All’origine della coscienza

Da dove viene la coscienza? Come si «crea» nel nostro cervello? In che modi percepiamo la realtà esterna? A queste domande Anil Seth, professore di Neuroscienze cognitive e computazionali all’Università del Sussex, a Brighton, nel Regno Unito, ha dedicato anni di ricerche e studi, raccontando le sue scoperte nel bestseller Being You – A New Science of Consciousness (Faber). Tra i suoi ultimi progetti c’è il Perception Census (Censimento della percezione), uno studio di citizen-science – realizzato cioè con il contributo di persone «comuni», senza preparazione scientifica – per catalogare i diversi modi attraverso i quali percepiamo la realtà. L’iniziativa è parte di un progetto più ampio chiamato Dreamachine, un’esperienza immersiva dove il pubblico viene sottoposto ad allucinazioni visive e uditive caleidoscopiche, generate da luci lampeggianti e da suoni avvolgenti. Inaugurata a Londra, la Dreamachine sta facendo il giro delle più grandi città della Gran Bretagna.
Professor Anil Seth, che cos’è la coscienza?
È qualcosa di profondamente misterioso e allo stesso tempo incredibilmente familiare. È fragile, precaria, meravigliosa e terribile: per ognuno di noi, è tutto quel che c’è. La perdiamo quando cadiamo in un sonno senza sogni oppure ci sottoponiamo a un’anestesia generale e la recuperiamo quando ci svegliamo. Senza coscienza, nulla ha importanza. 
La scienza ha scoperto come nasce la coscienza?
Non ancora. Per secoli, la scienza e la filosofia si sono sforzate di capire come la coscienza si relazionasse con i nostri corpi e con il mondo fisico in generale. Il filosofo David Chalmers lo chiama il «problema difficile». Secondo lui, è paradossale che da un processo fisico possa nascere una ricca vita interiore, eppure succede proprio questo. Nel corso dei miei vent’anni di studio sul tema ho osservato interessanti progressi a livello scientifico, con teorie promettenti. Una domanda importante alla quale bisognerebbe riuscire a rispondere è se la coscienza sia limitata agli organismi viventi o se possa nascere e svilupparsi nei computer, nei robot o in altri sistemi.
Che cos’è la percezione e che rapporto ha con la coscienza?
La percezione è il processo con cui il cervello interpreta i dati sensoriali per capire cosa sta succedendo nel mondo (gli scienziati la chiamano «esterocettività») e nel corpo («interocezione»). Può essere sia consapevole sia inconsapevole; quando è cosciente, è accompagnata dall’esperienza. A mio avviso, la coscienza è innanzitutto una questione di percezione. Ciò di cui facciamo esperienza – le cose nel mondo, l’essere noi stessi, persino il libero arbitrio – sono tutte varietà percettive.
Lei descrive la percezione come un’«allucinazione controllata». Può spiegare cosa intende?
Io mi baso sulla teoria delle neuroscienze chiamata «elaborazione predittiva», che considera la percezione un’interpretazione attiva, non una registrazione passiva, della realtà. I segnali sensoriali, cioè la luce, gli odori, i sapori, il contatto, non sono considerati «veicoli» che trasportano il mondo dentro la mente, ma «errori di previsione» che segnalano la differenza tra ciò che il cervello si aspetta e ciò che riceve. Noi non vediamo mai il mondo «così com’è». Per dirla con le parole della scrittrice Anaïs Nin: «Non vediamo le cose come sono, le vediamo come siamo».
Lei sostiene che la nostra percezione della realtà è probabilistica. Cosa significa?
Il cervello funziona formulando l’ipotesi migliore rispetto alle informazioni che riceve dall’esterno attraverso i segnali sensoriali. In matematica si parla di «inferenza bayesiana», che consiste nel sapere prendere decisioni sagge quando le cose sono incerte. Si giunge alla scelta migliore combinando le conoscenze precedenti con i nuovi dati, ponderandoli in base all’affidabilità che sembrano avere. Il fatto interessante è che questo meccanismo non viene compreso a livello conscio. Vediamo il cielo blu o grigio e non immaginiamo che quel colore sia il risultato di una combinazione probabilistica della nostra percezione.
Nel suo libro lei cerca di spiegare che cosa significhi essere «se stessi».
Il sé umano è un’entità a più livelli. Il «sé incarnato» è l’esperienza che abbiamo del nostro corpo come oggetto fisico nel mondo, mentre il «sé prospettico» è la consapevolezza di noi in prima persona. Poi abbiamo la cognizione del «libero arbitrio», con l’intenzione di agire e di fare accadere le cose. Tutte queste esperienze possono coesistere senza che ci sia un senso di identificazione continua nel tempo (quello che Daniel Dennett chiama il «sé narrativo»). Non solo racchiudiamo moltitudini, ma siamo moltitudini. A mio avviso, le esperienze del sé sono collezioni di «allucinazioni controllate» e, in alcuni casi, controllabili. Sono l’aspetto soggettivo del continuo tentativo del cervello di regolare il corpo e di rimanere in vita. Per rubare una frase a Cartesio: «Mi prevedo, quindi sono».
Come funziona il progetto Perception Census?
Una delle implicazioni della teoria dell’«allucinazione controllata» è che ognuno di noi può sperimentare il mondo in modo unico. Così come siamo diversi all’esterno, lo siamo anche all’interno. Soltanto, a differenza dell’aspetto fisico, i mondi interiori sono difficili da osservare dal di fuori. Il Perception Census è un nuovo studio di citizen-science che intende tracciare, per la prima volta, il terreno inesplorato della «diversità percettiva». Mentre, fino ad ora, le ricerche hanno esaminato la diversità di particolari aspetti della percezione, nessuno ha mai esplorato il sentire simultaneo. Si può partecipare al Perception Census online, basta avere compiuto diciotto anni. È un test con dieci sezioni divertenti, coinvolgenti e facili da completare. Cerchiamo le risposte a una serie di domande. In che modo le aspettative del nostro cervello influenzano ciò che vediamo? Quanto è vivida la nostra immaginazione? Come lavorano insieme i nostri sensi? Come percepiamo il passare del tempo?

Related posts

Lo smartphone ha conquistato anche gli anziani

La noia è sana e stimola la creatività

Sognare per migliorare il mondo