Il contributo della cultura all’economia

Non tutte le attività umane sono attività economiche. Per esserlo devono, nel contesto dell’economia tradizionale, avere un prezzo ed essere negoziate su un mercato. Le attività religiose, per esempio, non vengono considerate come attività economiche. E non sono economiche molte altre attività che non perseguono fini di lucro. Questo non significa che non abbiano nessun valore. Pensate al valore aggiunto che, in una nazione ricca come la Svizzera creano le associazioni benefiche. Esse raccolgono, ogni anno, centinaia di milioni per destinarli a fini, sicuramente non di lucro, e, contemporaneamente, devono spendere sino a un terzo di quanto raccolto per coprire le loro spese, ossia gli stipendi dei loro dipendenti e gli altri costi.

E la cultura? Intendiamoci: quando il vostro vicino vi invita a seguire il concerto della sua corale, avvisandovi che, all’uscita, si aspetta da voi un modesto obolo, non state per essere implicati in un’attività di tipo economico. Tuttavia con il vostro obolo sosterrete l’attività della corale che ha scopi ideali: diffondere la musica e il canto e offrire un interessante passatempo ai suoi membri. Quando poi venite a sapere che in Svizzera ci sono più di 600 gruppi che praticano lo jodel con più di 40’000 membri, comincerete forse a dare al canto corale un altro peso. Tutti coloro che hanno avuto modo di seguire, a Bellinzona, la festa federale della musica popolare si saranno accorti che questa manifestazione è stata non solo un grande avvenimento culturale, ma anche un evento che ha creato un notevole valore aggiunto per l’economia della capitale. Ma continuerà a essere un’attività che non si vende su nessun mercato e raramente deve affrontare la concorrenza.

Confrontato con queste difficoltà, il nostro Ufficio federale di statistica è uscito dall’inghippo creando una statistica dell’«economia culturale» che quantifica l’apporto delle attività culturali all’economia nazionale, sintetizzandolo in tre indicatori: il numero delle aziende, il numero delle persone occupate e la percentuale di prodotto interno lordo da loro generate. Nel 2020, ultimo anno per il quale i tre indicatori sono stati rilevati, il suddetto settore era formato da 63’000 aziende, occupava 229’000 persone e generava il 2.1% del prodotto interno lordo. Il 2.1% potrà sembrare una percentuale poco importante: si trattava tuttavia, nel primo anno della pandemia Covid, di un valore aggiunto di ben 15.5 miliardi. Più importante è la percentuale nell’occupazione. Nel 2020 raggiungeva quasi il 6%.

Gli statistici dell’Ufs fanno poi notare che esistono altre migliaia di persone occupate che lavorano per attività culturali ma non appartengono al settore dell’economia culturale. Infine, nel 2020, le aziende del settore culturale rappresentavano il 10.5% delle aziende dell’economia svizzera. Il Covid non ha risparmiato questo settore ed è probabile che più d’una azienda abbia dovuto chiudere le porte durante il lockdown provocato dalla pandemia che ha fatto perdere al settore culturale almeno 10’000 posti di lavoro a livello nazionale. La quota delle aziende culturali, nell’effettivo delle aziende dell’economia svizzera, continua però a essere importante.

Quali le altre caratteristiche economiche del settore? In primo luogo quella di occupare una proporzione di donne più elevata della media. Anche la proporzione di lavoratori e lavoratrici a tempo parziale è, in questo settore, superiore alla media. Infine, il valore aggiunto per lavoratore o lavoratrice, equivalente, nel 2020, a quasi 68’000 franchi, è largamente inferiore alla media nazionale. Osserviamo da ultimo che, nel 2020, due dipartimenti del Governo ticinese hanno pubblicato i risultati di uno studio sull’impatto economico delle attività culturali in Ticino. Confrontando le stime di quel documento con i totali a livello del Cantone risulterebbe che, per occupazione e valore aggiunto, il settore culturale in Ticino, pur facendo spendere a Cantone e comuni molti soldi, non conta praticamente niente. La statistica nazionale sembrerebbe suggerire però qualcosa di molto diverso. Non sarà che, al contrario di quanto di solito si pensa, certe volte le cose possono apparire ingrandite solo al guardarle dal di fuori?

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