Il silenzio verde

Per sedurre un uomo è necessario, fra l’altro, saper accordare il colore degli abiti che si indossano con quello della propria pelle. Lo dice Ovidio nel terzo libro dell’Ars amatoria, proponendosi alle lettrici come scanzonato praeceptor amoris. Non avesse avuto di meglio da fare (in primo luogo, scrivere i quindici libri delle meravigliose Metamorfosi), il grande poeta avrebbe potuto esercitare con profitto la professione di armocromista: vocabolo ignorato dalla maggior parte degli italiani (me compreso) fino allo scorso 25 aprile, giorno in cui si è commemorato il 78esimo anniversario della liberazione del Paese dal nazifascismo, e in cui «Vogue Italia» ha pubblicato un’intervista con la longilinea Elly Schlein, neosegretaria del Partito Democratico e antagonista della brevilinea Giorgia Meloni (che a quanto mi dicono veste Armani). Della lunga intervista, i commenti e i litigiosi dibattiti giornalistici che ne sono scaturiti hanno dato quasi esclusivamente risalto al brevissimo passaggio in cui Schlein dichiarava di essersi avvalsa, a scopo comunicativo, dei ben remunerati consigli di un armocromista: una figura di vecchia data, come si arguisce dai versi di Ovidio citati nel libro di Lauretta Colonnelli che s’intitola La vita segreta dei colori.
Scrive l’autrice nell’introduzione: «Ho voluto raccontare, in questo libro, la vita segreta e avventurosa dei colori». Perché «segreta»? Perché sono moltissime le nozioni, riguardanti la natura, la percezione e l’uso dei colori, che la più parte di noi ignora completamente o conosce solo in piccola parte. E perché «avventurosa»? Perché tutti i colori e le mezze tinte, con le loro innumerevoli sfumature, sono associabili a un numero non meno grande di «storie di passione, arte e desiderio», come recita il sottotitolo del libro. Di queste storie (che spesso sono più propriamente degli aneddoti), Lauretta Colonnelli ce ne racconta molte, e tutte risultano assai godibili, sia per la varietà dei personaggi (abbondano i pittori) e per la diversità dei tempi e dei luoghi in cui si svolgono, sia per la concisione e la nitidezza della scrittura. Di non minore nitidezza sono le pagine più «scientifiche», che con andamento quasi narrativo ci ragguagliano su argomenti quali la formazione naturale o artificiale, le vicende storico-culturali, il valore simbolico e l’uso estetico dei colori, o sulla rara incapacità di percepirli chiamata «acromatopsia» (particolarmente diffusa tra i nativi di una piccola isola del Pacifico, Pingelap), o sul fenomeno percettivo che in ambito psicologico si designa col temine «sinestesia» (associazione sincronica di sensazioni diverse dovuta alla stimolazione di un solo organo di senso. Si vedano ad esempio, in ambito letterario, il «silenzio verde» di un noto sonetto di Carducci, o il ben più famoso sonetto di Rimbaud, in cui le vocali A, E, I, U, O, vengono associate, nell’ordine, al nero, al bianco, al rosso, al verde, al blu).
Ne La vita segreta dei colori, chi fa la parte del leone è il rosso, a cui sono specificamente dedicati tre capitoli intitolati La superbia della porpora, La vanità del cremisi, Guerre scarlatte. Ma del rosso, e delle sue sfumature, si parla anche in vari passaggi di alcuni degli altri trentasei capitoli che compongono il libro. Senza volere in alcun modo confrontarsi coi saggi fondamentali di Michel Pastoureau, il libro di Lauretta Colonnelli sa essere particolarmente interessante per la ricchezza dei dati che fornisce, e di piacevolissima lettura per l’esattezza e il tono affabile dell’elocuzione. È un libro che si può leggere, come suggerisce la stessa Colonnelli, «saltando disordinatamente» da un capitolo o da un sottocapitolo all’altro (magari incuriositi da titoli come L’infelice destino del marrone, Scarpe gialle e stivaletti azzurri, Passioni tossiche, L’audacia delle strisce bicolori, Quando i colori presero a cantare), oppure ordinatamente «come un unico, lungo racconto».

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