Incontro Cecilia Pacini, presidente della Fondazione Villa romana delle Grotte creata nel 1994, in uno dei punti panoramici più suggestivi dell’Isola d’Elba; uno dei tanti che costellano l’arcipelago toscano. Ci troviamo sul promontorio al centro della rada di Portoferraio, dove nel I secolo a.C. un membro della famiglia dei Valerii decise di edificare una villa marittima sospesa tra cielo e mare, nella quale trascorrere momenti d’ozio con la famiglia. Fors’anche – pensano oggi gli archeologi dopo scavi recenti – per seguire da vicino le attività legate alla produzione agricola e soprattutto a quelle estrattive; l’isola era infatti fonte di materiali ferrosi sfruttati per secoli. Ma c’è di più.
La Villa, situata in una zona ricca di sorgenti, comprende spazi di rappresentanza, un’ampia piscina circondata da un colonnato, le terme, cisterne nonché altre strutture venute recentemente alla luce nelle adiacenze. È grazie alla donazione di una Fondazione tedesca e al lavoro dell’équipe guidata dal professor Franco Cambi dell’Università di Siena, che nel 2022 è stata scoperta una vasca di 35 metri, la quale fa supporre che non di una villa marittima si tratti, bensì di un luogo al quale accedevano le navi di passaggio per l’approvvigionamento di acqua potabile. Si sono anche ritrovati i resti di una villa rustica su due piani, con botti di cotto in fossa di grandi dimensioni e una sezione abitativa con mosaici simili a quelli delle ville palatine di Roma.
«I resti della villa principale – spiega Cecilia Pacini – erano in pericolo. Dopo le prime indagini degli anni Sessanta-Settanta del secolo scorso, il sito era rimasto incustodito. Tutti potevano accedervi per andare ad ammirare il paesaggio che si gode dalla collina. Così nel 2016, la Fondazione privata che presiedo ha preso in mano la situazione mettendo il sito in sicurezza e proponendo un percorso informativo tramite materiali didattici e attività di accompagnamento e svago. Abbiamo creato un polo culturale inserito nel sistema museale non solo dell’isola d’Elba (con i musei archeologici di Portoferraio, Marciana e Rio), ma dell’intero Parco nazionale dell’arcipelago toscano, ricco di testimonianze archeologiche e naturalistiche che ci ha collegato con una rete internazionale, come in occasione delle Giornate europee dell’archeologia». Un museo diffuso a cielo aperto denominato S.M.AR.T.
L’arcipelago toscano dunque, ora terra di conquista per vacanzieri alla ricerca di sole, mare cristallino, paesaggi incantati ed esperienze enogastronomiche. Sette isole che sono le sette perle della collana persa in mare da Afrodite ai tempi che furono: Elba, Capraia, Giannutri, Giglio, Gorgona, Montecristo e Pianosa; ognuna merita una visita, magari con l’accompagnamento di una guida specializzata, che la Fondazione mette a disposizione di singoli e gruppi; oppure facendo capo al materiale didattico reperibile su Internet e in forma cartacea, per crearsi un itinerario su misura e per assaporare al meglio le testimonianze sul posto e nei musei: dal Paleolitico al Neolitico, alla presenza di Fenici, Etruschi, Romani, corsari ottomani quale il celebre Dragut, Pisa (la fortezza del Volterraio), de’ Medici, Napoleone e prigionieri politici durante il ventennio fascista, come fu per il futuro Presidente della Repubblica Sandro Pertini, detenuto nella fortezza della Linguella.
Noi siamo ora sul poggio di fronte alla baia di Portoferraio in compagnia di Cecilia Pacini e con lo sguardo abbracciamo secoli di storia, racchiusi emblematicamente in un semicerchio. La Villa delle Grotte (anche se in effetti si tratta di manufatti in pietra su tre lati che sostengono l’area della costruzione) è la tappa centrale del nostro itinerario. È situata in una posizione strategica che domina il braccio di mare compreso tra il litorale di Piombino e Populonia sulla costa, e l’approdo di Portoferraio ritenuto da Orazio Nelson l’attracco più sicuro di tutto il Mediterraneo.
La capitale dell’Elba è insomma una specie di riassunto storico che sulle pagine possiamo tentare di percorrere idealmente e a grandi passi, seguendo le indicazioni della nostra guida, mentre ammiriamo la rada e sullo sfondo i colori di Portoferraio.
«Il primo capitolo dell’itinerario elbano è legato al leggendario passaggio degli Argonauti di Giasone che, navigando nel Tirreno alla ricerca del vello d’oro, fecero qui una sosta, come raccontato da alcuni autori antichi. Venendo alla storia documentata: ci sono tracce delle saline romane dove adesso vi è la spiaggia delle Ghiaie, e vicine le Granducali, e quelle ottocentesche al di là del promontorio. La parte antica verso est di Portoferraio fu sede di un insediamento che si trovava nella zona del Forte Stella, del faro e del museo» spiega ancora la presidente della Fondazione. «C’erano anche una villa e delle terme pubbliche a pro’ di chi frequentava il porto.
La zona fu completamente ristrutturata nel 1548 per l’intervento di Cosimo de’ Medici che fondò su quelle rovine la sua città ideale chiamata Cosmopoli, protetta da un formidabile sistema di fortificazioni ancora oggi perfettamente visibili. I suoi architetti gli scrivevano raccontando come avessero riutilizzato i materiali in opus reticolatum della romanità, trovati sul posto. Il centro urbano è dominato dal Forte Falcone mentre sul mare si trova la cosiddetta Porta a Terra che con le mura di cinta costituivano le difese medicee contro i pirati. Arriviamo a Napoleone che all’Elba ha avuto due residenze: la Villa di San Martino in campagna (da qui non visibile) e la Palazzina ai Mulini, situata sotto il forte, entrambe divenute musei con testimonianze napoleoniche. All’Imperatore si deve anche il Teatro dei Vigilanti creato nel 1814 al posto di una chiesa quando era in esilio, che avrebbe dovuto divertire l’inquieta sorella Paolina. Verso ovest una depressione: agli inizi del Novecento lì erano ancora situati gli altiforni per la lavorazione del ferro, mentre adesso invece attraccano i traghetti che trasportano ogni giorno migliaia di turisti».
Il cerchio ideale che lega il lontano passato con il presente si è così chiuso.