Nel libro Assassinio sul Nilo, ad esempio, il passaggio dove la Signora Allerton si lamenta di essere tormentata da un gruppo di bambini, dicendo che «continuano a tornare e fissare e fissare, ed i loro occhi sono semplicemente disgustosi così come i loro nasi, e non penso che i bambini mi piacciano per davvero», nella versione rieditata è stato accorciato nel modo seguente: «continuano a tornare e fissare e fissare. E non penso che i bambini mi piacciano per davvero». Nel romanzo Miss Marple ai Caraibi, invece, l’accenno della protagonista ai «graziosi denti bianchi» di un sorridente cameriere autoctono, è stato levato tout court. Ci sono certamente, alcuni dialoghi nei primi libri della Christie che hanno toni un po’ razzisti e contengono in particolare stereotipi antisemitici. Come nel giallo Il Pericolo Senza Nome del 1932, dove un personaggio ne descrive un altro, dicendo che «rotola nei soldi», per poi aggiungere «è ebreo naturalmente, ma un ebreo spaventosamente per bene». Analogamente, nel libro L’Assassinio di Roger Ackroyd del 1926, a proposito di un paio di creditori scozzesi che tampinano i loro debitori per riavere indietro il denaro, un personaggio afferma di sospettare «un ceppo ebraico fra i loro antenati». Purtroppo nella società inglese degli anni Venti e Trenta, era abbastanza comune negli ambienti della media borghesia, esprimere pregiudizi anti-semiti nella conversazione di ogni giorno.
Altri romanzi della Christie invece contengono altre forme di razzismo casuale come Carte in Tavola, thriller con protagonista il detective Poirot, dove un personaggio si vanta: «Non dimentico mai un volto, persino uno nero, a differenza della maggioranza delle persone». Ma i libri della celebre autrice inglese non sono che uno specchio dei tempi in cui era vissuta. E sono in molti pertanto a parlare senza mezzi termini di censura. A cominciare dal quotidiano britannico «Daily Telegraph», che – spezzando una lancia a favore della regina del giallo – ricorda come ogni opera letteraria rifletta l’epoca in cui è stata scritta: cultura, linguaggio, credenze, attitudini e anche pregiudizi. Alla fine, i romanzi di un tempo hanno anche un valore storico, perché raccontano il passato ed è per questo che non dovrebbero essere epurati di alcun elemento, anche se reputato offensivo dal lettore contemporaneo. Anche il creatore di James Bond, Ian Fleming ed il celebre autore per bambini, Roald Dahl, sono stati vittime negli ultimi mesi di rivisitazioni in chiave politicamente corretta. Oltre a termini ritenuti razzisti, sono stati rimossi da famosissimi libri di Dahl come Charlie e La Fabbrica di Cioccolato e Le Streghe, aggettivi considerati discriminatori come «grasso» e «brutto». Se la censura dell’autore per l’infanzia e la polemica che ne è seguita – che ha visto fra gli oppositori persino pesi massimi come Salman Rushdie e la moglie del re d’Inghilterra, Camilla – ha spinto la casa editrice Puffin a pubblicare due versioni dei libri di Dahl – una corretta e una classica – affidando ai lettori quale scegliere, HarperCollins che pubblica nel Regno Unito i romanzi della Christie, invece ha già modificato le nuove edizioni digitali dei gialli della scrittrice, senza remore. Mentre la Agatha Christie Limited, la società diretta dal pronipote dell’autrice James Prichard, che gestisce le licenze delle sue opere, si è trincerata dietro a un no comment.