Lasciare andare è sempre difficile

by Claudia

Speciale 90esimo - Oltre cinquant’anni di storia di Migros Ticino raccontati dai suoi dirigenti

Un pezzo di storia del commercio al dettaglio del nostro Cantone riunito intorno a un tavolo per rievocare un’esperienza che va nettamente al di là di un «semplice» rapporto professionale: Ulrico K. Hochstrasser, Lorenzo Emma e Mattia Keller hanno guidato Migros Ticino dal 1970 a oggi, e in occasione del 90esimo anniversario dell’azienda, si sono incontrati nell’ufficio della direzione della sede di Sant’Antonino per scambiare le proprie esperienze e confrontarsi sull’approccio alla funzione di direttore di Migros Ticino.
Ulrico K. Hochstrasser, figlio di quel Charles amico dei coniugi Adele e Gottlieb Duttweiler che nel 1933 fondò «Migros, Società Cooperativa tra Produttori e Consumatori Migros Ticino» (e in questo la Cooperativa ticinese fa da apripista, poiché tutte le altre succursali svizzere di Migros fino al 1941 sono società per azioni) ha guidato Migros Ticino dal 1970 al 2002. Gli è succeduto Lorenzo Emma, a capo dell’azienda dal 2002 al 2021, anno in cui ha lasciato il timone al direttore attualmente in carica, Mattia Keller.
Come dimostrano le 15 tesi redatte dai Duttweiler che costituiscono la bussola etica di Migros (v. «Azione» del 5 giugno 2023) e che Ulrico K. Hochstrasser ha bene in mente – tanto da conoscerle a memoria e portarsene appresso una copia in occasione della tavola rotonda – per i suoi direttori e i suoi collaboratori Migros Ticino rappresenta molto più di una semplice azienda, incarnando un’attitudine verso la professione che negli anni si è fatta tratto distintivo e imprescindibile.

Direttore Hochstrasser, direttore Emma e direttore Keller, cosa vi aspettavate dal vostro ruolo nel momento in cui siete entrati a far parte del mondo Migros?
UKH: Io ho goduto di un privilegio unico, poiché i miei genitori erano coinvolti nella Migros e frequentavano i coniugi Duttweiler, dunque conoscevo già bene l’azienda, per la quale lavoravo dal 1964. Ero entusiasta del concetto di capitale sociale, ossia di voler in primo luogo servire, piuttosto che fare soldi. Duttweiler questo concetto l’ha vissuto fino in fondo, infatti quando ha ceduto la Migros, non l’ha lasciata ai collaboratori, ai quadri, o ad altri, facendo ad esempio quello che si chiama un buy-out (operazione finanziaria in cui un’azienda viene acquisita dallo stesso management, Ndr), bensì al popolo, trasformandola in cooperativa. Forse varrebbe la pena di ricordare che il simbolo di Migros Ticino un tempo era il ponte, come quello che aveva permesso la collaborazione della Cooperativa tra Produttori e Consumatori Migros con il Mendrisiotto per la produzione di pomodori. Migros Ticino in fondo è stato una sorta di test che serviva a Duttweiler per capire se si potesse gestire questo tipo di business in forma di cooperativa. La prova fu superata brillantemente, e nel 1941 Duttweiler poté realizzare il suo sogno.
LE: Io provenivo da un’esperienza professionale che mi aveva visto cambiare tipologia di lavoro in media ogni due anni, ero uno che si annoiava in fretta. Quando ho scoperto che i primi due direttori erano stati in carica per trent’anni, ho sentito una certa apprensione. Eppure, alla fine sono arrivato anche io a farne venti, e sono volati! Avendo una formazione di ingegnere meccanico, qui mi sono ritrovato per la prima volta nell’ambito del commercio. Mi aspettavo di trovare un’azienda seria, solida, e con dei principi… e infatti è ciò che ho trovato, ma non ero molto sicuro di come si sarebbe svolto il lavoro vero e proprio, e non sapevo come mi avrebbero accolto i nuovi colleghi. Eppure, sebbene fosse evidente che non mi ponessi come un esperto del settore, sono stato accolto molto bene da subito, trovando un job che ho amato dal primo all’ultimo giorno. Per questo devo ringraziare UKH, che all’epoca mi convinse ad accettare la posizione.
MK: Pur non avendo il background di Ulrico, con il fatto che la mia famiglia aveva fornito fino al 2011 salumi e affini a Migros Ticino, sapevo di entrare in un’azienda affidabile, che mi aspettavo vicina al territorio, seppur integrata in un universo più grande. In fondo Migros è un’azienda molto regionale, ma parte di una rete vastissima, che è quella dell’universo Migros. Confermo ciò che ha affermato Lorenzo Emma riguardo all’accoglienza: è stata addirittura al di sopra delle mie aspettative. Sia da parte di colleghi di altre cooperative, sia dai collaboratori di Migros Ticino sono stato accolto a braccia aperte, e questa non è una cosa scontata.
UKH: D’altronde, quale altra azienda ti permette di unire nel ruolo di general manager conduzione, commercio, finanza, industria, logistica, cultura e giornalismo? Il direttore di Migros Ticino, non dimentichiamolo, è anche editore di «Azione», la testata nata 85 anni or sono.
LE: È vero, lo spettro delle attività è molto ampio: da una parte c’è un tipo di lavoro molto concreto, ad esempio assicurare la freschezza dei prodotti in filiale, dall’altra ci sono compiti nel consiglio di amministrazione della Federazione cooperative Migros (FCM) che implicano un lavoro di strategia di alto livello. È difficile trovare una simile varietà professionale in un’unica posizione. 

