Per gestire gli ordini bisogna avere la testa su un «transpallet»

by Claudia

Reportage  -  Quarta e ultima puntata del nostro viaggio all’interno della filiera del cioccolato, che ci porta laddove viene gestito e smistato il dolce tanto amato anche fuori dal confine elvetico

Una volta tornati da Lucerna (v. «Azione 10 luglio 2023), ci aspetta un’ultima avventura, non più tra le coltivazioni di Cacao della Costa d’Avorio (v. «Azione» del 3 aprile 2023), né tantomeno in uno zuccherificio elvetico (v. «Azione» 15 maggio 2023). In questo percorso ci attende, a Suhr nel Canton Argovia, un enorme centro logistico delle aziende di distribuzione delle Migros, il quale accoglie l’intero assortimento Food, che viene poi smistato per la consegna alle oltre settecento filiali.
Conosceremo quindi il percorso finale delle tavolette di cioccolato Côte d’Ivoire dall’interno dei magazzini, fino all’esposizione sugli scaffali.
Quando l’organizzazione è tutto
Sei alla cassa della tua Migros e lo scanner fa un «bip!», Cosa significa? Due cose: la prima è che il prezzo dell’articolo viene aggiunto al tuo conto, e la seconda che la cassa segnala al sistema della filiale che c’è un articolo in meno. La sera il sistema crea un elenco di tutti gli articoli mancanti e li trasmette alle aziende di distribuzione della Migros. Una di esse si trova per l’appunto a Suhr, nel canton Argovia.
Ogni giorno arrivano qui da tutte le direzioni tonnellate di prodotti secchi freschi e bibite, circa la metà su rotaia, il resto su gomma. Se i produttori non mandassero i loro articoli qui ma direttamente alle settecento filiali Migros, ogni mattina si creerebbe un infinito ingorgo di camion, e ne verrebbe scaricata solo una piccola parte. I camion Migros vengono così mandati prima a Suhr e, di lì, verso le singole filiali, solo con il rifornimento preciso che esse hanno ordinato.
Nel caso del cioccolato Frey, il viaggio dalla fabbrica è molto breve perché questa si trova nel villaggio di Buchs. La locomotiva di manovra elettrica di tipo Alstom H3 deve fare sì e no una curva per portare il convoglio nell’enorme padiglione ferroviario di Suhr. Le europalette vi vengono scaricate con un grande carrello elevatore, munito di forche così lunghe che di palette può sollevarne due.
«Per prima cosa controlliamo la merce e la spariamo», spiega l’addetta alla logistica Melanie Perren, accanto alla quale ora si impilano le palette. Come sarebbe «la spariamo»? Perren ride: «Vuol dire che scansioniamo i codici a barre sulle etichette». Su di esse si può leggere quante scatole ci sono sulla paletta. Tutto torna: 9 strati con 48 scatole, in ciascuna delle quali ci sono 20 tavolette di cioccolato. Alla guida di un transpallet giallo, Perren curva decisa – la bionda coda di cavallo che ondeggia allegramente avanti e indietro – fino a raggiungere l’impianto di movimentazione sul quale poggia la paletta. Tramite spesse catene a maglia l’impianto sposta la merce indietro di qualche metro, dove viene poi spinta su un’altra catena a nastro, un po’ come al check-in di un aeroporto. «Ora la paletta va automaticamente in uno dei nostri magazzini con scaffalature a grandi altezze. Lì di palette simili ce ne stanno 22mila».
Volteggiando sui trasloelevatori
Nel capannone, alto 30 metri, ci sono tre trasloelevatori – macchinari per metà ascensori e per metà carrelli elevatori – che sollevano dai convogliatori a catena le palette in entrata per sistemarle, con un sonoro sibilo, da qualche parte lassù in alto negli sterminati scaffali. «È un deposito caotico – dice Djellza Saciri, una collega di Melanie Perren – il sistema usa il primo spazio utile in base alle dimensioni della paletta». Gli imponenti macchinari stoccano e smistano merci non solo in entrata ma anche in uscita: ogni volta che una filiale ordina qualcosa, la paletta corrispondente viene prelevata dal magazzino e portata alla depallettizzazione, dove una macchina chiamata «Layer Picker» fa esattamente ciò che promette il suo nome: preleva (o sovrappone) uno strato della paletta dopo l’altro.
