Kevin Gilardoni ormai è un habitué del gradino più alto del podio del Rally del Ticino, avendo vinto la gara per tre volte, prima nella sua categoria, poi in quella assoluta addirittura cinque volte, l’ultima delle quali qualche giorno fa. «Vincere sulle strade di casa è sempre qualcosa di speciale; per me è la gara più importante della stagione rallistica», sottolinea il 31enne di Soazza. «Lo è perché queste strade le sento mie e dunque… gioco in casa, lo è anche perché sulle mie spalle ho oltre cento aziende, che rappresento e che voglio ripagare al meglio per la fiducia che ripongono in me e nel mio progetto sportivo. Usando una metafora, per un pilota rossoblù, il Rally del Ticino è come il derby di hockey tra Lugano e Ambrì Piotta: un evento che per taluni vale anche più di un intero campionato. Ciò vale anche per me. È vero che in carriera ho vinto diversi titoli a livello internazionale, ma farlo qui, nelle strade di tutti i giorni, è sempre qualcosa di speciale, quasi unico».
E l’impresa, come detto, gli è riuscita ben cinque volte, cosa che fa di lui il più vincente da sempre della competizione rossoblù, al pari di Felice Re. «L’emozione che provi quando sali sul gradino più alto di quel podio non ha eguali. Allo stesso tempo, inevitabilmente, ogni volta che ci sali, poi l’anno seguente ti senti ancora più pressione addosso, e le aspettative nei tuoi confronti, da parte di pubblico, avversari e pure sponsor, aumentano. Di pari passo, aumenta pure l’adrenalina che provi: la gente, a quel punto, è quasi come se si aspettasse la tua vittoria, fermo restando che quella te la devi conquistare sulla strada, metro dopo metro, mantenendo sempre la massima concentrazione, perché basta una sbavatura di troppo per compromettere tutto».
Non tutte le conquiste sono peraltro paragonabili, alcune sono più difficili di altre. «Premetto che, al di là di tutto, non c’è e non ci sarà mai una vittoria facile, perché per riuscirci devi pur sempre portare una macchina al suo limite, cosa che non è evidente. Ciò detto, se guardo a queste cinque vittorie, direi che quella più sofferta è stata quella del 2018, quando l’ho spuntata su Giandomenico Basso per la miseria di due decimi di secondo, recuperando nell’ultima prova di 3 km un ritardo di 3,7 secondi».
Non importa quante se ne vincono, comunque: come nell’amore, la prima vittoria nel Rally del Ticino non si scorda mai: «All’epoca correvo ancora con la Clio R3, dunque con la trazione anteriore, con cui avevo già vinto diverse volte ma nella mia categoria. Nel 2016 avevo così deciso di prendere la Hyundai Wrc: prima di allora non avevo mai guidato una 4×4. Al Rally del Ticino sono arrivato quasi acerbo in materia al cospetto di Felice Re. Oltre alla poca conoscenza del mezzo, quell’anno a complicare le cose era stata la meteo, dato che pioveva: non certo l’ideale per chi deve ancora familiarizzare col mezzo. Ma è andata benissimo, al punto che avevo vinto tutte le prove. Questo ha fatto sì che mi innamorassi ancora di più delle 4×4, a cui poi sono sempre rimasto fedele, togliendomi anche parecchie altre soddisfazioni».
Una passione per i rally, quella di Kevin Gilardoni, che testimonia l’evoluzione di altri amori: «Premetto che io non nasco come pilota di rally. Ma come appassionato di motori sì. A tre anni montavo già in sella a una moto, pur non avendo mai gareggiato con una due-ruote. A quattro ero già sui go-kart, con cui due anni più tardi ho iniziato ad allenarmi con una certa regolarità sulle piste di Osogna e Magadino. Poi, a 14 anni mi sono messo al volante di una monoposto, sulle piste. Nel 2014 ho deciso di percorrere una strada tutta mia, aprendo una mia azienda che mi ha permesso di trasferirmi negli Stati Uniti». Dove la passione di Kevin Gilardoni per i motori invece di spegnersi è esplosa: «In America sono stato il primo svizzero a staccare la licenza per correre nelle corse Nascar. Negli Stati Uniti ci sono rimasto in totale due anni, facendo il pendolare da una parte all’altra dell’Atlantico. Parallelamente ho iniziato la mia carriera nei rally, in pianta stabile a partire dal 2015: ho cercato di unire l’utile al dilettevole, visto che quella era l’unica disciplina motoristica in grado di dare la giusta visibilità ai marchi locali nel loro territorio». Ma ovviamente, per poterlo fare nel modo migliore, occorre anche vincere. Cosa che, appunto, Kevin Gilardoni ha dimostrato di saper fare alla perfezione collezionando un successo dietro l’altro al Rally del Ticino.
E ora è all’inseguimento del sesto sigillo sulle nostre strade: «Assolutamente sì. Del resto ho già lanciato la sfida sul podio di questa edizione!».
Ma veniamo ai fatti: sono diverse le considerazioni da fare quando ci si mette al volante di un’auto da rally, tra le tante vi è la necessità di valutare il fondo: «La superficie ghiacciata è quella più scivolosa e dunque la più rischiosa. Ma molte insidie le presentano pure quelle macchie di umidità che non t’aspetti lungo un tratto generalmente secco e che dunque stai affrontando con coperture da asciutto».
E poi c’è la velocità in relazione al percorso: «A mio modo di vedere chiunque può ambire a sedersi sul sedile del guidatore di una vettura di rally in gara, ma solo in pochi riescono a spingere determinate macchine al loro limite. C’è chi lo fa per passione, chi lo fa per diletto e chi lo fa per professione: tre ambiti completamente differenti che di riflesso implicano anche tre approcci completamente differenti. Non c’è un modo giusto o sbagliato di guidare, ma non deve mai mancare la passione. Il rally, in fondo, è uno sport… autodidattico: su qualsiasi strada ognuno può allenarsi a prendere mentalmente nota delle caratteristiche del percorso, le stesse che poi, in gara, ti legge il navigatore».
Se non avesse fatto il pilota di rally, d’altro canto, Kevin Gilardoni nella vita avrebbe fatto «in ogni caso il pilota: è qualcosa che fa parte del mio Dna fin dalla nascita in pratica. Basti pensare che a pochi mesi facevo già… il volante con il piatto!».
Alla domanda in merito alla paura al volante, Kevin Gilardoni è determinato: «No, non ne ho mai avuta, ma molte volte senti quella scarica di adrenalina che ti corre lungo la schiena. I pericoli, sulle strade ci sono, e a nessuno piace esservi confrontato faccia a faccia. Ecco perché cerco di lasciarmeli alle spalle il più velocemente possibile».