Una volta entrati in un’azienda sfaccettata come la Migros, cosa vi ha sorpreso maggiormente?
LE: Io provenivo dall’industria, e lì non ci si limita a vendere, ma occorre prima di tutto sviluppare il prodotto, poi produrlo, ecc. La mia visione del commercio al dettaglio era molto semplice, immaginavo bastasse comprare da A e rivendere a B. Scoprire la complessità del business è stata dunque una sorpresa: occorre individuare le esigenze dei clienti (che sono molte), gestire l’assortimento, i punti vendita, l’aspetto logistico, la gestione dei dati…
UKH: È vero, per me è sempre stato difficile se non impossibile spiegare tutti questi aspetti durante i colloqui di lavoro.
MK: Provenendo dal mondo delle farmacie, avevo già fatto esperienza nel commercio al dettaglio, eppure qui sono rimasto stupito per la grande ricchezza professionale presente in azienda. Ho scoperto che oltre a ciò che facciamo nei supermercati, abbiamo tra le nostre fila anche uno specialista per il trasporto sostenibile a idrogeno, uno specialista per lo smaltimento dei rifiuti, uno specialista per l’energia, e così via. Un’altra cosa che non mi aspettavo è la devozione del personale anche fra chi è al servizio di Migros Ticino da molti anni. Avevo sempre pensato che gli impieghi a lungo termine portassero a un inevitabile «rilassamento» da parte del collaboratore, a una sorta di assuefazione, e invece quando mi reco nei supermercati incontro persone impiegate in azienda da decenni che ancora oggi affrontano la giornata con entusiasmo e con un grande fuoco interiore. Grazie ai Nostrani del Ticino ho poi scoperto anche un grande attaccamento al territorio: il personale tiene molto a questa gamma di prodotti.
UKH: L’attaccamento al territorio è veramente un punto essenziale che si ricongiunge con quanto detto prima. Io ho sempre lottato per l’economia del Ticino, favorendo gli acquisti in Ticino. D’altronde Migros ha sempre dimostrato molta sensibilità in tanti ambiti, pensiamo all’introduzione della dichiarazione della provenienza della merce o alla vendita dei primi prodotti biologici: la nostra azienda ha sempre fatto da precorritrice. Forse abbiamo sempre peccato un po’ di troppa modestia, dimenticando di valorizzare ciò che grazie a noi ha fatto scuola
MK: Io probabilmente avevo sottovalutato un aspetto, che è quello della complessità del mondo federalista Migros. Anche se tu Lorenzo mi avevi avvertito che non sarebbe stato facile, è ancora più difficile di quel che pensavo.
UKH: È un’organizzazione estremamente complessa, poiché a oggi la FCM appartiene alle cooperative, che a loro volta appartengono ai soci. Eppure, c’è ancora gente che pensa a una direzione generale. 