Il dolce e lungo nastro
Le scatole e i contenitori con cioccolato, biscotti e tè freddo finiscono poi uno a uno sui nastri e dopo pochi metri vengono «sposati» su un tray, un vassoio provvisto di codice a barre. «Così il sistema sa cosa c’è sul tray», spiega Djellza Saciri. Dato però che a volte su una paletta finiscono più articoli di quanti ne servano, c’è un ulteriore magazzino dove i tray sono messi temporaneamente da parte. Anche qui, dei robot per scaffalature sono continuamente impegnati a infilare e sfilare merce.
Dopo lunghi e tortuosi percorsi, i singoli articoli dell’ordine si ritrovano su una nuova paletta, dove sono impilati con razionalità: come avviene con la borsa della spesa, sotto vanno le cose pesanti e sopra quelle leggere, e anche questo viene effettuato automaticamente. Il computer conosce infatti tutte le dimensioni e tutti i pesi. Tuttavia resta ancora molto da fare per gli operatori e le operatrici umane.
«Il nostro compito consiste soprattutto nell’eliminare i problemi», ride timidamente Melanie Perren. «Io però sono anche responsabile di dieci apprendisti nella logistica: ed è ciò che più mi piace del mio lavoro».
Il sistema, a questo punto, avrà creato una paletta commissionata al meglio, l’avvolge quindi nella pellicola retrattile e la movimenta fino al punto di carico n. 28, dove già l’attende un camion vuoto. Negli ultimi quindici metri torna a operare un essere umano per portare col muletto la paletta sul rimorchio: il motore del camion Iveco si accende e inizia uno dei centocinquanta giri di consegne della giornata: si va a Lucerna, nella filiale Schweizerhof.
Fascino svizzero
Dopo un lungo viaggio, il cioccolato arriva sugli scaffali della Migros, e non in un posto qualunque, ma in una mecca del turismo: Lucerna.
Per mare, via terra e su rotaia: il cioccolato ha un lungo viaggio alle spalle. Ora le tavolette sono sugli scaffali della filiale Schweizerhof di Lucerna. Gli scaffali si estendono per sette metri e contengono circa centocinquanta prodotti differenti, ma «Côte d’Ivoire Coopérative Necaayo» spicca immediatamente con il suo design artistico. «Non ne vendiamo ancora tantissimo», dice Sandrina Schurtenberger, caporeparto Pane e convenience, «la linea è nuovissima, l’abbiamo in assortimento solo dall’ottobre scorso».
Turismo del cioccolato
Ciò significa che Schurtenberger e il suo team non devono ancora rifornire lo scomparto corrispondente ogni mattina, al contrario di quanto avviene con i bestseller, che richiedono riapprovvigionamenti ogni giorno. Specialmente verso sera, quando gruppi di turisti inglesi e asiatici visitano la filiale. «Le guide turistiche indossano cuffie e microfono e spiegano così al proprio gruppo che qui troverà il famoso cioccolato svizzero. E questo basta per fare scatenare il gruppo: non si riesce più a passare», racconta Schurtenberger divertita. In alta stagione, sul posto c’è persino del personale che parla cinese.
«Il mio preferito è il Noxana Crèmant, ma sono tutti fantastici!», afferma Schurtenberger, esponendo le tavolette che più le piacciono.
Di sotto, nel magazzino c’è il dietro le quinte del cioccolato. Qui non viene presentato elegante e scintillante sotto le luci della ribalta ma è… già, dov’è? Sandrina Schurtenberger indica varie pile di contenitori pieghevoli. In uno di essi ci sono le tavolette, in scatole bianche da venti pezzi, così come le ha portate la mattina presto il camion dall’azienda di distribuzione Suhr SA, dopo che la sera prima la filiale le aveva trasmesso il proprio ordine.
Schurtenberger prende una confezione con la varietà «Chocolat au lait» di «Côte d’Ivoire» per disporne il contenuto sullo scaffale, e per prepararsi al prossimo assalto dei turisti, che letteralmente si abbatteranno sulla filiale.
«Se non rimettessimo continuamente in ordine le tavolette, qui sembrerebbe come dopo una festa di compleanno dei bambini», ride Schurtenberger.

