«I santuari arditamente innalzati sugli speroni rocciosi e i percorsi devozionali sono segni di un patrimonio che riconosciamo come fondamento stesso della nostra identità cristiano-occidentale. Nei percorsi che si snodano lungo i territori delle orografie alpine, le comunità popolari hanno trovato conforto e nuove speranze con partecipazioni e preghiere: per questo si può affermare che nei Sacri Monti la preghiera si è trasformata in un vero e proprio paesaggio architettonico, modellato in ragione della devozione praticata dalle genti». Con queste parole l’architetto Mario Botta firmò la prefazione al dossier di candidatura dei Sacri Monti locarnesi a Patrimonio UNESCO. Era la primavera del 2015 e un po’ inaspettatamente le due strutture di Orselina e Brissago furono «accompagnate alla porta» dal Consiglio federale, in favore degli antichi faggeti della Valle di Lodano.
Alla fine dello scorso mese di agosto, però, la Madonna del Sasso di Orselina e il Sacro Monte dell’Addolorata di Brissago hanno messo in atto il primo tentativo di «rientrare dalla finestra» dei beni culturali svizzeri da inserire nel Patrimonio UNESCO. Una «task force» di ticinesi, coadiuvata dalla Pro Restauro della Madonna del Sasso e dal suo presidente, Stefano Gilardi, coordinata da Francesco Quattrini, delegato cantonale per le relazioni esterne, ha incontrato la direttrice dell’Ufficio federale della cultura, Carine Bachmann. Sul tavolo il nuovo dossier per avviare formalmente la candidatura del Santuario di Orselina e di quello di Brissago e inserirli nella futura lista di monumenti «papabili» per ottenere il «label» UNESCO. Lista svizzera di candidature che dovrà essere completata entro il 2027 per poi essere sottoposta all’approvazione del Comitato del Patrimonio mondiale dell’agenzia specializzata delle Nazioni Unite.
«È stato un incontro interlocutorio – commenta Stefano Gilardi – per conoscere la direttrice dell’Ufficio federale di cultura, insieme al suo staff e presentare le nostre motivazioni. Che sono state bene accolte, anche se ci è stato spiegato che il percorso è tutto in salita. L’UNESCO, considerando la quantità di candidature, sta ponendo condizioni più restrittive per esaminare i vari dossier». L’incontro a Berna è servito alla delegazione ticinese per illustrare ancora più in dettaglio le motivazioni che stanno alla base della richiesta di riconoscimento internazionale dei due Sacri Monti e che non sono sostanzialmente cambiate dal 2015. I due santuari mariani locarnesi sono infatti legati da un filo storico e religioso con quelli piemontesi e lombardi che già dal 2003 possono fregiarsi del riconoscimento UNESCO. Si tratterebbe, insomma, di «chiudere il cerchio» dei luoghi di culto presenti e collegati sull’arco alpino e prealpino.
I Sacri Monti sono gruppi di cappelle e altri complessi architettonici eretti nell’arco alpino tra la fine del XIV e il XVIII secolo destinati al pellegrinaggio o ad altri aspetti della vita di fede cattolica. Gestiti dai frati francescani, sono uniti da un «fil rouge» monumentale, culturale e spirituale, oltre che geografico. I nove Sacri Monti in Lombardia e Piemonte, sono infatti considerati un sito seriale dall’UNESCO poiché «oltre al loro significato simbolico religioso, offrono uno splendido esempio di integrazione degli elementi architettonici dei paesaggi circostanti, disseminati di colline, foreste e laghi, racchiudendo un notevole patrimonio artistico in forma di scultura e affreschi», così si leggeva nella motivazione che certificò l’ingresso dei nove santuari lombardi e piemontesi tra i beni materiali da valorizzare. Il Sacro Monte della Madonna del Sasso, fondato nel 1487 dal frate francescano Bartolomeo Piatti d’Ivrea, fu il primo a sorgere nell’arco alpino, pochi anni prima di quello di Varallo. Il santuario di Brissago fu invece l’ultimo, con la particolarità che non furono i religiosi a costruirlo, bensì i Branca, una famiglia locale.
«Amate chiese del Ticino, amate cappelle e cappellette, quante ore gradite ho trascorso come vostro ospite. Voi fate parte di questa terra come i monti e i laghi, come le valli profonde e selvagge, come i rintocchi gai e bizzarri dei vostri campanili. È bello vivere nella vostra ombra, anche per uomini di un’altra fede» osservava la lucida penna di Hermann Hesse. Mentre lo scrittore e giornalista britannico Samuel Butler annota nel suo diario, nel 1880, che «la grande attrazione di Locarno è il Sacro Monte che s’alza sopra la città». Fulcro del Sacro Monte di Orselina è naturalmente la chiesa dell’Assunta, principale santuario mariano del Canton Ticino. Il primo edificio, costruito nel 1485 e consacrato nel 1487, è stato ampliato e trasformato nel corso dei secoli fino a raggiungere la sua forma attuale con gli ultimi interventi degli anni 2009-2015. Il complesso architettonico e religioso, affidato ai frati cappuccini, dal 1848 è di proprietà del Canton Ticino.
Poco lontano da Locarno, a Brissago, nella seconda metà del Settecento sorse un complesso sacromontano voluto da un ricco mercante del luogo, Antonio Francesco Branca, detto il «Moscovita», commerciante di sete e marmi fra Toscana e Russia, dove aveva fatto fortuna. Il Branca, coinvolto dalla predicazione religiosa – anche per via di un fratello frate cappuccino, Francesco Maria – decide di realizzare nella sua terra un Sacro Monte e ne finanzia la costruzione fra 1767 e 1773. Il Branca individua il centro del percorso devozionale nella chiesetta dell’Addolorata, eretta nel 1709 dal capomastro Girolamo Tirinanzi. L’edificio originario, a pianta quadrata sormontato da una cupola, fu ampliato con due nuove campate e la sagrestia. Il complesso religioso è oggi di proprietà della Parrocchia di Brissago ed è raggiungibile a piedi seguendo i percorsi indicati in circa 20 minuti. Due sono i sentieri, con un’ottima manutenzione, per accedere al santuario brissaghese: la «Salita del Calvario», che segue le cappelle della Via Crucis, oppure il percorso alternativo – assai suggestivo – che arriva alla cappella dei Giudei passando, per l’altro lato della valle, accanto agli antichi mulini.
«Il patrimonio culturale dei Sacri Monti della Madonna del Sasso a Orselina e dell’Addolorata a Brissago merita di essere conosciuto e vissuto dal maggior numero di persone e culture possibili. Il turismo religioso può essere un potente strumento per creare consapevolezza sull’importanza di salvaguardare l’eredità naturale e culturale – nella sua autenticità e integrità – della nostra regione. La Svizzera, l’Europa e il mondo intero potrebbero, grazie all’iscrizione dei due siti nel Patrimonio mondiale dell’UNESCO, apprezzare l’originalità culturale e l’unicità naturale dei complessi sacromontani ticinesi, mete di indubitabile fascino e richiamo, che riguardano le radici di ognuno e l’eredità di tutti», conclude il dossier riportato all’attenzione dell’Ufficio federale della cultura.