Quando una coppia decide di separarsi, si rompe sempre un equilibrio. Se poi il nucleo familiare è composto anche da figli e figlie, la questione diventa delicata e per certi versi anche problematica. Come organizzare il tempo da passare con i bambini? Quanti weekend al mese? E le feste?
Ultimamente anche in Ticino si sta diffondendo un modello diverso e alternativo rispetto al classico copione che prevede che siano le madri ad occuparsi quasi sempre dei bambini, con piccole parentesi in cui i padri possono o devono prendersene la responsabilità. Il nuovo modello si chiama custodia alternata ed entra in gioco quando le quote di accudimento di entrambi i genitori sono di principio paritarie; rappresenta sicuramente un cambio di paradigma rispetto a quanto siamo stati abituati e abituate a considerare fino ad oggi, eppure è un’opzione sempre più concreta. «La custodia alternata non è ancora il metodo più diffuso, ma è probabile che lo diventerà sempre di più», conferma l’avvocato Riccardo Viganò, spiegando che dopo la riforma legislativa entrata in vigore nel 2017 e che adesso è in fase di aggiornamento, questo modello viene inteso come prima ipotesi di lavoro da un giudice o da un’autorità in caso di richiesta. «Questo vuol dire che se una delle parti lo chiede, e può essere anche il figlio se ha l’età per esprimere la propria volontà, il giudice è tenuto a valutare se ci sono i presupposti per organizzare una custodia alternata». Un sistema diverso rispetto alla formula più conosciuta, che vedeva il figlio affidato a un solo genitore, mentre all’altro – di solito il papà – spettavano un giorno a settimana e un weekend ogni due. «Oggi sempre più mamme lavorano, la distinzione dei ruoli è superata e quindi questo schema sembra inadatto. Per superarlo, il giudice non affida più il figlio a un solo genitore, ma ad entrambi». A questo punto bisogna stabilire una chiave di ripartizione, una percentuale. «Di solito si decide per un 50 per cento a testa. Bisogna però stabilire come tradurre concretamente questa regola: una settimana con la mamma e una con il papà? Un giorno con la mamma e uno con il papà? Lo scopo è quello di non sconvolgere la quotidianità dei figli, che mantengano il più possibile le abitudini che avevano prima della separazione».
In Ticino c’è anche chi ha intrapreso questa strada con convinzione, pur fra le difficoltà che essa presenta. Sara (nome di fantasia) si è separata da suo marito perché, sebbene funzionassero molto bene come coppia genitoriale, avevano perso un po’ di smalto nella loro vita a due. «Siamo stati sempre rispettosi l’uno dell’altra, mettendo i bambini al centro dell’attenzione sin dall’inizio della relazione – spiega Sara – Abbiamo messo al mondo tre figli donando loro un ambiente sano e armonioso, ma a un certo punto gli anni passavano e abbiamo capito che non esistevamo più come coppia». Capita a tanti: ma la peculiarità di questa storia riguarda la decisione di come vivere il futuro come famiglia. «Una volta decisa la separazione, ci siamo dovuti sedere intorno a un tavolo per decidere quale struttura, quale contesto di vita dare ai nostri figli. Nell’arco di poco tempo, durato al massimo due o tre mesi, siamo quindi riusciti a mettere i paletti di quella che adesso è la nostra vita». Un periodo che Sara ricorda come doloroso, ma che ha permesso di capire quasi subito che la direzione da prendere fosse quella di un affido congiunto, dove la custodia dei figli fosse ripartita al 50 per cento fra i due coniugi. «La nostra organizzazione familiare non è cambiata granché – aggiunge Sara – giacché già prima lavoravamo a metà tempo, facendo in modo che uno dei due fosse sempre presente con i bambini. Al momento della separazione, nessuno di noi voleva perdere il legame con i bambini e nessuno voleva che nella loro vita un genitore scomparisse o fosse presente solo saltuariamente».
A questo punto bisognava decidere: prendere due case distinte e costringere i figli a continui traslochi? A Sara e all’ex marito questa scelta sembrava troppo onerosa per i bambini. «Abbiamo scelto il modello chiamato “nido familiare”. I nostri figli, quindi, sono rimasti nella casa familiare di proprietà e siamo noi a spostarci dai nostri piccoli appartamenti in affitto a quella. Abbiamo fatto questa scelta per preservare loro, ma anche il genitore che sarebbe dovuto uscire da quello che per anni era stato il suo ambiente, un luogo di affetto e dove ci sono le radici». Un modello che non può durare per sempre, e Sara ne è consapevole, ma che per il momento funziona. «Per ora c’è un equilibrio più che ottimale. I ragazzi sono contenti di non essersi dovuti spostare e come famiglia abbiamo ancora dei momenti in comune, tutti insieme, come il caffè, la colazione o il pranzo quando “ci diamo il cambio”. Non siamo più una coppia, ma siamo ancora i genitori: festeggiamo il Natale insieme, facciamo i regali insieme e prendiamo decisioni insieme». Qualcosa da sacrificare c’è? «La decisione, in effetti, è stata incentrata sui figli, per il loro bene. Personalmente, però, non lo vivo come un sacrificio. Ho due spazi che posso investire in modo diverso, una vita che mi dà movimento; non so se ce la farei a tornare in una casa sola». Certamente questa è una strada percorribile solo se la separazione è stata gestita con cura, se sono state superate rabbie e incomprensioni. «Fra di noi c’è sempre stato molto rispetto, che abbiamo portato con noi anche dopo esserci lasciati. Non siamo amici, non ci raccontiamo cose che riguardano la nostra sfera intima, ma non potrei mai non rispettare il padre dei miei figli: so che li ferirei terribilmente». Una scelta forse per persone benestanti? «Non navighiamo nell’oro, siamo due persone normali che per giunta lavorano a metà tempo. Anche prendere in affitto due appartamenti con le stanze per i figli sarebbe stato oneroso. Mi piacerebbe che le persone prendessero in considerazione nuovi modi di separarsi, diversi da quelli canonici».
Ma quanto è diffusa in Svizzera la custodia alternata? Secondo i dati dell’Ufficio federale di statistica, che risalgono al 2020, in tutta la Svizzera l’affido esclusivo a un solo genitore, il modello tradizionale, riguarda ancora almeno l’85 per cento dei casi. «Ma come esperienza personale – conclude l’avvocato Viganò – posso dire che negli ultimi anni la custodia alternata è sempre più frequente. Se ne parla sempre di più, i genitori sono più informati e la valutano come ipotesi concreta».