La crisi mediorientale dilania il Labour

Nel momento in cui tutto sembrava andare per il meglio per lui – sondaggi favolosi, consenso talmente saldo da permettere di parlare di Brexit – sul cielo di Keir Starmer, capo del Partito Laburista britannico (Labour Party), si sono addensate pesanti le nuvole del conflitto in Medio Oriente: non chiede un cessate-il-fuoco e la sua posizione è considerata troppo tenera nei confronti di Israele, soprattutto dopo che alla radio ha gestito male la domanda-trabocchetto in cui gli si chiedeva se qualunque risposta in seguito agli attacchi di Hamas fosse legittima.

Con quattro milioni di musulmani nel Regno Unito, molti dei quali tradizionalmente elettori laburisti, la situazione è complessa all’interno del partito dove molti esponenti anche di alto profilo, come il sindaco di Londra Sadiq Khan, si sono espressi a favore di un cessate-il-fuoco: 60 deputati e 250 consiglieri, di cui 30 hanno presentato le dimissioni. Starmer, con un certo ritardo, ha dichiarato di comprendere le ragioni di chi lo chiede, ma che non pensa che sia una soluzione perché lascerebbe Hamas imbaldanzita e con tutti gli strumenti per perpetrare nuovi attacchi. Quando è uscito da Chatham House, il think tank dove ha tenuto il suo discorso, la sua macchina è stata presa d’assalto dai manifestanti pro-Palestina. Nel Paese si respira una forte aria pre-elettorale e Starmer aveva ogni ragione per sperare di andare il prima possibile alle urne. In vantaggio rispetto ai Tories indeboliti da quasi 14 anni di Governo nonostante diversi premier (Cameron, May, Johnson, Truss e Sunak), il congresso del Labour a Liverpool era stato un successo, una consacrazione, sia per il leader sia per la sua cancelliera in pectore Rachel Reeves, convincente nella sua difesa della crescita economica, e non del taglio delle tasse o dell’aumento del debito, come unico strumento per rilanciare un Paese in stallo e bisognoso di sicurezze. Poi la stella di Reeves ha preso un brutto colpo quando il «Financial Times» ha scoperto che il suo libro sulle donne che hanno fatto la storia dell’economia conteneva interi passaggi copiati da Wikipedia e da altre fonti non dichiarate. Starmer si è ritrovato impantanato in una questione che scuote il partito nel profondo, come provato dal fatto che la sua prima dimostrazione di leadership vera l’aveva data facendo una lotta senza quartiere all’antisemitismo che aveva preso piede nel partito sotto la guida di Jeremy Corbyn, il cui ex addetto stampa era davanti a Chatham House a protestare contro la macchina di Starmer.

«L’unica soluzione credibile», ha spiegato il leader laburista dopo una serie di consultazioni con i membri del suo partito e dopo aver modificato il testo del suo intervento in modo da renderlo più compassionevole e attento alla sensibilità degli elettori musulmani, «è una tregua umanitaria» per permettere agli aiuti di raggiungere i civili, visto che «un cessate-il-fuoco congela il conflitto nel momento in cui si trova» e «gli attacchi sono ancora in corso. Gli ostaggi che dovrebbero venire rilasciati sono ancora lì. Hamas sarebbe rafforzata e inizierebbe immediatamente a preparare nuovi atti di violenza». Starmer nega che la questione mediorientale stia «dilaniando» il partito. Sulle questioni fondamentali, ossia la necessità di porre fine alle sofferenze della popolazione di Gaza e il raggiungimento della soluzione dei due Stati, c’è accordo, «anche se c’è una differenza di visione su come deve essere realizzata». Il suo elettorato è diverso da quello dei conservatori, dove il premier Rishi Sunak ha potuto espellere un deputato, Paul Bristow, sostenitore del cessate-il-fuoco senza pensarci due volte. Nel Labour finora è stato sospeso dal partito parlamentare il deputato di Middlesbrough Andy McDonald per aver pronunciato lo slogan «dal fiume al mare» durante una manifestazione filopalestinese, sebbene – ha cercato di spiegare – nel contesto di una «pacifica» coabitazione tra israeliani e palestinesi. Starmer ha chiesto ai deputati laburisti di essere attenti al linguaggio, dicendo che il principio della responsabilità collettiva verrà preso «estremamente sul serio».

In città multietniche come quelle inglesi la convivenza tra le comunità è difficile: immagini della polizia che toglie le foto dei bambini rapiti da Hamas dalla saracinesca di una farmacia di Edgware, a Londra, hanno suscitato orrore e la spiegazione di Scotland Yard, ossia che le immagini siano state rimosse per evitare di esacerbare le relazioni tra musulmani ed ebrei, ha suscitato molta indignazione, anche perché questa premura nella de-escalation non ha riguardato gli inni antisemiti durante le manifestazioni filopalestinesi. Il farmacista aveva retwittato dei post pesantemente antisemiti, invocando l’aiuto di Iran e Hezbollah contro gli «sporchi animali». Come risposta erano stati affissi sul suo negozio i poster dei bambini rapiti, suscitando chiamate preoccupate di residenti della zona. E infatti il sindaco Sadiq Kahn ha chiesto ai manifestanti pro-Palestina, che stanno portando avanti varie forme di protesta, di considerare la sensibilità di tutti. «Magari non state facendo niente di illegale, ma pensate a come questo può essere percepito dagli ebrei londinesi», ha spiegato. «Alcuni di loro sono intimoriti, alcuni sono spaventati». Come se fosse normale.

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