Le torbe verso una rinascita internazionale

Testimoni rurali di un passato ormai dimenticato, i granai su pilastri della Vallemaggia, unici del genere in tutto il Ticino, potrebbero presto entrare a fare parte di una rete internazionale. Scopo finale: la loro candidatura all’UNESCO. Ne abbiamo parlato con lo storico valmaggese Flavio Zappa, membro dell’Associazione per la protezione del patrimonio artistico e architettonico di Valmaggia (APAV). Fondata nel 1975, l’APAV basata a Coglio, è responsabile, tra altre attività di promozione e difesa del territorio, anche dell’inventario di queste costruzioni, chiamate localmente torbe, e nel corso degli anni ne ha recensite ben 95 in valle.

«Uno degli obiettivi per cui l’APAV si è impegnata a fare conoscere i granai su pilastri a livello internazionale – ci spiega Flavio Zappa – è stato quello di rilanciare l’associazione che aveva bisogno di nuovi soci e nuovi slanci. Il caso ha voluto che un’associazione spagnola basata nelle Asturie, la quale si consacra alla gestione e alla protezione di queste costruzioni, ha scoperto l’esistenza delle torbe valmaggesi sulla pagina internet dell’APAV e ci ha quindi invitati a partecipare alle Giornate internazionali dei granai su pilastri che si sono tenute ad inizio ottobre a Candás (Asturie) e hanno radunato partecipanti di tutta l’Europa e, tramite collegamento video, persino dal Brasile, dalla Turchia e dal Medio Oriente».

L’associazione spagnola Amigos del Hórreo Asturiano, costituita nel 2016, ha così recensito, nelle sole Asturie, circa 20mila costruzioni dello stesso tipo. In quella regione del nord della Spagna, i granai su pilastri vengono utilizzati anche per altri scopi, ad esempio come residenze secondarie, stupendamente riattate, oppure fienili. «Va detto – sottolinea Flavio Zappa – che queste costruzioni sono molto diverse dalle nostre torbe, pur se il principio è lo stesso». Assieme alla moglie Sandra, Flavio Zappa ha partecipato alle Giornate internazionali di Candás per presentare le torbe valmaggesi allo scopo di inserirle in una rete internazionale ossia, sottolinea, «preservare e valorizzare queste strutture rurali che, in passato, servivano principalmente a conservare cereali. L’obiettivo finale è quello di candidare queste costruzioni per il riconoscimento quale bene culturale dell’UNESCO». Ma come mai, gli chiediamo, in Ticino i granai su pilastri ci sono soltanto nella Valmaggia? «Per essere precisi – ci risponde – si trovano quasi esclusivamente nelle valli superiori della Valmaggia ossia nella Val Rovana, nella Valle Lavizzara, in Val di Peccia, a Cimalmotto, a Sornico, a Fusio, sui Monti di Rima e ovviamente a Bosco Gurin. Il motivo è principalmente culturale perché questo tipo di costruzione è stato importato dal popolo Walser nelle sue migrazioni dal Vallese verso la Val Rovana e l’alta Lavizzara».

E qual è l’origine del termine «torba» con il quale si designano comunemente i granai valmaggesi? «Intendiamoci, non ha nulla a che vedere con la torba come materia organica (ndr: che può, ad esempio, essere utilizzata come fertilizzante o combustibile) – spiega Zappa – a dir il vero l’etimologia è incerta e i linguisti hanno diverse ipotesi: alcuni pensano a un’origine prelatina, forse con contaminazione della parola latina trabs che significa trave. Infatti queste costruzioni, constano di due blocchi sovrapposti, ossia uno zoccolo inferiore in muratura e un secondo comparto di legno che fungeva da ripostiglio dove conservare i cereali con una cella costituita da travi incrociate, da cui forse il nome di torba. Questa “camera di conservazione” è staccata dallo zoccolo inferiore da pilastrini chiamati funghi sui quali è appoggiata una grossa lastra di pietra, a sostegno del tutto. Questo stacco aveva per scopo una buona aerazione della cella e doveva impedire l’accesso ai roditori».

Stando alla ricerca dell’APAV, i granai su pilastri conservati in Vallemaggia sono stati edificati tra il 1400 e il 1800. Oggi che non servono più a conservare i cereali, che cosa sono diventate queste strutture? «Del centinaio circa censito dall’APAV – spiega ancora Flavio Zappa – soltanto la metà è stata conservata allo stato originale: negli anni 60 e 70 del secolo scorso, prima della regolamentazione sull’utilizzo dei rustici, alcuni erano stati trasformati in residenze secondarie. Ora sarà importante che le strutture integre della valle possano essere inserite nella rete internazionale capeggiata dall’associazione asturiana alla quale abbiamo sottoposto la nostra documentazione dopo che l’APAV ha deciso di aderire al progetto».

Il convegno di Candás è stato un successo: «Mia moglie e io eravamo gli unici rappresentanti provenienti dalla Svizzera anche se strutture analoghe esistono ugualmente in Vallese e nei Grigioni e la mia relazione, che ho illustrato con l’ausilio del modellino in scala di una torba valmaggese, è stata molto apprezzata. L’idea della rete internazionale alla quale vogliamo aderire è quella di presentare una candidatura all’UNESCO unica dei granai su pilastri di tutti i Paesi membri», conclude lo storico valmaggese. Ora l’APAV aspetta la risposta ufficiale alla sua domanda di adesione da parte dell’Associazione Amigos del Hórreo, «ma è una semplice formalità», precisa Flavio Zappa. Nell’attesa del prossimo congresso annuale che si terrà nel 2024 in Galizia.

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