Il viaggio iniziatico di Michel Foucault

In una delle più autorevoli biografie del celebre filosofo e intellettuale francese Michel Foucault (1926-1984) realizzata da James Miller, e intitolata The Passion of Michel Foucault (La passione di Michel Foucault), viene riportato un aneddoto decisamente pittoresco legato a un dibattito televisivo organizzato da un’emittente olandese nel 1971. Il dibattito ospitava Michel Foucault e il linguista americano Noam Chomsky, e ruotava attorno alla domanda «esiste una natura umana?», un tema che era sicuramente nelle corde di entrambi. Oggi, quell’incontro si può rivedere tranquillamente su YouTube, così come altri interventi pubblici del filosofo francese.
Nondimeno, quando lessi la biografia di Miller non fu tanto l’occorrenza di quell’incontro a colpirmi, ma un dettaglio apparentemente trascurabile. Pare che quando gli sponsor televisivi chiesero a Foucault come preferisse essere retribuito per il suo intervento, il filosofo domandò una tavoletta di hashish quale legittimo compenso. Quella insolita richiesta contribuì, ai miei occhi, a rendere particolarmente memorabile il dibattito: tant’è vero che, come riporta Miller, anche a distanza di anni l’espressione Chomsky’s hash (l’hashish di Chomsky) continuava a designare, per via metonimica, quell’incontro per molti versi unico e irripetibile.
È altresì probabile che se quel dibattito non avesse riunito due fra i maggiori intellettuali dell’epoca, un simile dettaglio sarebbe finito nel dimenticatoio. Ma, in qualche modo, la posta in gioco simbolica di quel confronto gli diede rilevanza, tanto che anche Miller si sentì in dovere di metterlo in evidenza. Del resto, spesso sono proprio i dettagli pittoreschi, incongrui, e forse anche un po’ bizzarri, a rendere i personaggi unici e riconoscibili, a distinguerli dalla moltitudine e a dare un colore particolare alle loro storie. A volte i dettagli, e gli aneddoti, possono diventare delle vere e proprie storie. E con le storie, si sa, si possono anche fare dei libri.
Di recente, per esempio, è uscita la traduzione italiana di un libro che riguarda proprio Michel Foucault e che racconta, in forma romanzata, un momento particolare della vita del filosofo. Siamo nel 1975, e Foucault parte per un soggiorno in California dove tiene diverse lezioni in alcune delle principali università della zona. Durante la sua permanenza in California, Michel accoglie l’invito a trascorrere alcuni giorni in compagnia di un professore universitario di nome Simeon Wade e del suo compagno. Insieme intraprendono un’escursione nel deserto californiano che li porta fino alla Death Valley. Qui, con l’aiuto di una modica quantità di acido lisergico, il filosofo vive un’esperienza che per molti versi ridefinirà la sua visione del mondo. E a raccontarla sarà proprio Simeon Wade.
Come illustra la quarta di copertina del libro in maniera piuttosto intrigante, Foucault in California «è il racconto dell’“esperienza più importante” della vita di Michel Foucault, narrato da chi lo ha guidato lungo una notte che molti pensavano leggenda e invece è stata una rivoluzione personale. Un viaggio nelle profondità di sé stessi che ha cambiato per sempre il pensatore francese, tanto da spingerlo a riscrivere il suo capolavoro Storia delle sessualità».
Come mai – viene da chiederci – questa storia, scritta negli anni immediatamente successivi a un’esperienza iniziatica tanto determinante, non era ancora stata pubblicata? A spiegarlo ci pensa Heather Dundas, l’autrice della prefazione nonché colei che, incontrando personalmente Wade, con pazienza e perseveranza ha recuperato il manoscritto e l’ha fatto pubblicare nel 2022. Racconta la Dundas che all’inizio i dubbi sulla veridicità del resoconto erano davvero tanti, nonostante il fatto che David Macey, altro importante biografo del filosofo e autore di The Lives of Michel Foucault, ricordava che una volta Foucault parlò di «una serata indimenticabile sotto LSD, preparato in dosi controllate, durante una notte nel deserto con della musica deliziosa, persone splendide e una bottiglia di chartreuse». Ma poi la cosa finiva lì, Macey non approfondiva la questione, lasciandola cadere. Inoltre, sia lui sia James Miller menzionano solo en passant, senza accordarle alcun peso, l’amicizia fra Wade e Foucault.
Per nostra fortuna, dopo alcuni incontri con la Dudas, è stato proprio Wade a riesumare vecchie lettere e foto che lo ritraevano in compagnia di Foucault, ridando così slancio all’autenticità del racconto. Sciolti i dubbi iniziali anche il lettore, ormai rassicurato, dopo la prefazione della Dundas può finalmente abbandonarsi alla complicità di una narrazione dove finzione e realtà si intrecciano e si sovrappongono.
Se il viaggio nel deserto rimane saldamente il fulcro del racconto, i momenti che lo precedono e lo seguono costituiscono un’interessante cornice che ci regala uno spaccato della società, del mondo accademico, e della controcultura dell’epoca. Come sintetizza sempre il commento sulla quarta di copertina: «Tra sedute di yoga, riflessioni sulla natura umana, confessioni e visioni, Foucault in California è romanzo on the road, dialogo filosofico e racconto di formazione queer. Un viaggio vertiginoso e stravagante, che dimostra come per giungere alla Verità si possono prendere le strade più varie. E talvolta allucinanti».

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