Rilassarsi? Magari! A dispetto dei continui appelli a trovare calma interiore ed equilibrio mentale da parte di psicologi, guru di varia ispirazione e infiniti coach dell’anima e del corpo, basta accedere ai media in qualsiasi momento della giornata per finire sommersi da una carriolata di stress.
Lunedì scorso la radiosveglia si attiva annunciando che l’Anatolia si è spostata di 5 metri e migliaia di persone sono rimaste schiacciate dal soffitto o dalle pareti di casa mentre dormivano. Già ci pareva indigesto il ping pong delle bombe tra Russia e Ucraina, gli anni claustrofobici della pandemia e tutto il balletto di iniquità e malesseri mondiali e locali che ci siamo sorbiti negli ultimi tempi, ma ogni mattina spunta una nuova tragedia: un naufragio di fuggiaschi in mare, l’esecuzione di un dissidente in un Paese crudele, l’ennesimo femminicidio, l’ultima strage sulle strade della movida. Senza contare le spine personali che pungono, più o meno in profondità, ognuno di noi. Hai voglia di placare i morsi dell’ansia e della tristezza!
Certo, a stanarle col lanternino, ci sono anche le belle notizie. La storia della prima fusione nucleare controllata, annunciata un paio di mesi fa, per esempio, che però, a ben guardare, nasconde qualche aculeo. Lo sapevate, per dire, che questo mirabile progresso scientifico nasce dalla ricerca militare, dove «gli esperimenti servono per simulare le esplosioni di ordigni nucleari proibite dai trattati internazionali» (come spiega un nostro collaboratore in un servizio a pag. 7)? Complicato, in queste condizioni, mantenersi zen.
E così, se appena ne abbiamo occasione, ci tuffiamo nelle gioie effimere dell’intrattenimento grezzo e ruspante, che va dalla fruizione delle kermesse sportive, alla sacra celebrazione in pigiama e sul divano del rito annuale di Sanremo, alla baldoria caciarona e birraiola dei carnevali fatti apposta per rompere la mestizia penitenziale di quell’eterna Quaresima che è il pauroso mondo che si degrada là fuori.
Semel in anno – dicevano gli antichi – licet insanire: una volta l’anno è lecito darsi alla pazza gioia. Solo che tendiamo a farlo non una ma cinquanta volte l’anno, contando i fine settimana, dove ognuno cerca di rigenerarsi come meglio crede e può. Anzi, lo facciamo in ogni attimo libero. La sera, immergendoci col telecomando nei mondi paralleli di Netflix o nei programmi più o meno trash e disimpegnati della tv. E lungo la durata del giorno, alla fermata del bus o in pausa pranzo, calati mentalmente nel pozzo ipnotico del telefonino e dei suoi tentacoli social. Vero che esistono alternative nobili a queste che sono a tutti gli effetti «armi di distrazione di massa», tipo leggere un libro o passeggiare nei boschi. Ma i nostri giorni sono grami e preferiamo non giudicare con troppa sufficienza o ipocrisia i passatempi più fatui della quotidianità. Abbiamo tutti bisogno di riequilibrare il male del mondo con qualche ora di vacuità.
Purché poi – spenta la tele, il computer o il telefonino – rigenerati da un pizzico di spasso mentale, torniamo a ricordarci che là fuori c’è un pianeta che brucia, si sbriciola e s’affanna. E che le nostre oasi di leggerezza non sono un alibi per diventare indifferenti, cinici e superficiali come certi intrattenimenti dai quali spesso ci lasciamo risucchiare beatamente e beotamente, ma una chance – che moltissime altre persone non hanno – per ritrovare il bandolo della felicità. E magari, pensa un po’, anche per sostenere chi non può permettersi il minimo svago.