Quelle bugie utili per crescere

by Claudia

Il caffè delle mamme – A volte non dire tutta la verità è un modo che i bambini hanno per sperimentare la propria indipendenza e sottrarsi al controllo e al giudizio degli adulti

«… E la Fata lo guardava e rideva. – “Perché ridete?”, gli domandò il burattino, tutto confuso e impensierito di quel suo naso che cresceva a occhiate. – “Rido della bugia che hai detto”. – “Come mai sapete che ho detto una bugia?”. – Le bugie, ragazzo mio, si riconoscono subito, perché ve ne sono di due specie: vi sono le bugie che hanno le gambe corte, e le bugie che hanno il naso lungo: la tua per l’appunto è di quelle che hanno il naso lungo”. Pinocchio, non sapendo più dove nascondersi per la vergogna, si provò a fuggire di camera, ma non gli riuscì. Il suo naso era cresciuto tanto, che non passava più dalla porta».

La morale della favola di fine Ottocento di Carlo Collodi attraversa i secoli: le Avventure di Pinocchio insegnano ai bambini a non dire bugie che vuol dire anche rispettare le regole e non disobbedire. Ma noi genitori siamo davvero convinti che le bugie dei figli siano sempre da condannare? A Il caffè delle mamme l’interrogativo si pone con forza dopo l’ultimo articolo di settembre per «Azione» dedicato al tema del dialogo: il consiglio degli esperti è di parlare molto con i figli fino a 12 anni quando sono disposti ancora ad ascoltarci, per poi vivere in qualche modo di rendita durante il periodo complesso dell’adolescenza quando varrà di più la parola degli amici. In questo contesto, intervistando Tomaso Vecchi, professore ordinario di Psicologia cognitiva e sperimentale e vicerettore dell’Università di Pavia, io ho sentenziato: «Il dialogo da instaurare con i figli deve poi essere sincero! Non devono dirci bugie e noi a nostra volta dobbiamo avere il coraggio della sincerità». Sono stata gelata da una sua considerazione: «In realtà ci sono anche bugie utili per crescere». Così al Caffè ci è venuta la curiosità di capire con l’aiuto di Vecchi quali sono le bugie utili e perché non sono da condannare.

La sincerità dei bambini

Le bugie possono essere il risultato di un’evoluzione mentale e sociale del bambino che impara a prendere in considerazione anche i sentimenti altrui, facendo entrare in gioco l’empatia. Non la conosce ancora Enea, il 10enne di noi #7infamiglia, che riceve un regalo per il compleanno e dice in faccia: «Non mi piace!». Lui che gioca con un amichetto ospite in casa nostra e a domanda ammette con semplicità: «Non sei tu il mio migliore amico!». Ancora lui che chiede al 21enne se vorrà essere il suo padrino per la cresima dell’anno prossimo: «Ma solo se tuo fratello, il mio preferito, sarà ancora a studiare negli USA». A chiunque di noi capita prima o poi di fare i conti con verità imbarazzanti spiattellate dai figli, conseguenza del fatto che ai bambini insegniamo (giustamente) a non mentire e che, al tempo stesso, i bambini piccoli non sono capaci di mentire. È una sincerità che contrasta con le nostre bugie di ordinaria sopravvivenza davanti alle quali capita spesso di essere redarguite: «Mamma, non è vero!». Ecco, con lo sviluppo, anche Enea imparerà a capire che a volte è meglio dire la cosa che non offende gratuitamente invece che la cosa vera. Per fortuna, altrimenti ci ritroveremmo a che fare con dei disadattati sociali. Non farli diventare degli ipocriti sarà poi la sfida seguente.

Prove di libertà

Ci sono bugie che servono ai figli per affermare a sé stessi la propria identità rispetto a quella di noi genitori. A Il Caffè delle mamme ci fanno riflettere a tal proposito le parole dello scrittore Fabrizio Sileo, già vincitore del Premio Andersen per la letteratura dei ragazzi e autore di recente de Il libro bugiardo (ed. Uovonero, 2022): «Nel bambino la bugia è spesso un atto di autonomia e libertà, una riaffermazione dell’Io. Si mente per vari motivi, ma soprattutto per sperimentare la propria indipendenza e sottrarsi al controllo e al giudizio degli adulti. Credo che ridare ai nostri bambini occasioni di mentire, di essere liberi, di esplorare, di mantenere segreti, sia estremamente educativo, anche per noi adulti, dal momento che ci è sempre più difficile. Forse crescere significa proprio questo, dire: questa cosa l’ho fatta io, l’ho decisa io e per me va bene così, anche se non la dirò a nessuno».

Le bugie degli adolescenti

Ci sono bugie che è meglio che gli adolescenti ci dicano perché significa che sono consapevoli che hanno superato un limite e che sarebbe stato meglio non farlo. Altrimenti sarebbe tutto lecito, cosa che spingerebbe il ragazzo ad alzare sempre di più l’asticella della trasgressività. Esempio: se nostro figlio a 16 anni ci dice una bugia per nasconderci che la sera precedente si è ubriacato vuol dire che ha ben presente che è una cosa sbagliata da fare. La speranza è che tenderà a farla il meno possibile.

Le bugie insidiose

Ci sono invece bugie pericolose: sono quelle che i figli ci dicono per compiacere le nostre aspettative. Per capirne i rischi prendiamo da Wikipedia il caso estremo, magistralmente raccontato da Emmanuel Carrère nel romanzo-verità L’avversario: il 9 gennaio 1993 Jean-Claude Romand, ritenuto fino ad allora uomo mite e affettuoso con i familiari, uccide la moglie e i due figli. Il giorno successivo uccide anche i suoi genitori; infine incendia l’abitazione e cerca senza successo di suicidarsi. L’inchiesta giudiziaria svelerà che per 17 anni Romand ha mentito alla sua famiglia, affermando di essersi laureato in medicina e di lavorare come ricercatore all’Oms a Ginevra. Le stragi sono da attribuire al desiderio di evitare la vergogna che sarebbe derivata dalla scoperta delle sue menzogne.

Le bugie dei genitori

E noi genitori, invece, fino a che punto dobbiamo/possiamo essere sinceri con i figli? Vecchi è netto: «Più che dire bugie, se un bambino è piccolo e non ha gli strumenti per capire, possiamo omettere un pezzo di verità. Ma le bugie minano la sua fiducia in noi, poi estremamente difficile da riconquistare». Ne La vita è bella di Roberto Benigni, Guido Orefice, deportato insieme alla sua famiglia in un lager nazista, cerca di proteggere il figlio Giosuè di 5 anni dagli orrori dell’Olocausto, facendogli credere che tutto ciò che vedono sia parte di un fantastico gioco in cui dovranno affrontare prove durissime per vincere un meraviglioso premio finale. Ma questa è drammaticamente un’altra storia.

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