Kenneth Grahame, Il drago riluttante, Lindau (Da 7 anni)
È un piccolo gioiello, questo racconto di Kenneth Grahame, che ha già tutta la grazia e la lieve malinconia del suo capolavoro, il romanzo Il vento tra i salici, il quale uscirà dieci anni dopo. Qui, nel Reluctant Dragon, che Grahame inserì nel suo volume di saggi sull’infanzia Dream Days, uscito nel 1898, i protagonisti non sono tutti animali, come tra i salici, dove Topo, Talpa, Tasso, Rospo e tutti gli altri vivono le loro incantevoli avventure, ma sono un trio eterogeneo di creature: un bambino, un santo, un drago. Un trio che nella folgorante immagine finale – «e così andarono verso le colline mano nella mano, il santo, il drago e il ragazzo» – ricorda persino quell’altro trio eterogeneo, biblico, dal libro di Tobia, capitolo 6: «Il giovane Tobia partì dunque insieme con l’angelo, e il cane andò dietro a loro». Tre dimensioni di innocenza – la fanciullezza, l’animalità, il divino – che si incamminano verso la speranza di un futuro migliore: nel caso di questo racconto, un futuro dove gli uomini riescano a liberarsi dai loro pregiudizi e dalla loro fame di combattimenti. «In ogni caso io non combatterò, e questo chiude la questione» afferma il drago, rivolgendosi a San Giorgio che, pur essendo un santo gentile, è ancora schiavo del ruolo che è chiamato a recitare: «Forse ho giudicato male questa bestia. Ma cosa possiamo fare? Da una parte c’è il drago e dall’altra io […] dovremmo essere assetati del sangue l’uno dell’altro. Non vedo una via d’uscita, francamente. Tu cosa suggerisci?».
Sarà ascoltandosi reciprocamente, e mettendosi in gioco, con la mediazione del ragazzino, che si potrà trovare una soluzione, la quale paradossalmente punterà proprio sulla fissità dei ruoli (santo contro drago), mettendoli letteralmente in scena, ossia inscenando un finto combattimento, in cui nessuno si farà male (come fosse il gioco del «facciamo che combattevamo») e che dimostrerà l’assurdità del conflitto contro un presunto «cattivo», che invece cattivo non è. Questo drago non è solo meravigliosamente riluttante a guerreggiare, ma è anche un drago poeta («c’è un sonettino a cui stavo lavorando proprio mentre sei arrivato tu…»), simpaticissimo, educato, di una cortesia impeccabilmente british: «Sono davvero molto lieto di averti incontrato» dice al ragazzo «e spero che anche gli altri vicini siano altrettanto piacevoli. Ieri sera qui c’era un anziano signore molto simpatico, ma sembrava che non volesse disturbarmi». L’anziano signore era il padre del ragazzo, che mentre portava le pecore al pascolo aveva intravisto il drago ed era fuggito a casa terrorizzato. Ma la paura viene subito stemperata dal figlio: «Non ti preoccupare, papà, non c’è niente da temere. È solo un drago» e dalla pacata lungimiranza della moglie: «Credo che abbia ragione, caro. Come ha detto, i draghi sono il suo forte». Un invito ad avere fiducia nella saggezza di chi, come i bambini, è più vicino all’Altrove.
Davina Bell, illustrazioni di Jenny Løvlie, Rombo di motori: amo i trattori, Il Castoro (Da 3 anni)
Non è il classico libro sui trattori (passione, come sappiamo, di molti piccoli lettori). O meglio: sì, parla di trattori, in tutte le loro sfaccettature, differenze e potenzialità, ma è anche un’umoristica e molto seria difesa del diritto dei bambini a leggere – o a farsi raccontare – sempre la stessa storia, sullo stesso argomento, ancora e ancora. Ed è anche una bella introduzione al mondo della biblioteca, anzi un invito ad andarci, in biblioteca, per poter scegliere quello che più piace (ai bambini, non agli adulti che li accompagnano), e se è l’ennesimo libro sui trattori va bene così, come Simone spiega energicamente alla sua esausta mamma, che prova, con zero successo, a proporgli magari di passare ai camion, agli aerei, alle autopompe, alle gru, persino alle betoniere… Niente da fare, Simone vuole proprio un libro ancora sui trattori.
I bambini hanno bisogno di tornare più e più volte su una stessa storia, su uno stesso argomento, su uno stesso cartone animato, per molti motivi, che hanno a che fare con l’elaborazione delle emozioni che quella storia ha suscitato, con la sedimentazione progressiva di contenuti, con la rassicurazione «contenitiva» di un evento che si ripete, come un rito. Insomma, come Simone riassume perentoriamente, nell’andamento ritmico del testo: «Per tanti, magnifici e gloriosi fattori… voglio questo libro. Tutto sui trattori».