Quali sono i valori aziendali in cui riuscite a identificarvi, o che vi hanno maggiormente ispirato?
UKH: Mi sono portato le 15 tesi dei coniugi Duttweiler del 1950, poiché credo che siano proprio certi valori a fare la differenza tra Migros e altri rivenditori al dettaglio presenti sul territorio, o in prossimità della frontiera. Vale la pena di ricordare che le 15 tesi non rappresentano uno statuto in forma scritta, bensì un vissuto, ossia le basi stesse dello spirito Migros, quello che io chiamo il «virus Migros». A mio avviso sarebbe utile che lo leggessero anche nel mondo della finanza, soprattutto certi banchieri.
LE: Oltre alla serietà professionale di Migros, ho trovato un grande senso di responsabilità: verso il socio proprietario, come un po’ in tutte le aziende, ma anche verso i collaboratori, i fornitori, i partner e, non da ultimo, lo stesso territorio. Credo che ad avermi colpito maggiormente sia stato proprio questo senso di responsabilità che porta a cercare un equilibrio degli interessi e un impatto positivo a tutte le parti in causa. Alla Migros si è sempre agito in modo sostenibile, già prima che questo concetto diventasse alla moda, e in modo concreto e pragmatico, come quando si è deciso di limitare la vendita del pesce solamente a certe specie, per preservarne altre, sebbene ciò significasse tagliare fuori una fetta di cifra d’affari e di clientela.
MK: In fondo anche la decisione di rinunciare alla vendita di alcolici – sia in passato, sia recentemente, quando il tema è stato proposto ai soci ed è stato votato – è stata presa per il bene comune. L’espressione che a mio avviso riassume meglio il valore Migros in cui mi identifico è «siamo vicini»: significa che cerchiamo di fare del bene e ci occupiamo del territorio, ma vicino a me ci sono anche il cliente, il collaboratore, ecc. Forse a me, più che un valore, piace particolarmente un simbolo, che è quello del già citato ponte. Il ponte permette di fare ciò che oggi chiamiamo «rete», poiché crea collegamenti e scambi. 

