L’«album» dei posacenere

by Claudia

Collezionismo – Oggetti di utilità che servono solo a ricordare

«Nel 1974 sono andata a Parigi a trovare mia zia che lavorava là. Ricordo che abbiamo mangiato in un ristorante cinese dove ho visto un bellissimo posacenere con le scritte in cinese. Allora non ho resistito e ho chiesto al proprietario di poterlo avere. Sa cosa mi ha risposto? Lo prenda pure, glielo regalo volentieri perché di solito me li rubano, i posacenere». Così è cominciata la collezione di Margherita Barbieri che, dettaglio non trascurabile, nella sua vita ha accumulato parecchi posacenere, senza peraltro aver mai fumato una sigaretta!
Il primo è ancora qui, e ce lo mostra orgogliosa mentre la sua mente ritorna a quei giorni parigini: «Vede? È bellissimo: è nero e piccolino (circa dieci centimetri per nove ndr), ma non ricordo più cosa significano le frasi in cinese». Però rammenta bene la storia, così come luoghi e persone che negli anni la portano a collezionare i più disparati posacenere che chiede di poter portare via da molti alberghi e ristoranti dove passa, talvolta per lavoro e altre volte per piacere.
«In realtà, il secondo l’ho proprio rubato in un ristorante dove il proprietario aveva rifiutato di regalarmelo». Ma subito aggiunge che di tutti quelli che ha ne ha «rubati» solo due: «Per tutti gli altri ho sempre chiesto il permesso!». Sono pezzi rigorosamente ottenuti negli hotel e nei ristoranti. «Quando abitavo a Lugano, portavo il pane ad alberghi e ristoranti e anche a loro chiedevo di poter avere un posacenere e di solito me lo regalavano».
Una passione alquanto singolare, proprio perché, ribadisce: «Non ho mai fumato nemmeno una sigaretta». Racconta, però, che andava in giro con la sigaretta nelle mani: «Per farmi vedere, con le amiche che fumavano. La confezione del mio pacchetto era bellissima, la tenevo semplicemente in mano e non ho mai fumato, facevo solo finta». Dai posacenere alle sigarette: anche qui i simpatici aneddoti risalenti agli anni Settanta non mancano: «Un giorno mia mamma mi ha sgridata tantissimo perché era convinta che io fumassi. E invece avevo comprato delle sigarette, ma erano di cioccolato! Non erano vere e le compravo con i soldi che trovavo al chiosco, frugando con le mani fra i giornali dove le persone perdevano delle monetine senza accorgersi».
Torniamo alla collezione originale e, dato che Margherita ha sempre e solo mangiato sigarette di cioccolato, siamo incuriositi sulla scelta di collezionare proprio questi oggetti che servono a raccoglierne la cenere. Oggetti di utilità specifica, quindi, che però, siccome alla proprietaria non servono per la loro ragion d’essere, sono stati trasformati da una parte in trofei e dall’altra in detonatori di ricordi: «Il fatto è che ci sono tanti alberghi e ristoranti che oggi non esistono nemmeno più: i loro posacenere che io ancora posseggo oggi mi ricordano i luoghi, le persone, gli aneddoti legati a quei momenti, a quella visita».
E proprio sull’onda dei ricordi, che si snocciolano fra Montecarlo (dove ha abitato a lungo), il Ticino e i luoghi da lei visitati, Margherita racconta: «Ricordo il proprietario di un ristorante, noto per essere molto cattivo, una persona perfida, che a me aveva comunque regalato un posacenere quando ha saputo che mi piacevano e li collezionavo. Ecco: oltre che i posti, questi oggetti mi ricordano anche le persone che vi ho incontrato e la loro storia».
Una collezione, dunque, che diventa come una sorta di «libro dei ricordi» originale: «Ogni volta mi dicevo che magari fra vent’anni quel ristorante non ci sarà più, ma io ne conserverò memoria con il suo posacenere. Ad esempio, a Montecarlo non c’è più La Maison d’Or, e questo (ndr indica un oggetto della collezione) viene da lì. A Parigi, la Brasserie Lowenbrau è ormai chiusa, eppure io ho uno dei suoi posaceneri. Stessa cosa con l’Hotel Adler di Lugano».
Margherita non ha reti di contatto, né scambia con altri collezionisti i suoi oggetti da collezione come spesso si usa fare: «Me li sono sempre procurati come vi ho detto, non ne ho mai comprati e non me ne hanno mai regalati, a parte uno che mi ha portato mia zia da un suo viaggio a Bruxelles». Dopo aver ascoltato il racconto del primo pezzo da collezione, indaghiamo su quello che le è più caro: «Questo dell’Hotel Eden di Lugano perché mi ricorda il direttore che mi trattava sempre molto bene quando andavo a consegnare il pane; una volta mi ha persino offerto il pranzo. Proprio una bella persona!».
Tra quelli originali cita il pezzo proveniente dall’Hotel Principe di Cuneo, in Italia, del quale racconta l’aneddoto: «Ero andata là per pranzo, e a un certo punto è entrata una VIP italiana (ndr di cui dice diplomaticamente di non ricordare il nome). L’ho riconosciuta e ho sentito che esigeva di essere servita prima di tutti dal cameriere che però le ha fatto presente che c’ero prima io, da servire. E allora ricordo di averla sentita dire la frase che mai si dovrebbe nemmeno pensare: “Lei non sa chi sono io!”. Ma il cameriere è venuto comunque a prendere prima la mia ordinazione». E il racconto non finisce qui: «Allora, io le ho detto: “Signora, anche lei non sa chi sono io: io vengo da Montecarlo!”. Era vero, perché a quel tempo io abitavo a Beausoleil, sopra Monaco». L’ultimo della collezione viene proprio da lì: «Lavoravo all’Hotel Saint-Jean Cap-Ferrat dove ho pure incontrato e salutato il cantante Lionel Ritchie. Come non avere un posacenere per ricordare questo incontro?».
Superfluo dire che altri pezzi sono legati agli incontri con Omar Sharif e con Danny Quinn al Forum Grimaldi. È così: questi posacenere che vediamo nella vetrina accanto al televisore, per Margherita sono proprio un vero album di ricordi.