L’intrigante club dei sintetizzatori

by Claudia

Tra il ludico e il dilettevole - Esiste un modo per creare i propri mondi sonori grazie a strumenti elettronici che aiutanoa sperimentare senza dover studiare musica

In Pelle di serpente (The Fugitive Kind, film di Sidney Lumet del 1960), Marlon Brando è un musicista folk che, coinvolto in una rissa che mette a soqquadro un intero locale, finisce in prigione. Liberato dal giudice a condizione che abbandoni la città, Val (questo il nome del personaggio interpretato da Brando) decide che è giunta l’ora di condurre un’esistenza più regolare. Ma, nonostante i buoni propositi, i guai lo seguono nella contea di campagna dove si rifugia per rifarsi una vita. Oltre ai guai, a seguirlo ovunque è la sua chitarra classica, alla quale il musicista è molto legato: tanto che, ogni volta che fa conoscenza con qualcuno, la presenta come la sua «compagna di vita».

Ogni strumento è legato a un immaginario particolare e la chitarra, forse perché maneggevole, ben si adatta a un personaggio vagabondo e senza radici come quello interpretato da Brando in Pelle di serpente. Altri strumenti – pensate a un violoncello, o a un piano a coda –, sono decisamente più ingombranti, magari necessitano di un’alimentazione elettrica, oppure di un supporto tecnologico più raffinato.

È il caso, per esempio, dei sintetizzatori, protagonisti assoluti del recente Swiss Synthesizer Meeting, un evento di musica elettronica tenutosi negli scorsi giorni al Gran Rex di Locarno. Per otto ore, sul palco della grande sala, una decina di musicisti hanno dato vita a una jam session di sonorità cosmiche, bassi liquidi, e ritmi ipnotici.

L’edizione 2023 è stata organizzata da Flavio Boniforti (ingegnere informatico e musicista elettronico) e Roberto Raineri-Seith (transmedia artist) in collaborazione con La Boite Visual Arts, responsabile per la parte Image & Sound del Locarno Film Festival. A dar man forte ai due organizzatori, ci hanno pensato Adriano Capizzi – curatore della parte tecnica e responsabile della pubblicazione online del materiale sonoro –, e Theo Bloderer, musicista e collezionista.

A Locarno, per l’occasione, c’eravamo anche noi. Ne abbiamo approfittato per fare due chiacchiere con i protagonisti dell’evento, e conoscerli meglio. Flavio Boniforti, per esempio, ha origini italiane, ma vive nella Svizzera interna. Gli abbiamo chiesto come ha vissuto il ruolo di coordinatore dell’edizione 2023: «È stata una prima sotto molti aspetti» ci ha detto Boniforti. «La prima volta in Ticino, la prima volta con un pubblico e la prima volta (che io sappia) in una location professionale sotto il profilo dell’infrastruttura audio-video. Il tutto è stato molto bello e coinvolgente, sia sul palco, ma anche sul piano delle interazioni col pubblico. In quanto a coordinatore, assieme a Roberto, mi sono impegnato a fare due chiacchiere con gli interessati e i curiosi che stavano in sala». Lo Swiss Synthesizer Meeting, ci spiega Flavio, «è nato nel 2006 dall’incontro tra Adriano Capizzi e Martin Gnägi, che hanno dato vita a quest’incontro che si ripete annualmente». Nel corso degli anni «i musicisti che prendono parte a questo evento sono cambiati, ma molti ormai vi partecipano da molto tempo. Per partecipare a una di queste jam session bisogna conoscere qualcuno degli attuali membri ed essere invitato. Fortunatamente a me è successo nel 2017, e da allora cerco di presenziare ogni anno».

Mentre i musicisti si esibiscono sul palco, nel foyer adiacente, grazie a Theo Bloderer, i partecipanti all’evento possono toccare con mano l’affascinante mondo dei sintetizzatori, assaporandone le sonorità eteree. Theo è un importante collezionista di sintetizzatori che, per l’occasione, ha messo a disposizione alcuni pezzi pregiati della sua collezione. «Colleziono sintetizzatori da 30 anni» ci racconta. «La motivazione iniziale è stata la musica elettronica. Intorno al 1985 sono entrato in contatto con i primi album di Jean-Michel Jarre, e sono rimasto affascinato dagli strumenti che suonava. Molti di questi sintetizzatori vintage degli anni Settanta e Ottanta hanno caratteristiche tecniche uniche. Hanno una propria architettura sonora e un suono caratteristico. Sono molto ricercati, perché il loro suono non può essere duplicato dai dispositivi moderni».

A rendere unici questi apparecchi è il fatto che, secondo Theo, «non è necessario imparare la teoria musicale per suonare un sintetizzatore». Theo ha studiato musica e questo lo aiuta a organizzarsi meglio. Ma per lui la cosa fondamentale è che «ognuno è libero di fare musica elettronica a modo suo. Il punto è di avere la possibilità di creare i propri mondi sonori con strumenti dal suono moderno che possono essere usati e programmati in modo sperimentale. Oggi, chiunque possieda un notebook può creare musica elettronica gratuitamente con i sintetizzatori software. Anche i moderni sintetizzatori hardware sono spesso molto economici, rendendo la produzione di musica elettronica alla portata di quasi tutti».

Ciononostante, ci confessa Theo, «collezionare sintetizzatori vintage è un hobby costoso». Theo ha avuto la fortuna di inaugurare la sua collezione intorno al 1990, quando i prezzi erano ancora moderati. Tuttavia, ci racconta, «negli ultimi due decenni, gli strumenti sono diventati davvero costosi. È come per le vecchie chitarre o le auto d’epoca! Molti sintetizzatori d’epoca oggi sono delle rarità e portano collezionisti e rivenditori a chiedere prezzi ridicolmente alti per i loro strumenti».

Nel foyer, mentre discuto con Flavio e Theo, arriva anche Adriano, che ci aiuta a capire meglio come ci si sente a vivere questo evento musicale in prima persona. «Suonare insieme è sempre una sfida e una benedizione» ci dice. «Bisogna cercare il varco, lo spazio libero nel pezzo già in esecuzione e completarlo in modo appropriato. L’armonia e il ritmo si adattano? È questa la domanda a cui noi musicisti siamo chiamati a rispondere, in tempo reale, con i nostri strumenti».

Per Adriano il momento più bello è quando ci si rende conto che tutto si incastra spontaneamente. Naturalmente «in una jam session così lunga capita anche il contrario, che i suoni non si adattino. Ma questo fa parte dell’improvvisazione». Anche lui, come i suoi compagni di viaggio Flavio, Roberto, e Theo – membri di questo itinerante club dei sintetizzatori – si ritiene particolarmente soddisfatto della location locarnese: «Questa edizione ha un’atmosfera meravigliosa, sono felice di essere venuto in Ticino», ci dice.

E chissà che per l’anno prossimo lo Swiss Synthesizer Meeting non decida di rimanerci, in Ticino…