Quali sono state le sfide più importanti dei vostri mandati, magari anche legate a situazioni e momenti di bassa congiuntura?
UKH: Ammetto di essere partito privilegiato a causa della tradizione di famiglia, eppure all’inizio, dopo che tutti avevano applaudito mio padre, non è stato facile. Ci ho messo un po’ fino a quando ho potuto dimostrare chi fossi, ho dovuto stringere i denti.
LE: Io ho vissuto tre fasi all’interno dell’azienda. Quella tra il 2002 e il 2009 è stata la più facile e tranquilla: la sfida era rappresentata da crescita, espansione e nuove aperture; era difficile stare al passo con tutto. Tra il 2009 al 2019, con l’apprezzamento del franco svizzero (turismo degli acquisti), l’arrivo della concorrenza con numerosi nuovi punti vendita e l’avvento dell’online, le cose si sono fatte più difficili e si è dovuto concentrare l’attenzione sullo sviluppo dell’efficienza aziendale. Tra il 2020 e 2021 c’è stata la crisi pandemica, e lì la sfida è stata quella di adattare la rete di vendita e l’organizzazione a continui cambiamenti rapidi e imprevedibili. Purtroppo, in quel periodo abbiamo dovuto trascurare alcuni aspetti, come ad esempio quello delle ristrutturazioni.
MK: La più grande sfida del presente è legata al territorio in cui operiamo. Il quadro odierno, a causa dell’inflazione, della guerra, della digitalizzazione e della concorrenza è particolarmente impegnativo. L’inflazione, infatti porta ad aumento dei prezzi, la guerra a difficoltà di approvvigionamento e costi supplementari, la digitalizzazione a una concorrenza ancora più agguerrita laddove siamo già confrontati con quella presente sul territorio. In futuro dovremo rafforzarci in un contesto più competitivo, infatti il Ticino ha la più alta densità di commerci al dettaglio della Svizzera, senza contare la vicina Italia. Occorre rinnovare la rete di vendita, adattandola ai nuovi bisogni del cliente. Le abitudini sono cambiate, ora molte persone lavorano in home office e non fanno più la spesa grande del sabato, ma preferiscono spalmarla su tutta la settimana. Dovremo di conseguenza ridurre alcune superfici di vendita, oggi ormai troppo grandi e aprire nuove filiali di prossimità. Da ultimo, vi è anche un altro aspetto che ci differenzia dal resto della Svizzera: il Ticino è l’unico Cantone della Svizzera che non cresce a livello demografico.
UKH: Forse dovremmo citare un altro cambiamento radicale per rapporto al mio periodo: ai miei tempi c’erano molte famiglie numerose, mentre oggi viviamo in un mondo di single, un cambiamento importante se tradotto sul commercio al dettaglio.
LE: Le cose sono cambiate profondamente, oggi è quasi incredibile immaginare che negli anni ’70 vi fossero delle discussioni per limitare la crescita aziendale…
UKH: È vero, a livello nazionale c’era l’idea di limitare la crescita al 2%! Ci sono stati addirittura dei momenti in cui Migros Ticino era fra i primi del Paese a livello di cifre – parlo di percentuali, non possiamo ovviamente confrontare i volumi di vendita di Zurigo o di Berna con quelli del Ticino. A mio avviso oggi Migros è quasi troppo grande per limitarsi al solo mercato svizzero. Credo però che andare all’estero non significhi farlo partendo dalla Svizzera, cioè quasi esportando la Migros, quanto piuttosto andare in Italia e importarla da lì. 

Cosa rende Migros un’azienda unica dal vostro punto di vista?
MK: Per me non ce n’è un’altra così, non è paragonabile a nulla.
LE: Io vorrei sottolineare la «svizzeritudine» della Migros: ho cercato più volte di spiegarla ad amici stranieri, ma è molto difficile. Per noi svizzeri, che viviamo in un sistema federalista, è più facile capirne la struttura. L’organizzazione decentralizzata, infatti, in qualche modo ricalca il modello federale, e spero che questa dimensione non vada persa con il tempo.
UKH: Ho provato a spiegare il funzionamento della Migros ai miei amici americani, ma mi hanno sempre risposto «That’s impossible»! Per me Migros è unica per il suo aspetto morale e culturale, rispettivamente il concetto del capitale a scopo sociale, ovvero il concetto di servizio al di sopra della ricerca dell’utile. Con questo non voglio dire che non debbano esserci degli utili, ma noi come cooperativa siamo legati all’autofinanziamento, e non possiamo semplicemente farci finanziare da terzi, come una SA. Sono fermamente convinto che la parte morale, strutturale, e via dicendo vada salvaguardata, ma i tempi evolvono e occorre fare attenzione a non diventare semplicemente dei tradizionalisti. Oggi ci sono dieci cooperative, e in fondo tra di loro vi è anche una concorrenza che reputerei sana, perché può tramutarsi in spinta a fare meglio. 

