A spasso con i canguri della Brianza

by Claudia

Arcipelago prealpino - Sul lago di Pusiano, l’Isola dei Cipressi è una minuscola oasi dove animali, piante e fiori sembrano far parte di un mondo incantato quasi fiabesco

Per chi è cresciuto fra le pagine di Astrid Lindgren, autrice di Pippi Calzelunghe, ma anche delle famose Vacanze all’isola dei gabbiani, approdare all’Isola dei Cipressi è un misto di sorpresa e déjà vu letterario infantile. L’isolino del Lago di Pusiano non si trova al nord della Svezia ma al nord della Brianza, non è popolata da gabbiani, ma da pavoni, fagiani, gru coronate e gru damigella, cicogne, scoiattoli, lepri, tartarughe e canguri, anzi wallaby. Liberi.
È un paradiso terrestre che si riflette negli occhi eccitati dei bambini che sbarcano dal battellino della Pro Loco di Bosisio Parini, comune unico detentore dei diritti di navigazione sul piccolo lago a cavallo tra la provincia di Como e quella di Lecco.
L’occasione è straordinaria, perché l’isola è privata. Il proprietario è Gerolamo Gavazzi, che si rifugia nella sua spartana residenza brianzola nei fine settimana, lasciando gli affari finanziari nella metropoli lombarda. L’isola è il suo pensiero felice fin da ragazzino, quando ci veniva a fare il Robinson Crusoe dell’Alta Brianza.
Il selvaggio parco giochi l’aveva scoperto per privilegio familiare da bambino, quando vi trascorreva le vacanze estive ospite della zia Piera, ultima abitante-comproprietaria dell’isola che si tramandava la famiglia Gavazzi-Dell’Orto dal 1877. Ci era tornato con la sua famiglia nel 1991 come inquilino, poi, alla morte della zia nel 1998, aveva ereditato il dieci percento della proprietà. In poco più di un decennio, il finanziere brianzolo è poi riuscito nell’impresa di liquidare l’intero parentado entrando in possesso della sua amata isola del tesoro. Un ambito traguardo sentimentale che Gerolamo Gavazzi ha festeggiato con la pubblicazione di un monumentale volume dedicato all’Isola, a Pusiano e al suo lago, che cela nelle pagine della sua storia non poche sorprese: dalle palafitte del Neolitico agli illustri villeggianti reali, dagli inattuati progetti di acquedotti e vie d’acqua per Milano ai primati della navigazione a vapore.
Sì, perché fu proprio nelle acque del più centrale della manciata di piccoli specchi d’acqua caratterizzanti la geografia pedemontana tra Como e Lecco, che nel 1882 venne varato il primo battello a vapore in Italia dando il via all’iniziativa per la costituzione della prima Società di navigazione sui laghi lombardi.
Oggi sulle medesime acque naviga solo il silenzioso battellino della Pro Loco di Bosisio Parini, a propulsione rigorosamente elettrica. E decine di canoe. Perché il lago di Pusiano, dopo anni di incuria, è rinato come paradiso dei vogatori, tutelato dal Parco regionale della Valle del Lambro e inserito nell’Ecomuseo del Distretto dei Monti e Laghi di Brianza: ospita infatti il Centro nazionale di canottaggio del CONI e due Club di kayak che contano complessivamente quasi un migliaio di iscritti.
I colori più famosi del piccolo lago prealpino li fissò sulla tela Giovanni Segantini, che durante il suo soggiorno in Brianza negli anni Ottanta dell’800 dipinse il meraviglioso Ave Maria a trasbordo: la barca ad arcioni che trasbordava le pecore da Pusiano a Bosisio, il paese che dal 1929 affianca al suo nome anche quello di Parini, in onore al poeta Giuseppe Parini, che sulle rive del lago nacque nel 1729. Il dipinto, che fa parte della collezione esposta al Museo Segantini di St. Moritz, è riprodotto nelle sue varianti sul lungolago e per le vie del centro di Pusiano, a ricordare i fasti ottocenteschi del privilegiato borgo lacustre.
Pusiano e il suo lago vissero infatti la loro età dell’oro tra fine ‘700 e inizio ‘800, quando si succedettero in villeggiatura le corti di tre viceré d’Italia, due asburgici (Ferdinando Carlo e Ranieri Giuseppe, arciduchi d’Austria) e Eugenio di Beauharnais, figliastro di Napoleone.
L’isola dei cipressi fu allora propaggine discreta del palazzo di Pusiano, riserva di caccia e, si narra, molto cara agli svaghi amorosi del Beauharnais.
L’ex bucolica alcova del Viceré oggi è il bioparco privato del signor Gavazzi, che apre regolarmente il suo regno a eventi culturali e visite guidate, soprattutto di famiglie e scolaresche. 290 metri di lunghezza per 95 di larghezza, l’isoletta si alza per 13 metri sul livello del lago con un micro altipiano coronato di cipressi. La residenza di campagna dei Gavazzi, un piccolo rustico in pietra e legno, si affaccia sul leggero declivio che volge a meridione. Dal giardino terrazzato avanza il proprietario (stile e cortesia anglosassoni), che si intrattiene con gli ospiti raccontando del centinaio di cipressi censiti da Leonardo Da Vinci sull’isola e accompagnando gli interessati al suo alveare didattico. Dal domestico mondo delle api la curiosità corre però subito all’esotismo dei piccoli canguri della Brianza: «I wallaby li avevo visti nella tenuta di un amico in Scozia. Se si erano ambientati a quelle latitudini avrebbero potuto trovarsi a loro agio anche nel nostro boschetto che scende verso la darsena. Così è stato».
In un’assolata domenica che profuma di mentuccia selvatica, Simone, figlio del proprietario, guida piccoli e grandi visitatori affascinati, che sciamano nei prati fioriti di margherite alla ricerca di animali da avvicinare. Pavoni e gru passeggiano fra le aiuole, mentre Andrea, figlio di Simone e nipote di Gerolamo, mostra ai più piccini dove trovare le tartarughe e le lepri. I wallaby saltellano nel bosco oscuro della riva settentrionale. Qualcosa si intravede, ma fissarli con l’obiettivo è quasi impossibile. Poi c’è lo stagno coperto di ninfee, con le rane e le libellule. E laggiù in fondo, oltre il canale-peschiera, l’ex pollaio ospita un micro-museo fotografico. Non pare possibile che poche centinaia di metri raccontino una storia così variata…
Simone guida il gruppo alla scoperta della casa-osservatorio sull’albero, mentre il giovanissimo Andrea, nella darsena, avvia il motorino elettrico del quatrass (la locale tipica barca da trasporto) per traghettare il nonno sulla vicinissima terraferma. Duecento metri per arrivare alla strada che condurrà il banchiere, in poco più di mezz’ora, ai suoi affari milanesi. La metropoli è incredibilmente vicina alla sua isola incantata.

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