I benefici di carta e penna

by Claudia

Il formato cartaceo, a differenza di quello digitale, favorisce l’apprendimento e il ragionamento, secondo pedagogisti e neuroscienziati. E anche nel nord Europa si fa retromarcia sull’uso della tecnologia

Regalare un libro per Natale a bambini e ragazzi può essere un’ottima idea. Il formato cartaceo, infatti, non è desueto, anzi, sembra quanto mai necessario. Sempre più studi indicano che la carta serve per imparare e ricordare meglio, al punto che nei mesi scorsi la Svezia, che aveva un approccio iper-digitalizzato all’educazione, ha fatto retromarcia. Nel Paese scandinavo non solo è stata annullata la decisione, presa in precedenza, di rendere obbligatori i tablet all’asilo, ma si prevede anche di eliminare completamente l’apprendimento digitale per i bambini sotto i sei anni.

La scelta non è motivata soltanto dalle posizioni conservatrici del Governo di destra, eletto un anno fa, ma cerca di far fronte a una situazione reale. Infatti, secondo indicatori come il Progress in International Reading Literacy Study (Pirls), gli studenti svedesi mantengono punteggi superiori alla media europea per capacità di lettura, ma tra il 2016 e il 2021 le loro performance sono calate. Anche l’Istituto svedese Karolinska, considerato particolarmente autorevole, si è espresso a favore di un rallentamento dell’impiego della tecnologia: «Esistono prove scientifiche evidenti del fatto che gli strumenti digitali compromettono l’apprendimento anziché migliorarlo».

La Svezia aveva un approccio iper-digitalizzato, ma ora ha fatto marcia indietro vietando i tablet già all’asilo

Da anni, gli esperti internazionali avvertono che serve un uso accorto di certi dispositivi. Naomi Baron, linguista e professoressa emerita dell’American University di Washington, spiega ad «Azione» che se si somministra un test di comprensione a persone che leggono un testo su carta o in formato elettronico, i punteggi risultano più alti per chi fruisce del supporto cartaceo. Un andamento particolarmente vero per i contenuti più lunghi di cinquecento parole. «Inoltre, dal nostro studio condotto con gli studenti delle secondarie e dell’università, è emerso che i libri stampati aiutano a immergersi nelle storie, sono più facili da vedere e danno un senso di realizzazione. I ragazzi apprezzano anche la sensazione fisica della carta e trovano i volumi più reali e autentici delle controparti digitali». Baron cita una ricerca dell’American Library Association secondo la quale i lettori della Gen Z (di età compresa tra i 13 e i 25 anni) sono più propensi dei Millennial (tra i 26 e i 40 anni) a scegliere i libri stampati rispetto agli eBook.

Sostenitrice appassionata dei libri cartacei è Maryanne Wolf, tra le più note neuroscienziate cognitive americane. Nel suo saggio Lettore, vieni a casa. Il cervello che legge in un mondo digitale (Vita e Pensiero), chiarisce come la carta sia fondamentale per stimolare la «lettura profonda», cioè la capacità di immergersi in uno scritto senza farsi distrarre, non solo per imparare, ma anche per sviluppare empatia verso gli altri e saggezza. Promuovere la carta non significa osteggiare il digitale, ma cercare di integrare i due strumenti, informando gli adulti – insegnanti, genitori e decisori politici – sulle conseguenze dell’utilizzo eccessivo di tablet e laptop. Così si legge nella pubblicazione (datata 18 luglio 2023) Il valore imprescindibile di carta e penna nei processi di apprendimento della Fondazione Luigi Einaudi per studi di politica, economia e storia. Gli autori si dichiarano «ben lontani da qualsiasi tentazione neoluddista di demonizzazione dell’uso dei dispositivi digitali». L’importanza della lettura dei libri cartacei è collegata a quella della scrittura a mano.

Roberto Travaglini, professore di Pedagogia all’Università di Urbino e direttore del master di Pedagogia ed educazione del gesto grafico, dice: «La scrittura a mano permette un collegamento diretto tra i muscoli e le aree del cervello deputate alla guida dei movimenti e al processo creativo. Attraverso la mano si creano gesti unici e irripetibili (a differenza di quanto avviene con la tastiera o lo schermo), espressione del pensiero e delle emozioni che si provano. La scrittura digitale comporta un processo di virtualizzazione, mentre quella a mano è la materializzazione creativa di parti di se stessi tanto a livello psicologico quanto fisico».

Travaglini ha analizzato la necessità del mantenimento dell’esperienza di carta e penna nel paper Scrittura a mano versus scrittura digitale: conflitto o integrazione?, pubblicato su «Graphos. Rivista internazionale di pedagogia e didattica della scrittura». «Il bambino, quando inizia a scrivere, impara anche a leggere – continua Travaglini –. È fondamentale, quindi, che sia mantenuta una relazione con la materialità, sia dei libri cartacei sia del prodotto narrativo scritto. Sostituire il processo con dei dispositivi elettronici significa rischiare di perdere il contatto con la materia narrativa e simbolica dello scrivere».

Audrey van der Meer, professoressa di Neuropsicologia all’Università norvegese di scienza e tecnologia (Ntnu), è di parere simile e ritiene che si debbano adottare linee guida nazionali per garantire ai bambini di ricevere almeno un minimo di formazione sulla scrittura a penna. Dal suo punto di vista il rallentamento della digitalizzazione in Svezia è un buon segno: «Scrivendo a mano si è molto più stimolati a livello cerebrale rispetto alla tastiera perché si usano in maggior misura i sensi e la motricità fine (ovvero il controllo sui piccoli movimenti delle mani e delle dita, ndr)». E aggiunge: «Con la scrittura digitale si fa lo stesso movimento semplice per ogni lettera e il cervello è meno attivo. Le nostre ricerche del 2017, 2020 e 2023 dimostrano che scrivere a mano aiuta i bambini a imparare di più e a ricordare meglio». I libri di carta a scuola e in classe, perciò, sono cruciali. «Parlare, cantare e leggere ai bambini e impegnarsi in attività di narrazione è probabilmente la migliore stimolazione cerebrale precoce che esista. Con queste attività ci ritroviamo letteralmente ad abbracciare i più piccoli con le parole e allo stesso tempo promuoviamo il loro sviluppo.

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