Digeribili, povere di grassi ed economiche

Le frattaglie sono gli organi interni degli animali macellati, quindi tutto escluso muscoli e ossa. Sono, salvo poche eccezioni, digeribili e povere di grassi, inoltre costano meno dei tagli cosiddetti nobili. Non è poco.

Ne sono ghiotto. So di appartenere a una minoranza: le frattaglie spaventano tanti, che se ne tengono lontani per «principio». Quando ne chiedo ragione a chi non le ama, infatti, non mi rispondono quasi mai di aver assaggiato questo o quello non gradendolo, bensì di non averne mai mangiate! È dunque una questione di immaginazione: forse non riescono ad accettare l’idea di mangiare le interiora di animali, e dicendo che a loro non piacciono si garantiscono la possibilità di non essere costretti ad assaggiarle.

Elenchiamole. Partiamo dalle animelle, da me amate. Sono il timo e le ghiandole salivari di animali molto giovani. In cucina si utilizzano soprattutto quelle di vitello, di agnello e di capretto. Delicate, si abbinano a molte altre pietanze se non a tutte: ma sono ottime anche da sole, nappate con una salsa. Segue il cervello che in linea di massima va mondato, poi pre-lessato, e quindi finito a piacere. Ottimo quello impanato e fritto. Troviamo quindi la coratella (cioè cuore, polmoni, fegato e milza di ovini e caprini). È molto di moda, oggi, per fortuna. Il cuore è solo lungo da mondare. Tagliato a fette, è perfetto per cotture in umido. Segue il diaframma, che sono due, diversi: diaframma esterno, che è una frattaglia tenerissima, delicata, e diaframma interno, che è un taglio. Tocca ora all’onnipresente fegato, questo da più gente molto amato: va cotto poco, in stile veneziano ma va bene anche all’inglese, i mitici faggot.

L’intestino è raro, si trova prevalentemente di maiale surgelato. È un budello che si riempie con quello che si vuole; la mitica andouillette francese (nella foto) è ripiena di trippa di maiale. Ora, sotto con la lingua: abbastanza diffusa, soprattutto se salmistrata. Data per estinta la mammella: la amano, lessata, impanata e fritta, i tedeschi, soprattutto i bavaresi. Il midollo (filoni, schienali) è un caposaldo dell’ossobuco. Ma oggi in molti lo cuociono in forno, diviso a metà per il lungo, lo si gusta poi prendendolo con un cucchiaino. La milza la mangiano, in Italia, soprattutto a Palermo, nella forma di pane ca’ meusa; si trova in vendita sulle bancarelle, quale tipico e mitico cibo da strada. Il musetto è il muso intero cotto in acqua, oggi privato delle guance. Mentre i nervetti «sono Milano». Si mangiano fatti con le cartilagini del ginocchio e dello stinco del vitello, bollite a lungo con verdure, raffreddate, tagliate a pezzetti (più tradizionale) o a fettine sottili (più moderno), e condite.

L’orecchio è l’orecchio: cotto come i nervetti ma anche in umido, tipo nella feijoada brasiliana. Il pene non lo mangia più nessuno. Idem o quasi per i piedini. Il polmone pure gode di cattiva fama, sbagliata. Cotto a pezzi in umido è veramente buono. Per contro, il rognone, ovvero il rene, condivide con animelle, trippa e fegato la fama di essere la frattaglia più buona. C’è poi il sangue con i suoi sanguinacci e lo stomaco che viene riempito e cotto in umido. Seguono testina e testicoli, questi rari.

Penultima la trippa, che tutti conoscono. Iper leggera, priva di grassi, ipernutriente. I giocatori di football americano, prima delle gare, mangiano cofane di trippa. Ultima la matrice, ovvero vagina più utero, presente in Italia quasi solo in Toscana.

Chiudo ricordando due frattaglie muscolose che per molti sono dei tagli: coda e guancia. Di gran moda, la coda da sempre, la guancia da pochi decenni. Da cuocere in umido.

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