Una piccola quotaper un grande futuro
A Schweizerhof una tavoletta «Côte d’Ivoire» costa come in qualunque altra filiale, ovvero 2.45 franchi, 50 centesimi dei quali vanno direttamente alle coltivatrici e ai coltivatori della cooperativa Necaayo in Costa d’Avorio. Questa quota si aggiunge ai premi già esistenti che la Migros eroga per la certificazione.
Con queste risorse, in loco sono già state costruite varie opere idrauliche e un ambulatorio che consente a 2500 persone di avere accesso a un’assistenza medica di base. E nel 2018 è sorta una scuola primaria per 150 bambine e bambini, che permetterà così di mettere a frutto in modo ottimale ulteriori risorse.
Uniti per un’unica causa
«Côte d’Ivoire»  ◆  Grazie a ogni tavolettadi cioccolato acquistata è possibilecontribuire alla costruzione di infrastrutture scolastiche e al finanziamento del materiale didattico necessario
Abbiamo posto alcune domande a Martin Lobsiger (nella foto), responsabile del settore «Sostenibilità» all’affiliata Migros Delica riguardante il sostegno alla lotta nei confronti del lavoro minorile. Un problema tuttora presente nelle coltivazioni di cacao: «Come un tempo, ancora molto, ma nell’area coperta dalla cooperativa Necaayo il fenomeno è meno pronunciato» ci spiega Lobsiger, secondo il quale i coltivatori si aiutano l’un l’altro nel raccolto, un valore che rafforza il controllo sociale, grazie anche a una presenza ridotta di lavoratori stranieri salariati. Categoria quest’ultima, nella quale il rischio di lavoro minorile è più alto.
Contrastare questo fenomeno è possibile, e lo è «costruendo scuole e infrastrutture migliori ma anche retribuendo meglio e sensibilizzando i coltivatori. Finanziamo kit scolastici e versiamo un premio di importo superiore alla media per il cacao certificato».
L’efficacia non è immediatamente misurabile rispetto alle risorse investite, afferma Lobsiger, negli anni precedenti ci sono stati casi isolati di lavoro minorile, e sono stati identificati; «abbiamo però l’impressione che si stia facendo un buon uso della scuola, ci vanno più bambini e il sistema nel complesso funziona un po’ meglio». La collaborazione con le autorità è però importante al fine di «ottenere progressi stabili e duraturi», poiché sono gli stessi enti che si occupano propriamente della disposizione delle infrastrutture. Bisogna purtroppo sottolineare che lo Stato manifesta «eclatanti mancanze».
Ogni anno Migros contribuisce a sostenere la causa grazie a dei premi, i quali vengono utilizzati con uno scopo specifico, infatti ci racconta Lobsiger: «Per le 1500 tonnellate di semi di cacao certificati Rainforest Alliance che compriamo ogni anno dalla cooperativa Necaayo versiamo in totale più di 250mila franchi. La metà viene erogata in contanti direttamente ai coltivatori, con il resto si supportano progetti a sostegno del bene comune dei coltivatori di cacao e delle loro famiglie».
Infine, grazie ai centesimi che vengono raccolti dalle donazioni, vi è un piano ben preciso: «Per ogni tavoletta di cioccolato Côte d’Ivoire venduta versiamo altri 50 centesimi. Intendiamo così continuare a farci carico dei costi dei kit scolastici per tutti i figli dei coltivatori di cacao. È un grosso alleggerimento delle loro spese che incoraggerà altre famiglie a mandare a scuola i propri figli».
Dall’interessante intervista emerge chiaramente quanto la Costa d’Avorio e la sua gente non conoscano la parola «arrendersi», e come non smettano di sognare un futuro migliore per loro stessi e per le prossime generazioni, un futuro reso possibile grazie anche al costante contributo dell’associazione Necayoo.

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