Un poke fatto in Europa, resta un poke

by Claudia

Gastronomia - Dal Giappone alle Hawaii, per finire in tutto il mondo dove si rinnova di giorno in giorno, questa preparazione culinaria ha comunque delle regole da rispettare

Il poke (con l’accento sulla «o» e non sulla «e») è una proposta di origine hawaiana di successo, in tutto il mondo. Si può fare a casa senza problemi, si trova in molti ristoranti e spesso in ristoranti specializzati. Perché sia nato questo successo, è difficile capirlo: le mode culinarie arrivano a ondate e nessuno sa bene perché e percome ne arrivi una invece di un’altra.
Sicuramente, nella nascita del piatto, un forte contributo dovrebbero averlo dato i giapponesi emigrati in quelle isole, dato che in Giappone esiste un piatto simile che si chiama chirashi, che è una ciotola di riso bianco coperta di fettine di pesce e condita con salsa ponzu, un condimento a base di salsa di soia, vino dolce e brodo di pesce, meno intrusiva della salsa di soia in purezza. Arrivato però sia nelle Hawaii sia soprattutto negli Stai Uniti e poi in tutto il mondo, si è evoluto e alla grande, come succede per tutti i piatti che emigrano.
Conosciamolo meglio. Poke è una parola hawaiana che significa «tagliare a pezzi». Cosa si riduce a bocconcini? Per lo più pesce. In particolare il tonno e la lampuga ma anche salmone, sgombro e tutta la famiglia di pesci, molluschi e crostacei disponibili. Viene completato con frutta, verdure, legumi e salse di ogni genere, agrodolci, speziate o piccanti. Il riso, che oramai è considerato il naturale accompagnamento, nella preparazione originale non è indispensabile. Questo perché i poke sono serviti in genere come antipasti. Tanti piccoli piattini a base di pesce crudo o, più spesso, marinato come fossero tante tapas.
Quando assurge a piatto unico, si abbina a un farinaceo che nei ristorantini e take away è inserito per comodità alla base del piatto (che diventa ciotola a questo punto) ed è costituito da riso bianco. Al contrario, nelle tavole polinesiane il riso (bianco tondo, lungo, rosso o nero) è servito a parte e può essere sostituito da altri cereali (orzo, grano), tuberi al vapore (patate dolci e taro) o noodles.
Oltre al pesce, vi sono anche poke a base di carne, cruda, marinata o scottata. Manzo in gran parte, ma anche maiale e pollame (serviti ben cotti però).
Negli ultimi tempi si sono affacciate nel panorama culinario anche le versioni vegane o vegetariane in cui la parte proteica animale è sostituita da derivati della soia o ricavata dalle proteine del frumento. Alcuni poke sono molto tradizionali, altri più creativi, ma tutti sono di facile realizzazione.
Quindi in sintesi nella vostra ciotola di poke, se la fate, dovete avere sempre: un cereale (o patate o noodles), a voi la scelta: deve essere cotto ma tiepido, a temperatura ambiente, non freddo da frigorifero; una proteina principale (gamberetti, tonno, salmone, lampuga, polpo, ma anche pollo e manzo, oppure tofu, tempeh, eccetera); spesso una proteina secondaria (formaggio, legumi, uova, eccetera); frutta e verdura di accompagnamento (zenzero super canonico, alghe, ananas, mango, papaya, avocado, pomodorini, cipolle e cipollotti, carote, zucca, kimchi eccetera); spesso un ingrediente croccante per stimolare la masticazione (frutta secca, semi tostati, cipolla fritta eccetera); un condimento liquido e/o in polvere (marinate a base di salsa di soia e vino, salsa ponzu, al wasabi, al mais, teriyaki eccetera).
Ma vanno bene anche salse diciamo così meno «ortodosse», io uso spesso il relish, una salsa di cetrioli universale quanto lo è il ketchup.
Il risultato finale sarà una sinfonia irresistibile per il palato. Ed è un piatto unico, ovvero un piatto che contiene carboidrati, proteine, verdura e/o frutta.

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