Durante l’edizione dell’affascinante 1000 Miglia 2023 gli occhi di migliaia di spettatori sono stati catturati da una splendida Maserati MC20 Cielo. Il bolide made in Modena ha accelerato nei lunghi rettilinei e ha affrontato le curve senza nessuno al volante. A guidare la Maserati su e giù per le strade italiane per oltre 1500 chilometri è stata davvero un’intelligenza artificiale. Una funzione di controllo che, solo per motivi regolamentari, è stata deputata al pilota Matteo Marzotto.
Proprio dalle esperienze maturate nelle competizioni deriva una spinta tecnologica: le gare sono un banco di prova per la mobilità del futuro. Ecco il perché di questa Maserati. Si tratta della messa alla prova di anni di ricerche assunte da una task force del Politecnico di Milano. Un vero e proprio laboratorio su quattroruote. Quindi come sarà la mobilità del futuro? Lo abbiamo chiesto al responsabile del progetto «1000-MAD» che ha visto protagonista la MC20 Cielo alla 1000 Miglia di quest’anno. «Si andrà verso un cambio radicale del modello di mobilità». Spiega Sergio Savaresi, professore ordinario del Dipartimento di elettronica, informazione e bioingegneria del politecnico di Milano. «L’attuale contiene evidenti incongruenze perché oggi abbiamo un numero elevato di auto private utilizzate molto poco. In un mondo che deve divenire sempre più sostenibile questo è l’aspetto più difficile da accettare. Quindi in futuro avremo un numero minore di veicoli, ciascuno dei quali avrà un contenuto tecnologico molto più elevato e saranno usati sostanzialmente in condivisione».
Insomma il professor Savaresi crede che in un decennio arriveremo all’auto a guida autonoma e condivisa per tutti. Una sorta di auto condominiale da condividere con i vicini. L’amata quattroruote nei prossimi anni subirà dunque una forte evoluzione. «Non è difficile fare una previsione ma è più complesso definirne i tempi». Continua Savaresi. «Essenzialmente il mondo della mobilità personale andrà in tre direzioni. Una è l’elettrificazione. La seconda è il passaggio da una mobilità di proprietà privata a una mobilità a servizio, quindi di fatto, chiamiamolo car sharing. La terza direzione è la guida autonoma. Le tre cose sono strettamente collegate. In particolare l’auto autonoma consente il passaggio di massa verso la mobilità a servizio. Prima di avere l’auto autonoma è impossibile passare su larga scala al cosiddetto car sharing! A quel punto, quando andremo verso un utilizzo di massa della mobilità al servizio, anche l’elettrificazione su larga scala sarà possibile. L’elettrificazione mantenendo il modello privato può limitarsi a un venti-trenta per cento al massimo. L’elettrico mal si sposa con il concetto di auto privata. Prima di avere un’elettrificazione di massa bisogna passare a una mobilità non più di proprietà privata ma di servizio. E per far questo sono certo serva l’auto autonoma».
Il professor Savaresi da tempo si impegna nella guida autonoma e non è il solo ma senz’altro lui e il suo team rappresentano una vera e propria eccellenza. Il team del Politecnico ha sostanzialmente vinto tutte le gare in USA dell’Indy Autonomous Challenge, una competizione internazionale che ha tra i suoi protagonisti i più prestigiosi atenei. Si tratta di un classico challenge all’americana ideato e sviluppato nel 2021 da un gruppo di organizzatori che fanno riferimento allo Stato dell’Indiana, sede del famoso circuito di Indianapolis.
L’obiettivo primario era quello di creare una prima competizione tra auto a guida autonoma. L’obiettivo ultimo è quello di sviluppare la tecnologia dell’auto autonoma. «È stato fatto un bando e hanno partecipato tantissime università internazionali, principalmente americane». Spiega il professor Savaresi. «Noi siamo uno dei gruppi di ricerca più grossi e con più tradizione al mondo che si occupa di automazione e sistemi di controllo per veicoli. Dal controllo di trazione alle sospensioni elettroniche, dal controllo di stabilità al controllo dei sistemi di energia a bordo del veicolo. E negli ultimi anni il trend è quello di andare verso gli ADAS e la guida autonoma di livelli sempre più alti. Quindi per noi era una naturale opportunità cimentarci in questa competizione per vedere a che punto eravamo, anche rispetto al resto del mondo. Oltretutto è anche un’iniziativa di passione, il motorsport unisce la parte tecnologica proprio alla passione». Insomma auto-laboratorio.
Vien da chiedersi se le soluzioni sperimentate arriveranno sulle auto di serie: «Sicuramente sì, il pacchetto tecnologico è molto simile a quello delle auto di serie, anche se sensori, attuatori, computer e così via rappresentano lo stato dell’arte, ovvero il meglio sul mercato. Noi abbiamo sperimentato e stiamo sperimentando situazioni estreme. Un conto è andare a 50km orari, un altro è andare a 300 km/h. Pensate, –conclude il professor Savaresi – quando “andiamo forte” in un secondo facciamo cento metri».
Non è una guida remota, non c’è nessuno dietro un volantino in una stanza, le auto sono completamente autonome, guidano da sole. A quelle velocità è praticamente impossibile guidare in remoto.