Dal femminicidio di Giulia Cecchettin alle attività di prevenzione della violenza domestica messe in atto in Ticino
Come fermare la mattanza di donne e ragazze per mano di compagni o degli ex in preda a rabbia e frustrazione che non sanno e non vogliono controllare? «Educate vostro figlio», lo slogan dilagato sui social e non solo dopo l’ultima tragedia italiana, quella della 22enne Giulia Cecchettin, ammazzata a coltellate dal suo ex ragazzo, Filippo Turetta. «Educatelo!». Una frase sacrosanta, che però da sola non rappresenta la soluzione al problema. Primo perché potrebbe suonare come l’ennesimo appello rivolto soprattutto alle madri. Secondo perché talvolta il nucleo famigliare non è il contesto in cui si trasmettono alle nuove generazioni valori come l’ascolto, il rispetto, la parità. Certe volte, purtroppo, è proprio in famiglia che si perpetrano immagini distorte delle relazioni e delle donne. In Ticino nel 2022 la polizia è intervenuta in media quasi tre volte al giorno per arginare episodi di disagio familiare; e a livello svizzero in ambito domestico si sono consumati 25 omicidi; 61 tentati omicidi; nel 70,2% dei casi la vittima era una donna (dati di polizia).
E allora? È necessario agire su più fronti contro un fenomeno che tocca tutti i ceti sociali e tutte le nazionalità. Non basta sostenere le vittime. «Non basta la repressione se non si fa prevenzione», ha sottolineato la segretaria del PD Elly Schlein rivolgendosi alla presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni. «Approviamo subito in Parlamento una legge che introduca l’educazione al rispetto e all’affettività in tutte le scuole d’Italia. (…) Se non si agisce già a partire dalle scuole per sradicare l’idea violenta e criminale del controllo e del possesso sul corpo e sulla vita delle donne, sarà sempre troppo tardi». Il Piano di studi della scuola dell’obbligo ticinese prevede già dei momenti di educazione affettiva e sessuale. Educazione che viene impartita trasversalmente nelle varie materie. Molto sta alla sensibilità dell’istituto e soprattutto dei docenti, sostengono gli addetti ai lavori ma, come detto, il Piano di studi riconosce e veicola una serie di aspetti e valori – quali il rispetto, la gestione della diversità, le pari opportunità, la capacità di gestione dei conflitti – che si inseriscono proprio nel contesto della prevenzione di abusi e violenze.
Segnaliamo poi varie iniziative di sede delle Scuole professionali che hanno coinvolto studenti e docenti per la realizzazione di una mostra itinerante sulla violenza domestica; di recente ha inoltre preso il via il progetto «Batticuore: amicizia, amore e sessualità senza violenza» per la prevenzione del fenomeno della violenza all’interno delle giovani coppie (13-18 anni), realizzato in collaborazione con Radix. Se si allarga lo sguardo… C’è anche il Gruppo visione giovani della polizia cantonale che interviene, su richiesta, in diverse sedi scolastiche sempre in ottica di prevenzione del disagio. Senza contare programmi come quello dell’Aspi per la prevenzione degli abusi sui bambini, proposto agli allievi delle scuole elementari, tra i cui messaggi troviamo quello del rispetto di sé e degli altri, della necessità di chiedere aiuto ecc.
«Il Piano d’azione cantonale sulla violenza domestica, lanciato nel 2021 dal Consiglio di Stato, insiste sulla necessità di affrontare la questione da tutti i punti di vista, in ogni ambito e per tutte le fasce d’età». Lo dice Myriam Proce, coordinatrice cantonale del dossier. Così, alla campagna nazionale «Violenza sugli anziani», promossa da Prevenzione svizzera della criminalità a partire dal mese di marzo 2023, farà seguito anche in Ticino una campagna di informazione sul tema della violenza nella coppia anziana. Un ulteriore tema sui cui sensibilizzare la popolazione e i professionisti riguarda le conseguenze della violenza domestica per bambini e giovani. In occasione di una recente serata organizzata dalla Divisione della giustizia a Mendrisio, i relatori – attivi nell’ambito medico, sociale e giuridico – hanno messo in evidenza come la violenza a cui un minore assiste in famiglia sia a tutti gli effetti una violenza anche per il minore stesso. In tale ottica la Conferenza svizzera contro la violenza domestica ha pubblicato la guida «Contatti dopo la violenza domestica?» (scaricabile su www.csvd.ch).
«La lotta alla violenza domestica è un lavoro di squadra che coinvolge molti attori sia a livello istituzionale che della società civile», riprende Proce. «Lo evidenziano bene la Giornata cantonale per la lotta alla violenza domestica – che si è tenuta sabato scorso – e la campagna 16 giorni di attivismo contro la violenza di genere che dura fino al 10 dicembre (una campagna mondiale, siamo alla seconda edizione promossa dalle istituzioni in Ticino)». Non solo conferenze, ma anche spettacoli, una mostra, proiezione di film-documentari, flash mob ecc. Alcune palestre ticinesi offrono una lezione di prova gratuita di difesa personale (vedi il programma sul sito www.ti.ch/violenzadomestica). L’idea è che più si parla del problema e meno chi ne rimane vittima si sente isolato. E magari in questo modo può trovare il coraggio di denunciare (si stima che solo il 20% delle vittime denunci il suo persecutore a causa della vergogna, del rapporto di vicinanza ecc.).
Gli argomenti sul tavolo saranno tantissimi. Tra i quali quello – decisivo – della sensibilizzazione dei testimoni di violenza domestica (come riconoscerla, a chi rivolgersi ecc.). Parallelamente all’attività di prevenzione e sensibilizzazione della popolazione, anche la formazione dei professionisti attivi nell’ambito della lotta alla violenza domestica è fondamentale (agenti della polizia, personale socio-sanitario ecc.). Il Piano cantonale prevede poi misure relative alla presa a carico degli autori di violenza poiché, solo attraverso un lavoro di responsabilizzazione sulle conseguenze del proprio comportamento violento, è possibile evitare recidive. Insomma, un lavoro intenso e sfaccettato per tentare di sradicare quella che il Consiglio federale ha definito «una piaga sociale».