Come si leggono le immagini?

Immaginate di essere improvvisamente catapultati in un paese lontano, esotico, completamente diverso dal nostro. Non solo il suo alfabeto vi risulterà incomprensibile, formato com’è da strani segni, indecifrabili ai vostri occhi. La sua lingua lo sarà altrettanto, così come molteplici e cruciali aspetti culturali. L’organizzazione degli spazi; le modalità di relazione tra le persone; i cibi, i loro abbinamenti, il modo di prepararli e consumarli; suoni, simboli, dinamiche; usi e costumi, e altro ancora, vi risulteranno poco intellegibili.
Di certo, cercherete di leggere quel mondo attraverso gli occhiali della vostra esperienza, della vostra cultura, dando però luogo a interpretazioni parziali, spesso sfalsate, se non del tutto erronee, e comunque insufficienti per capire ciò che state vedendo. Ecco, questo è quanto quotidianamente ai più succede quando ci troviamo confrontati con la lettura di un’immagine. Quasi superfluo dire che nella nostra società – dell’immagine per antonomasia – tale esperienza si produce a ritmi serrati. In ogni dove, spazio pubblico o privato che sia, veniamo bombardati da immagini di ogni tipo, dalle più innocue alle più perniciose, sia fisse sia in movimento.
Ognuna di queste in modo più o meno esplicito prova a comunicarci qualcosa, e spesso pure a condizionare il nostro agire, i nostri modi di pensare: notevole è il potere che in esse si racchiude. Torniamo a noi e alla nostra quotidiana esperienza con le immagini. Dovessimo farlo, come la descriveremmo? Ciascuno di noi avrà una sua propria risposta, ma di sicuro, considerata la massa enorme d’immagini che ci passano davanti agli occhi, non potrà che risultare perlopiù d’ordine superficiale – uno sguardo distratto e via, magari senza quasi rendercene conto. Avranno, quelle immagini, qualche effetto su di noi? Indubbiamente sì, benché si tenderebbe a pensare il contrario. Anche se solo attraverso una fugace percezione, verranno registrate, elaborate e sedimentate in qualche parte della nostra psiche. Poche, in verità, saranno invece le immagini che cattureranno la nostra attenzione per qualche loro particolare caratteristica. I fattori che ci avranno indotti a soffermarci potranno essere d’ordine formale, contenutistico, oggettivi e soggettivi.
Ed è qui che torniamo allo spunto iniziale, del viaggio in paesi lontani d’indecifrabile cultura. Il come leggeremo quelle immagini, cosa ne trarremo, sarà condizionato dalla conoscenza che abbiamo della grammatica e della sintassi di quel linguaggio, dalla consuetudine e precisione con cui affrontiamo questo compito. In realtà, come dicevamo, pochi di noi sono dotati degli strumenti sufficienti per portare a buon fine, in modo esauriente, una tale operazione. E questo perché, paradossalmente, in una società impregnata d’immagini, della lettura di queste non si fa insegnamento, se non in ambiti molto ristretti e specialistici.
Com’è composta? Quali temi veicola? Che cosa accentua o tralascia? Quali sono gli aspetti metaforici e quali, quelli simbolici?
Confrontati a uno degli strumenti di comunicazione sociale tra i più diffusi e influenti – tale è la fotografia – ci troviamo in una posizione di quasi totale ignoranza, sprovvisti infatti, come siamo, del sapere analitico capace di portarci oltre la soglia di una spontanea, superficiale e perlopiù emotiva fruizione dell’immagine. Uno studio approfondito di questo linguaggio dovrebbe, a mio avviso, far parte della formazione culturale, ma anche politica e sociale, di ogni persona ai fini di una migliore comprensione della realtà che vive e, di conseguenza, affinché con questa riesca a interagire con maggiore consapevolezza ed efficacia.
Cosa significa leggere un’immagine? Significa distinguere in quali elementi si compone, identificare chi l’ha realizzata e per quale motivo, quali temi veicola, cosa accentua ed eventualmente cosa tralascia oppure nasconde, quali sono gli aspetti espliciti e quali quelli impliciti, metaforici, simbolici. Tutte queste dimensioni, tra loro correlate, partecipano di concerto alla costruzione del senso che ogni immagine porta con sé.
La lettura di un’immagine implica l’adozione di una metodologia capace di districare questi vari elementi e livelli che la costituiscono.
Naturalmente di metodi efficaci ce ne sono diversi – e ciascuno di noi, volendo, potrà svilupparne uno proprio. Quello che qui molto in breve e parzialmente descriverò lo traggo da un libro, chiaro e semplice, di Augusto Pieroni, Leggere la fotografia – Osservazione e analisi delle immagini fotografiche, (EDUP, Roma, 2009). Un’opera, tra l’altro, dotata di un’ottima bibliografia sull’argomento. L’autore suddivide l’analisi di una fotografia in tre grandi ambiti: dei Contesti, delle Forme e dei Contenuti.
Nei Contesti s’iscrivono tutti quei fattori che influenzano la realizzazione di un’immagine e, in un secondo tempo, la sua lettura: fattori d’ordine tecnologico, storico, culturale, economico, politico. Perché una certa foto è stata fatta, perché in un dato modo, con quali mezzi, quanto vi è di autoriale, quanto invece di committenza, quali le influenze storiche (culturali, ideologiche, di mode, di correnti, di altri autori), come s’inserisce quell’immagine nel percorso professionale o artistico del fotografo, se fa parte o meno di una serie, chi l’ha scelta, con quali finalità, in quale contesto di fruizione è posta. E questo, per limitarci ad alcune delle possibili domande da porci.
Quanto alle Forme: dalla definizione del soggetto, a come viene fotografato (punti di vista, tecniche, tipi di illuminazione, il modo d’inquadrare, l’ampiezza delle inquadrature, le scelte di messa a fuoco e di profondità di campo, la presenza o meno di più piani, se realizzata dal vivo – candid – o costruendo la scena – staged –, quali apparecchi e materiali fotografici sono stati utilizzati,…), da come viene trattato il materiale registrato (sviluppi, postproduzione, tagli, scelte cromatiche eccetera), fino alla messa in forma definitiva dell’immagine (dimensioni, tipo di supporto, modalità di visualizzazione – high key, low key, alto o basso contrasto… –, di allestimento e fruizione, con o senza titoli o didascalie e via elencando).
Infine, riguardo ai Contenuti, partiamo innanzitutto dall’evidenza di ciò che una foto ci presenta – i fatti!, ciò che ci vien dato a vedere – tenendo però presente che una foto non ha un senso di per sé, ma solo quando considerata in relazione al tempo e allo spazio (torniamo ai Contesti) in cui è stata realizzata, all’uso che ne viene fatto, ai significati che possono essersi aggiunti o modificati col passare del tempo. Oltre ai contenuti espliciti di un’immagine, vanno poi scovati e analizzati – quando presenti, come spesso è il caso – anche quelli impliciti, sottintesi, che ci suggeriscono significati solitamente più generali e di concetto.
Più che per soggetti, come classicamente viene fatto, Pieroni suggerisce inoltre di interpretare l’immagine anche attraverso griglie d’analisi costituite da coppie di fattori tematici, di pertinenza fotografica, in contrasto tra loro: durata o istante, ad esempio, racconto o classificazione, foto oggettivante o in soggettiva, per darvi alcuni sintetici esempi delle coppie descritte nel libro. A voi lettori, ora, l’eventuale approfondimento e la costruzione di vostre griglie di lettura.

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