldamente è di conservare sempre una copia dell’originale, così come lo avete scattato. Di operare le correzioni alla massima risoluzione del file – salvo casi particolari – e infine di farle in modo non distruttivo, ossia imparando a lavorare con dei livelli di correzione separati dallo sfondo, che andranno salvati alla chiusura del file. Va qui evidenziata l’importanza di avere, in questa fase, uno schermo calibrato, che permetta di vedere correttamente le luci, i colori e i contrasti, così come sono stati registrati dalla macchina fotografica, per poi poter agire di conseguenza.
Ecco, questo in grandi linee è quanto perlopiù va fatto per approntare le immagini in vista del loro uso. Nel caso di fotografie soggette a una committenza bisognerà intervenire per raggiungere le specifiche esigenze. Il digitale, grazie ai sofisticati programmi di elaborazione delle immagini ad esso dedicati, permette poi tutta una serie di manipolazioni che, spesso, esulano dalla stretta pratica fotografica. Mi riferisco in particolare a quegli interventi neopittorialisti, portati a un’innaturale, spesso esagerata, modificazione di certe caratteristiche dell’immagine, quasi fosse – o la si volesse far somigliare a – un quadro. Non vi è un confine netto tra le due modalità operative (affinamento dell’immagine o sua alterazione), ma nel risultato è un qualcosa che riusciamo a cogliere di primo acchito. Beninteso, tutto è possibile, ma – se vogliamo affrancarci da una pratica naïve della fotografia – sta a ciascuno di noi ponderare consapevolmente in quale territorio vuole muoversi, quali sono i motivi per cui adottiamo determinate opzioni operative, e agire di conseguenza. Ogni scelta ha le sue ricadute. Non è indifferente, rifletteteci.