Qual è stato il vostro primo pensiero al mattino quando vi svegliavate, oppure quando entravate in ufficio? E qual è il suo, Mattia Keller?
UKH: Io venivo a lavorare con immenso piacere, perché mi divertivo. La prima cosa era essere fedeli alla «missione Migros», riassumibile con tre principi – che devono essere tutti e tre presenti contemporaneamente, seppur onorati per priorità ¬–: primo, pensare al cliente, dunque al servizio; secondo, pensare ai collaboratori, alla necessità di permettere loro uno sviluppo – occorre esigere e valorizzare; terzo, pensare alla solidità finanziaria. Senza solidità finanziaria non si può sostenere il collaboratore, e se questi non fa le cose con piacere – commercio «al dettaglio» significa anche occuparsi del dettaglio con piacere – non può dare soddisfazione al cliente. Erano questi i miei pensieri quando mi recavo al lavoro, e questa filosofia mi ha segnato anche su tutto il resto che ho avuto il piacere di fare nella mia vita.
LE: La sera io mi preparavo già per il giorno dopo e quelli seguenti. La mattina presto ricevevo un’e-mail con la cifra d’affari di Migros Ticino del giorno prima. Era la prima cosa che leggevo, ancora a letto, sullo smartphone, e quando sono andato in pensione ci ho messo due settimane a staccarmi da quest’abitudine… Quando arrivavo in ufficio, avevo già in mente tutto quello che dovevo fare, era già tutto pianificato.
UKH: Ai miei tempi non c’era l’SMS ma c’era la signora Wütrich, che appena raccolte tutte le cifre arrivava in ufficio per comunicarmele. Per noi la cifra d’affari non era semplicemente composta da franchi e centesimi, ma rappresentava l’espressione della nostra attività.
MK: Io non vengo in ufficio tutti i giorni, sia perché lavoro un giorno alla settimana in home office, sia perché dedico – quando possibile – una giornata alle visite nelle filiali. Comunque, anche io ogni mattina per prima cosa leggo la cifra d’affari. Al momento sono molto concentrato sull’attuazione della strategia, quindi il pensiero corre subito a quanto in programma per la giornata, a quello che abbiamo previsto nell’ambito delle misure definite. 

Una domanda ai due pensionati, cosa vi è rimasto dentro e cosa vi manca del mondo Migros?
UKH: Oggi il mondo è cambiato, è evoluto, e non solo in meglio. Il cambiamento comunque va accettato, non si può tornare indietro. Bisogna però mantenere intatto lo spirito Migros, che a mio avviso oggi ogni tanto viene parzialmente un po’ a mancare… manca un po’ quello che chiamo «il virus»! Rischiamo infatti di andare nella stessa direzione di tutti gli altri rivenditori presenti nel nostro Paese. La vera cultura Migros andrebbe ripresa in mano. Il mio è un augurio più che un dispiacere.
LE: Ho lavorato in azienda con grande passione e impegno per 19 anni, dal primo all’ultimo giorno di impiego, e poi ho smesso di colpo. All’inizio mi sono sentito un po’ come un bambino quando gli togli il giocattolo preferito. Nel frattempo, ormai è trascorso un anno e mezzo, ho trovato nuove attività e nuovi impegni, e quindi ho voltato pagina. Mi piace avere dei contatti con gli ex colleghi, e questo è uno dei motivi per cui faccio la spesa alla Migros molto volentieri. È un ambiente nel quale mi piace ritornare. Seguo poi tutto quanto accade nel Mondo Migros informandomi sul web.
UKH: Io sono grato per tutto quello che ho vissuto alla Migros, momenti difficili compresi, perché mi hanno permesso un certo sviluppo. Le difficoltà, infatti, possono portare anche delle opportunità. Sfido chiunque abbia avuto una posizione come la nostra a lasciare andare con facilità. Dalla Migros si parte per raggiunti limiti di età, il regolamento infatti parla chiaro: a una certa età si deve lasciare l’azienda.
LE: Io avrei prolungato un po’ il mio periodo di attività, se fosse stato possibile. Nonostante l’impegno che richiede, questo è un lavoro molto appassionante e io mi sono, per così dire, divertito tanto… La Migros non la molli, te la devono strappare di mano!
UKH: Io ho cominciato a cercare il mio successore già tre anni prima. Quando si è quasi in 100.000, come alla Migros, ci sono dei regolamenti precisi, ed è importante gestire bene il personale. A un certo punto però devi essere pronto ad andare (Migros impone il pensionamento generale, indipendentemente dalla posizione, a 64 anni, Ndr). O hai delle regole del gioco che valgono per tutti, o non le hai. In fondo ho avuto quarant’anni di tempo per prepararmi al pensionamento!
MK: Una delle missioni più importanti di un manager è comunque quella di garantire la continuità, e non solo dell’impianto di produzione, ma anche delle persone che quell’impianto lo fanno funzionare. 

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